Bagnoli Irpino è un paese a rischio

di Federico Lenzi

Il crollo del viadotto Morandi ha suscitato grande risonanza nei media nazionali. Col senno di poi abbiamo visto tanti di noi riscoprirsi ingegneri edili sui social e nella piazza. Ci si è agitati e si è dibattuto a lungo. Tuttavia questa è la solita sceneggiata italiana: tra poche settimane l’attenzione calerà e i colpevoli patteggeranno. Semmai tra qualche altro mese avremo una nuova tragedia e ricominceremo daccapo. Ebbene, cosa dire ai nostri lettori? “Fatevi i fatti vostri che vivrete cento anni”. Tuttavia, a Bagnoli Irpino farsi i fatti propri potrebbe non bastare per vivere un secolo di storia. Per vivere cent’anni bisogna aggiungere anche “aiutati che Dio t’aiuta”. Eppure, al momento sembra che i bagnolesi non si stiano aiutando. Invece di pensare alle tragedie dei genovesi è forse ora di pensare a quelle che potremmo avere a casa nostra. Oggi abbiamo un grande potere, quello di salvare vite umane agendo prima che sia troppo tardi. I morti non tornano in vita con gli scalpi dei colpevoli di turno.

Bagnoli sorge sulle pendici dei monti Picentini: in una posizione scoscesa. Le montagne a ridosso del paese sono ricche di sorgenti e fiumare alimentate dalle acque piovane. Al tutto si aggiunge una rigogliosa vegetazione e un terreno friabile. Spesso piccoli smottamenti vengono giù sulle nostre strade; pensiamo alla Laceno-Lioni o alla Bagnoli-Nusco o ancora alla Laceno-Calabritto. Senza altri giri di parole, Bagnoli è il candidato perfetto per un’alluvione. Come se non bastasse anche l’acutezza dei locali va a darle man forte. Ogni amministrazione che si rispetti lavora per migliorare il centro del paese, ma le periferie sono abbandonate al loro destino. Eppure, anche nelle periferie vivono gli elettori.

Di cosa stiamo parlando? Basta fare una passeggiata per notare come quasi tutte le cunette non vengano ripulite da anni: molte di esse sono state invase dai detriti o dalla vegetazione. Spesso la stessa conformazione delle strade non sembra essere concepita per lo smaltimento delle acque piovane. Malgrado tutto, questo è nulla! Nelle periferie molti tombini sono completamente otturati, o sono diventati degli originali vasi per le erbe selvatiche. Apprezziamo molto questa trovata ecologica, ma in caso di piogge torrenziali dove defluirà l’acqua? Per non farci mancare nulla abbiamo messo a disposizione della cattiva sorte anche il materiale da far piombare sul paese. Dove? Sempre grazie una piccola passeggiata è possibile ammirare i canaloni che portano giù l’acqua piovana dalle montagne. Noi ne abbiamo visitati due a ridosso del paese e li abbiamo trovati abbandonati a se stessi. In assenza di una costante manutenzione vegetazione e detriti li hanno sommersi. In caso di forti piogge, l’acqua non avrebbe dove defluire e potrebbe portare giù in paese tutto il materiale lungo il suo percorso. Questi torrenti di fango andrebbero a distruggere scantinati, automobili e attività commerciali. Per non pensare al rischio di avere feriti o morti travolti dalla furia dell’acqua.

Lo scorso anno si è parlato molto del rischio incendi. Il dibattito era molto acceso e non mancarono attacchi pesanti. In seguito, è bastato un anno per passare da un paese di pompieri a un paese di politici. Non dobbiamo lasciarci ingannare da un’estate piovosa per rimandare il problema incedi e siccità. Il surriscaldamento globale porta sempre più spesso a estati con caldo record. Gli incendi sono sempre più frequenti e negli ultimi anni si sono trasformati in stragi. In Portogallo, in Grecia e in California intere famiglie sono state arse vive dalle fiamme. Sembra impossibile, ma da un piccolo incendio boschivo può andare in fiamme un intero paese. Se non ci credete, riguardate le immagini delle fiamme sul Vesuvio. Gli incedi possono distruggere il Laceno principale risorsa turistica della comunità, possono rubare legname a chi già lo ruba nel tempo libero e anche uccidere i capi di bestiame al pascolo. Inoltre, possono distruggere castagneti e campi coltivati. Finora abbiamo visto solamente incendi lontani dal paese, ma abbiamo boschi anche a ridosso dello stesso. Un incendio alle porte del paese potrebbe facilmente propagarsi nell’abitato e mettere a repentaglio la vita di chi vive nelle periferie. Come mai? Gli incendi si sviluppano in momenti di siccità, quando non è possibile prelevare acqua nel lago o nella diga di Conza. I mezzi antincendio devono continuamente recarsi nel mare di Salerno o nelle vasche di Fisciano. Questo viaggio richiede oltre venti minuti e nel frattempo le fiamme si espandono. Piccoli incendi finiscono per interessare ettari ed ettari. Lo scorso anno si parlava di creare vasche collegate a pozzi da riempire solo in caso d’incendio. Si parlava anche di recuperare la rete di peschiere e di specchi d’acqua artificiali. Era stata anche ventilata l’ipotesi di piani antincendio locali. Alla fine dei conti possiamo affermare che “passato il santo, e passata la festa”: nulla è stato fatto. Corriamo il rischio concreto di trovarci con le fiamme alle porte del paese e assistere a scarichi di responsabilità tra le varie autorità. Quindi è di vitale importanza un impegno da parte dei rappresentanti della comunità per scongiurare il peggio con mezzi comunali o con la collaborazione delle autorità competenti. In caso di vittime servirà a ben poco cercare i responsabili in ente parco, comunità montane, vigili del fuoco, regione o chicchessia. San Lorenzo è il patrono del paese, ma non pensiamo sia una buona idea emularlo.

Tra un ducato e l’altro si è finito per delegare tutto al “Bagnoli è mio e io lo proteggo”. Non possiamo andare in chiesa a chiedere un miracolo ogni volta che ci cacciamo nei guai. Insomma, se per mettersi in tasca qualche spicciolo in più si risparmia sulla sicurezza ci sarà poco da attribuire alla sciagura. Sciagurati siamo noi. Quest’articolo potrebbe essere bollato come allarmismo e vogliamo sperare che sia così. Tuttavia, prevenire è meglio che curare! Gli attivisti del genovesi del M5S ci insegnano come “il viadotto Morandi sarebbe stato operativo per altri cento anni”. Non ci risulta che la campagna elettorale abbia toccato questi temi. Pertanto, la nostra domanda è: quando spostiamo le panchine in piazza e sistemiamo i sanpietrini? Se proprio dovrà esserci una tragedia, il popolo necessita di spazio sufficiente per deambulare col senno di poi. Insomma, abbiate un po’ di buon senso per il popolo della piazza.

Federico Lenzi

(da Fuori dalla Rete, Settembre 2018, anno XII, n. 5)


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fonte Fuori dalla Rete, Settembre 2018, anno XII, n. 5
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