Ariani, renne e barricate

di Alejandro Di Giovanni

La storia, col suo carattere ostinatamente etnocentrico, è storia di una appropriazione indebita, è storia dell’occidente che ha fatto sua l’intera storia del mondo, e per questo furto ora noi ci eleviamo sopra le storie degli altri paesi e sopra le altre culture, convinti di una superiorità quasi morale e di merito, presunta superiorità che nasce, si consolida e  si perpetua nel tempo, appunto, da una storia trafugata e opportunamente concepita, riscritta.

Questo scenario, probabilmente allestito attraverso la costruzione dell’orgoglio della specie/razza per giustificare nazionalismi e colonialismi, oggi ci conduce ad una pericolosa categorizzazione del mondo e delle diverse culture, più forte e resistente dei condannabili casi di fascismo e razzismo della storia contemporanea: ai campi di concentramento oggi si sostituiscono i campi di isolamento, egualmente atroci, razzisti,  disumani e riprovevoli.

Oggi non si attua lo sterminio, sembrerebbe, ma l’indifferenza conduce alla stessa fine, la morte del diverso ritenuto inferiore e minaccioso, quindi ad uno stermino con modalità diverse. Oggi, a mio avviso, siamo più colpevoli di chi procedeva un tempo alla eliminazione fisica materialmente, perché noi lo facciamo egualmente senza sporcarci le mani, ci crediamo innocenti e lo saremo. Difendiamo la supremazia della razza lasciando perire di stenti chi alla nostra non appartiene, quindi siamo diventati solo più furbi, non meno nazisti. Stesso discorso etnico, vale per quello classista.

Con molta probabilità non sappiamo che quello che noi siamo adesso con tutto ciò che rivendichiamo di essere, come italiani, europei e occidentali, è il frutto di continui interscambi culturali con paesi diversi, in particolare con Asia e Africa. Siamo il risultato continuo dell’intercultura, dello scambio storico continuo con l’altro tanto diverso. Se la nostra politica si basa sui principi cardini della democrazia, della libertà e del dominio del diritto, lo si deve alla tradizione classica della Grecia di Socrate, Platone, Pericle, Aristotele e altri. Ma la cultura greca non si formò da sola e da un giorno all’altro in Grecia; essa sorse in uno scambio costante con l’Egitto, con la Persia, con i Fenici (soprattutto con le avventure di Alessandro che mise in contatto tutti questi popoli). Tutti questi popoli, a loro volta, erano entrati in contatto, durante la loro storia, con popolazioni ancora più lontane.

Allora il mondo e tutta la sua storia, non sono altro che il risultato di un contagio continuo di culture che si sfiorano, si intrecciano e si modificano, noi siamo così anche grazie alle etnie e culture differenti che le nostre hanno incontrato lungo il loro cammino.

Questa ricchezza è percepita ciecamante oggi solo come pericolo, non più come opportunità. Appropriandoci egemonicamente di tutte le invenzioni del mondo e facendole nostre, diamo vita ad una visione eurocentrica della storia che ci spinge a crederci migliori, addirittura puri ed eletti. Questa posizione è comoda, essendo posizionati noi nel girone del primo mondo. Per gli altri che spingono per entrare, nati immeritevolmente da qualche altre parte del mondo da donna non italica o ariana, facciamo prevalere il mancato diritto di non essere come noi e di non essere nati dove siamo nati noi, praticamente due condizioni casuali che nulla hanno a che vedere col merito o con una buona condotta o etica della persona singola. Pregiudizi, luoghi comuni, e tanta ignoranza.

Questi i tratti che ci contraddistinguono hic et nunc (qui e ora), il mondo ricco, disumanizzato e spietato, indifferente e incurante, anziché tendere la mano agli altri meno abbienti e stringerli a sé in un unico grande abbraccio come è unico il mondo, tende solo a difendersi da questi altri, a tenerli lontani per non perdere posizioni, ricchezza, benefici e privilegi.

