Ivana e Antonio: “A Bergamo per dare un futuro a nostra figlia”

di Roberta Bruno (Il Quotidiano del Sud)

Rubrica: Lontano da… viaggio tra gli irpini emigrati al nord Italia e all’Estero.


Ivana Pizza e Antonio Nigro sono una giovane coppia di Bagnoli Irpino trasferitasi nel 2016 in provincia di Bergamo. Ivana 32 anni è avvocato civilista, mentre Antonio 42 anni, è insegnante di sostegno in una scuola media della nostra zona. Ciò che li ha spinti ad andare via dalla propria terra è stata la prospettiva di una vita migliore per la propria bambina Aleida.

“Lasciare il proprio paese non è mai una scelta che si fa a cuor leggero, noi lo abbiamo fatto pensando alla nostra famiglia” racconta Antonio mentre porta in spalla Aleida che dorme, distrutta dopo una giornata al campo estivo.

“Il mercato del lavoro è saturo, oramai è dura anche per un libero professionista” continua Antonio alludendo alla moglie che a 27 anni era già abilitata alla professione di avvocato. “Treviglio conta 33.000 abitanti. Aggiunge Ivana. Ma ci sono più avvocati nel solo paese di Montella che qui. Sono stata fortunata perché qui collaboro con uno studio importante, ma sto lavorando anche per affermare un mio studio privato. La differenza che non ho potuto fare a meno di notare è che qui c’è maggior rispetto per il ruolo del professionista: la lettera, per esempio, il cliente sa che deve essere pagata, mentre molto spesso dalle nostre parti non viene considerata come frutto di un lavoro, e dunque retribuita. Tutte queste pratiche consolidate vanno a svantaggio soprattutto del lavoratore giovane che non ha alle spalle un grande studio sul quale fare affidamento, e che si trova all’inizio del suo percorso con tantissime spese da affrontare e soprattutto da anticipare”.

Eppure, senza la chiamata di Antonio non si sarebbero decisi ad andare così lontano dalla propria terra e dai propri cari, comprando addirittura casa. Antonio è sempre stato un uomo attivo nel sociale, ha svolto attività di volontariato, attività sportive e di politica, insegnare a stare insieme e a socializzare sono le sue prerogative, ed è per questo che oggi ama il suo delicato lavoro: “Non rappresento altro che il collante di tutta la classe – racconta Antonio- per i ragazzi sono una figura diversa dall’insegnante vero e proprio, sono un confidente, cosa che per i giovanissimi, che attraversano un età così delicata, è fondamentale avere. Rispetto alle classi del sud qui il 35% sono stranieri e un 15% porta un cognome tipico meridionale. Questo è molto bello, perché nella scuola avviene la vera educazione ed integrazione, infatti è tra quelle mura che si impara ad essere uguale l’uno all’altro e che si forma la parte migliore della società. Poi, riprende, è in quell’età che si passa all’infanzia all’adolescenza, e che si pongono le basi della formazione del cittadino. Il mio ruolo è importante e sono felice che qui sia veramente apprezzato. Le richieste per gli insegnanti di sostegno al nord sono molto più alte rispetto al sud, questo, purtroppo, non significa che giù non ci sia bisogno di supporto nelle scuole ma che si vergona, o si tende a nascondere, se il proprio figlio ne ha bisogno, privandolo in questo modo, della possibilità di recupero. Credo che questa mancanza di emancipazione, legata ad atavici pregiudizi sociali e al timore del giudizio degli altri, sia una grande condanna per il sud. Se è vero che il meridionale in genere possiede qualità riconosciute ed apprezzate, è pur vero che spesso soffre del limite di una marcata chiusura mentale.

Il dato impressionante, che emerge dalla conversazione, è che nell’ultimo anno i coniugi Nigro hanno contato una trentina tra amici e conoscenti, di loro conterranei nel solo milanese. Se si prova ad estendere il calcolo anche agli altri paesi dell’Irpinia, ci si rende conto della portata impressionante del fenomeno migratorio in atto.

“Nelle nostre terre – continua Antonio – non c’è più nessuno interessato ad investire, sicuramente questa è stata la diretta conseguenza delle scelte politiche disastrose degli ultimi quarant’anni. L’anno prossimo ricorrerà il quarantesimo anniversario del terremoto in Irpinia, ma nonostante il fiume di denaro pubblico speso all’epoca, sembra quasi che nulla sia cambiato, niente, se non in peggio. Bagnoli all’epoca era l’attrazione sciistica campana di maggiore interesse, con delle strutture alberghiere all’avanguardia, era il periodo del Laceno d’Oro, manifestazione cinematografica che premiava il cinema neorealista, venivano dalle nostre parti grandi registi e attori. Fu Pasolini a suggerire questi luoghi, innamorato dei nostri boschi. Il livello culturale era molto più alto di oggi e l’Irpinia incantava per la propria bellezza. Quando poi si è preteso di industrializzare un territorio come il nostro, con ben altra vocazione, il fallimento è stato inevitabile, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Si sarebbe dovuto puntare su uno sviluppo sostenibile, legato principalmente alle risorse della terra e delle nostre montagne. Oggi, come in passato, si emigra per la ricerca di lavoro e di migliori condizioni di vita”.

“L’Università – fa notare Ivana – è diventata l’unica alternativa alla mancanza di occupazione, per questo ci sono così tanti laureati al sud rispetto al nord, anche se oggi pare non basti neanche la laurea. Qui, in pochi proseguono gli studi perché hanno da subito il lavoro, e si possono permettere addirittura di scegliere l’azienda per la quale andare a lavorare”: “ma -Precisa Antonio- questo innegabile benessere va a discapito degli studi e della cultura, come dimostrano le scelte dell’elettorato”.

di Roberta Bruno (Il Quotidiano del Sud del 21.07.2019)



Il Quotidiano del Sud del 21.07.2019

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