III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / C – La Chiesa: comunità in ascolto della Parola di Dio

IL VANGELO, di don Stefano Dell'Angelo

Dal Vangelo di Luca (1,1-4; 4,14-21):

Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ci li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della Parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette.

Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di Lui. Allora cominciò a dire: “Oggi si adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.


Domenica scorsa, parlando dell’episodio delle nozze di Cana, , dicemmo, tra l’altro, che il miracolo operato da Gesù dà origine a rapporti di tipo diverso tra Gesù ei discepoli e tra i discepoli stessi. Per quanto riguarda i rapporti tra Gesù e i discepoli, notammo che sono basati da questo momento in poi sulla fede in Gesù Uomo-Dio (pur non avendone la piena intelligenza). Per quanto concerne i rapporti dei discepoli tra loro, dicemmo che la fede comune in Gesù fa di loro una comunità, l’inizio di un nuovo popolo l’inizio della Chiesa.

Una delle tante definizioni della Chiesa è questa: la Chiesa è una comunità in continuo ascolto della Parola di Dio. Questo è il tema fondamentale di questa domenica e della Parola odierna.

Il libro dei Numeri (8,2-4°.5-6.8-10) mostra il rapporto tra la Parola di Dio così come è contenuta nella Bibbia e la comunità. Il gesto di Neemia ci dice che il popolo di Dio per ricostruirsi dopo lo sfacelo dell’esilio, ricerca la sua più profonda identità e unità nella Parola di Dio. L’episodio della promulgazione della Legge fatta da Esdra, sacerdote e scriba, verso l’anno 444 a.C., ci permette di cogliere lo svolgersi di una  Liturgia della Parola simile a quella che facciamo noi oggi.

Riunito il popolo, si eleva una lode a Dio; quindi lo scriba o gli scribi dall’alto di una tribuna [il nostro pulpito o il nostro ambone], aprono il libro della Legge (qui il Deuteronomio) in presenza del popolo, ne leggono brani distinti e li spiegano nell’omelia. Il risultato è che il popolo piange perché la sua vita è stata contestata dalla Legge, che li fa decidere a convertirsi. Esdra interviene, allora, e ridona alla festività la sua indole gioiosa e caritativa.

Anche ai giorni nostri, come per il passato e l’avvenire, la Chiesa ritrova la sua identità nella Parola di Cristo, senza la quale, essa è “nulla”. La Chiesa (= ogni cristiano), è e deve essere sempre in religioso ascolto della Parola di Dio, dalla quale viene adunata e dipende totalmente, e deve lasciarsi continuamente guidare e giudicare. D’altra parte la Parola di Dio, il Vangelo, è la ragion d’essere della Chiesa, che deve annunciarla e testimoniarla.

Ciò che la Chiesa annuncia e testimonia non è un’astratta ideologia, ma Cristo stesso, Parola (= Lògos, Verbum) di Dio. Questo stesso Cristo, Parola di Dio, nostro maestro, è il Capo della Chiesa, suo corpo mistico; è Lui che unifica la molteplicità e diversità delle membra in un solo corpo, è Lui che con la sua Parola unisce menti e cuori nella stessa fede.

San Paolo, infatti, in  1 Cor 12,12-31°, continuando il tema dei carismi cominciato domenica scorsa, ricorda che l’unità dei cristiani si realizza mediante il Battesimo, per mezzo del quale noi formiamo un solo corpo. E come in qualunque corpo le membra sono diverse, così la Chiesa è fatta da persone diverse, per cui ci sono carismi diversi, come detto anche domenica scorsa.

La diversità non contrasta con l’unità della Chiesa, anzi il pluralismo nell’unità è necessario, come è necessaria la molteplicità delle membra in un corpo. Ma perché il pluralismo non sia in contrasto con l’unità deve essere fondato sull’amore e non deve essere ridotto a semplice tolleranza di posizioni inconciliabili.

È il Vangelo a presentare Cristo come scriba, ma non come uno qualunque, bensì come uno che insegna con autorità, autorità che non gli è data da altri in quanto gli viene da se stesso. Egli quando parla non lascia indifferenti coloro che lo ascoltano; Gesù interpella gli ascoltatori, esige e provoca una risposta.

Oggi interpella noi: lo ascoltiamo o rimaniamo indifferenti? Chi non rimane indifferente lo ascolta veramente e non fa finta di non capire. Gesù parla chiaro, ci ha rivolto la Parola, qual è la nostra risposta? È quella degli Israeliti al tempo di Neemia o quella dei contemporanei di Gesù: “Questo parlare è duro, chi può intenderlo?”. All’affermazione “Io sono la Via, la Verità, la Vita”, Gesù aspetta una risposta pratica e sincera di fede, speranza e carità, la risposta di vive in un continuo atteggiamento di ascolto.

Don Stefano Dell’Angelo

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