In Italia l’invasione, il tentativo di sostituzione etnica tanto dibattuto, nemmeno esiste, è un espediente utilizzato da sempre dalla politica di destra per raccogliere consensi e seminare preoccupazione: si parla di 300.000 persone, lo 0,5% della popolazione totale, quindi di gran lunga inferiore agli altri paesi europei. Il tratto disumano della nostra società, in decadenza irreversibile di sani valori e principi fondanti dell’umanità come la solidarietà e l’altruismo, è il tratto che caratterizza anche il mio paese, Bagnoli Irpino, riconosciuto oramai come eccellenza del rifiuto all’accoglienza e alle porte sbattute in faccia ai meno fortunati.

Rifiuto esposto sotto forma di plebiscito sui social, con forme e contenuti che non avrebbero fatto invidia nemmeno ad un uomo appena resuscitato dall’età della pietra. Rifiuto prima allo Sprar, ossia all’accoglienza di pochi bambini profughi, con razzismo malcelato giustificato ignobilmente dall’opportunismo e interessi di chi lo proponeva, poi al rifiuto di decine di immigrati con razzismo sempre malcelato dal pretestuoso problema legato all’opportunismo e interesse di chi lo proponeva, nonché (questa è divertente), alla preoccupazione per le condizioni che avrebbero trovato gli immigrati qui da noi (peggiori quindi degli scenari di miseria e guerra dai quali provenivano questi poveri disgraziati).

Provare a controbattere sui social con questi, sarebbe stato come cercare di abbattere un muro di cemento armato con una matita Ikea, oltre che dannoso per la nostra salute peggio dell’aver vissuto dal 1986 al 1996 a Chernobyl. Sono tanti, troppi, e senza ragione. Allora leggiamo, con estrema fatica da maestro unico delle elementari, le loro posizioni, e viene voglia di cambiare posizione a noi, ma geografica. L’umanità qui ha sospeso il suo giudizio, è divenuta agnostica.

La politica poi, riflette il livello di mediocrità della comunità come in un perfetto gioco degli specchi, l’una si riflette nell’altra, con buona pace della logica. Sì, la logica, perché se un sindaco (per altro cattolico praticante e assiduo corridore di maratone religiose), minaccia di alzare barricate per respingere gli arrivi di migranti sull’altopiano del Laceno, ecco che il bagnolese della pietra osanna l’operato del sindaco, plaude al respingimento barricato e alla salvezza del polo turistico del Laceno. Ecco, in quel momento esatto, sono morti di nuovo tutti i filosofi antichi che hanno fondato la logica del ragionamento deduttivo. Il bagnolese ha appena elogiato il sindaco per aver salvato il Laceno dall’arrivo dei migranti, ritenuti potenziali colpevoli della fine del turismo sull’altopiano Laceno.

Fermiamoci un attimo, fermatevi un attimo, aiutatevi. Gli immigrati non sono mai venuti sul Laceno, e non sono quindi di certo loro i colpevoli della fine del turismo del Laceno, fine sopraggiunta in questi anni di cattiva e assente gestione politica. Ma se il Laceno era già morto prima, sarà per caso colpa di chi lo ha poi salvato dalla morte prospettata dall’arrivo dei migranti con le auspicate barricate? Elogiare chi ha salvato la vita ad uno che è già morto, e che ha appena ucciso, a me pare decretare anche la morte di millenari anni di progressi nel campo delle forme di ragionamento logico-deduttivo. Sì, io ho visto cose che voi non bagnolesi non potete nemmeno immaginare, ma anche sentito.

