Compagno sotto la pioggia

di Alejandro Di Giovanni

Il compagno, come si usava dire un tempo, è solo un essere umano che ce l’ha fatta. Essere oggi di sinistra, lottare contro le diseguaglianze e a favore della giustizia sociale, battersi per i diritti civili e per i diritti degli ultimi, non è più prerogativa dell’uomo del secolo nuovo. Piuttosto, tutto ciò, quei valori umani sani e nobili di civiltà, oggi vengono bollati velocemente come appartenenti ad un atteggiamento di solidarietà che è impregnato di ipocrisia, solo ostentato eccessivamente per il gusto di autocompiacersi e di crearsi una immagine pubblica (costruita) da persona giusta, mossa da sentimenti di esemplare condotta umana.

Per dire tutto ciò, oggi si viene tacciati col termine ritrovato di “buonismo”, in senso dispregiativo, tipico di un certo campo di valori politici di sinistra. Quindi, secondo il non-uomo, noi saremmo dei finti umani, perché sarebbe impossibile non essere egoisti e pensare prima a sé, perché l’uomo si sarebbe estinto con tutto il suo portato di sentimenti umani, e qui resiste una minoranza di pseudo-umani che cercano di simulare umanità al fine di coprirsi di gloria salvifica.

A questi inumani che vivono in totale miseria di sensibilità ed empatia, credo debba andare più che la nostra feroce disquisizione, la nostra assoluta vicinanza e solidarietà dell’uomo che non è riuscito a essere uomo, e che si è fatto bestia senza nemmeno volerlo. Tra la miseria materiale della gente che cerca aiuto, e quella immateriale degli umani incompiuti che vivono ogni giorno col terrore di poter aiutare i primi, io provo più pena per i secondi.

Tra avere cose e non averle, e avere o non avere ancora dei sentimenti umani, la seconda condizione, in assenza, è più grave e di gran lunga più importante. Allora io credo che le persone realmente sfortunate, non sono quelle che scappano da miserie, stenti o guerre, dato che queste rimarranno umane nella loro seppur difficile esistenza; le persone sfortunate solo quelle che, senza il supporto di strumenti culturali minimi sufficienti, smettono di essere umane, anche se sazie e in salute, con l’accanimento costante verso l’altro uomo bisognoso venuto da lontano.

Allora io credo che, per curare il mondo e le persone che lo abitano, noi dobbiamo nutrire gli affamati col cibo, e l’ignorante razzista con la cultura dell’empatia e del sostegno. Se un uomo non fa qualcosa per l’altro uomo in difficoltà, l’uomo regredisce a iena insaziabile e individualista. Dobbiamo dunque ripartire da qui, dai nostri paesi e dal nostro Paese, perché le tragedie umane vere si consumano inconsapevolmente con i pensieri e le parole d’odio col conto in banca da nababbo.

La povertà, per me, è sentire tutti questi razzisti di paese che lamentano la propria condizione incolpando quella di gran lunga più miserabile e mai paragonabile dell’altro tanto temuto, e lo fa dall’alto del suo nuovo Suv, maneggiando l’Iphone da mille euro, mentre si dirige in un ristorante dove andrà ad ingozzandosi come un maiale: gli sfortunati, anche se non sembra, siete voi. La società individualistica e cinica, contraddistinta dal godimento egoistico illimitato, nasce da un nichilismo ideologico e politico: il crollo di tutti i punti di riferimento, dalla religione alla politica, dalla famiglia alla scienza. La miseria dell’uomo, o meglio, del non-uomo, non è emersa così, all’improvviso. E’ arrivata ai giorni nostri con tutto il suo carico di disprezzo e odio, emerso da bieco etnocentrismo e miserabile cinismo.

Le stolte rivendicazioni di superiorità, sono le rivendicazioni dell’uomo perso e smarrito, dell’uomo senza alcun riferimento. L’individualizzazione e l’atomizzazione hanno portato l’uomo ad un isolamento costante e progressivo, che lo hanno portato fuori dalle tradizionali reti sociali sulle quali poggiavano le sue certezze e i suoi riferimenti. Dissolta la famiglia, la classe, le istituzioni, la religione, la politica, egli ripiega su stesso vagando nel mondo in preda ad una istintiva predisposizione di ingorda sopravvivenza, ad un nichilismo che lo rende istintivamente ostile ad ogni forma di educazione e convivenza civile, di primari ed elementari principi umani da salvaguardare.

Ci avviamo così alla post-cultura, all’età dell’ignoranza (dove tutti credono di sapere tutto senza sapere nulla), al passaggio dalla post-modernità a quella della surmodernità, fatta di non-luoghi e di eccessi: eccesso di tempo, non si riesce più a inquadrare il tempo a causa della sovrabbondanza di avvenimenti nel mondo di oggi; eccesso di spazio, un mondo fisicamente sempre più ristretto, raggiungibile velocemente in ogni suo angolo, e la nuova dimora dei non-luoghi fisici che sempre di più abitiamo a discapito dei luoghi fisici; infine l’eccesso dell’ego, l’individuo si considera un mondo a sé, individualizzando le informazioni che gli vengono date da se stesso per se stesso. Un tempo abitato da singoli individui che convivono in totale autoisolamento, l’atomizzazione della società che si regge sui suoi singoli sempre connessi e sempre isolati. In questo nuovo scenario, la percezione ha sostituito la realtà.

L’uomo smarrito e privato del proprio pensiero critico, segue il branco nel trovare spiegazioni irrazionali alla propria condizione di fallimento o infelicità, spiegazioni salvifiche che lo deresponsabilizzano, che scaricano colpe e condanne su fasulli sistemi di complotto mondiali o, peggio ancora, su persone più sfortunate. In questo clima, proliferano i gruppi politici che cavalcano la protesta, una protesta sbagliata e speculativa che raccoglie ampi consensi, atta a consolidare una politica del cambiamento svuotata di contenuti e di merito.

Qui si perde l’uomo contemporaneo col suo eccesso di ego, qui si perde la Sinistra, condannata da una società che non ricerca più verità e giustizia, ma solo emotivo appagamento percettivo e capri espiatori da dilaniare. La stessa Sinistra che cerca di alzare la testa qui a Bagnoli Irpino con i giovani, e già tacciata delle peggiori intenzioni e obiettivi, giovani che perderanno probabilmente solo tempo, soldi, sudore e stima di molti alla fine, ma giovani che con coraggio almeno si sottraggono al nichilismo, all’immobilismo e all’apatia che corrodono la nostra società contemporanea, giovani che credono in qualcosa e che cercano di portare avanti quel qualcosa che oggi sembra essere non solo perso, ma anche ostinatamente avversato e spesso deriso. Una minoranza di persone si muove contro tutto e contro tutti, contro un tempo ostile e avverso anche dal punto di vista meteorologico mi verrebbe da dire, vista la bagnata “Festa della Sinistra”.

Beh, magari anche il vostro Dio è di destra, chissà, lo stesso Dio che si è rassegnato alla natura spregevole dell’essere umano. Dio si sarà pure rassegnato, ma noi no, tranquilli. I compagni li ho visti cantare sotto la pioggia, cantare più forte, cantare con o senza Dio.

 Alejandro Di Giovanni

(da Fuori dalla Rete, Settembre 2018, anno XII, n. 5)

fonte Fuori dalla Rete, Settembre 2018, anno XII, n. 5
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