Sull’onda del successo della vita salvata al morto appena ucciso, ecco un’altra aberrazione inflitta alle conquiste del sapere dell’umanità, ossia la promessa da parte del sindaco dell’arrivo di renne da slitta sul Laceno. Animale che vive nelle regioni artiche e subartiche, potrà tranquillamente trovare ristoro presso il suo habitat naturale sul ghiacciaio perenne di Santa Nesta, con buona pace di Piero Angela. Il Laceno è morto perché quando siete andati a votare non eravate troppo vivi, ecco una spiegazione logica e razionale ai nostri sfaceli locali, poco vivi come l’umanità, l’altruismo e la solidarietà presenti, ed è tutto destinato a morire in paese che ha deciso di ripiegare su se stesso, di chiudersi a tutto e tutti per salvaguardare la sua dubbia nobiltà genetica.

Ma la madre dei bagnolesi era incita anche a Salerno e provincia, da dove luminari sconosciuti alla comunità sono partiti alla volta del Laceno, dove probabilmente trascorrono qualche giornata all’anno da qualche mese in villini di proprietà appena acquistati. Fondata una associazione di amanti del Laceno (o amanti della proprietà acquistata e dell’eventuale svalutazione immobiliare?), i salernitari hanno fatto la voce grossa sulla questione dell’accoglienza, opponendosi con ostinata determinazione e costanza, scomodando stampa e prefetto con lettere di opposizione che prefiguravano ridicoli scenari catastrofici e apocalittici. L’arrivo di una ottantina di richiedenti vita, avrebbe costituito la fine dell’attività turistica e minacciato il quieto vivere, perché lo spazio per  migliaia di capi di bestiame e altri mille ancora c’è, abbonda, ma per uomini dalla pelle scura in cerca di aiuto no. Eh sì, ciò che potrebbe costituire arricchimento culturale, oltre che azioni umanitarie e solidali degne dell’essere che si crede e definisce umano, è visto con diffidenza per una mera valutazione personale egoistica dettata da una mentalità chiusa volta alla sola difesa del valore proprio.

Perché un salernitano è persona onesta e civile, e quindi dovrebbe essere il benvenuto con i suoi soldi a Laceno, mentre un immigrato non potrebbe portare nulla, se non il suo modo di vivere da barbaro, da rozzo e delinquente. A questi stupidi luoghi comuni, io rispondo con una forma di discriminazione fondata sull’essere non in quanto essere di etnia, nazionalità, religione o cultura diversa, non una discriminazione di pregiudizio e stereotipo, ma di merito: a me, il salernitano siffatto che viene ad arricchire la già nutrita schiera di bagnolesi retrogradi, involuti e mostruosi, fa semplicemente schifo, voterei quindi tranquillamente per un respingimento solo per far comprendere loro il significato del sentirsi discriminati, rifiutati, respinti. Tenetevi pure i vostri soldi di merda! Ergendo barricate e muri, questi potevano almeno auto-recintarsi come le bestie: allora alzerò le mie di barricate con l’indifferenza, respingendo qualsiasi bagnolese e non che mi fa vergognare di appartenere al genere umano.

E adesso a Natale vi vedrò sfilare, scendere per via Garibaldi e poi svoltare, andare in chiesa a fare cosa?  E, aggiungerei, con quale coraggio? Ah, già, a pregare per voi, e magari pure una preghiera per scongiurare l’arrivo di questi immigrati, che vadano a morire lontani.

A Como un’ordinanza comunale, per il periodo Natalizio, per salvaguardare il decoro, ha stabilito di multare chi elemosina e chi viene colto nell’atto disumano del donare. Una persona per bene non può assistere alla miseria e al dolore delle persone che non hanno nulla, queste non dovrebbero rovinare il loro magico periodo natalizio di consumi. Un periodo fatto solo di una semiotica priva del suo senso primordiale, sorretto da simboli religiosi vuoti e menzogneri, l’estrema ipocrisia dell’umanità  a conferma della sua estrema avidità.

Non ha esistenza ciò di cui non si riesce più a determinare il concetto, e allora voi nemmeno esistete: gioite orgogliosi ariani barricati, arriveranno le renne e, chissà, dato che siete stati così “buoni”, magari anche Babbo Natale.

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