Pane, odio e fantasia

di Alejandro Di Giovanni

Pane

La materia, della quale siamo fatti e sono fatte tutte le cose, si nutre di altra materia e cerca altra materia, la materia non può essere materia senza altra materia, la materia è alla base di tutta la materia, è materia per materia. In questa ricerca istintiva di sopravvivenza la materia “uomo” nasce, cresce e muore, da sempre, per la sua materia vitale che potrebbe essere definita anche come “pane”. Necessario per la sua vita, oggi il pane inteso come sostentamento di nutrimento e altre essenziali condizioni per la sopravvivenza dell’uomo, ha mutato il suo paradigma e la sua iniziale funzione: il pane, materia necessaria per la vita dell’uomo, si è trasformato in altro, e in molti casi si è smaterializzato. Nel periodo di benessere e prosperità, i beni essenziali si sprecano, così il pane viene commutato in altro valore, che oggi potrebbe essere identificato nella costante ricerca di affermarsi nella società attraverso pratiche di convenzionale felicità da condividere o status symbol da far riconoscere con immediatezza. Il nostro appetito oggi ha a che fare con una fame di riconoscibilità e visibilità, se non è riconoscibile e visibile (nel fare cose socialmente apprezzabili), quindi apprezzato dai suoi simili, l’uomo contemporaneo si sente come denutrito, quindi inappagato. Questa condizione lo conduce ad una esistenza fatta di ansie e gioie fittizie, perché la sua felicità è una pura messa in scena mediatica, vera come l’immagine bella e sicura che cerca di vendere di sé ovunque. La prima condizione che ci definisce è questa, di appagare la nostra condizione che, se un tempo era di ricerca di cibo, oggi ci rende del tutto simili tra di noi nel mostrarci e fare cose.

Odio

Nel delirio di vanagloria e narcisismo che ci vede coinvolti, il sentimento che prevale è, anche per questa nostra continua competizione del “sono più bello, ricco e felice di te” quello dell’invidia, e quindi dell’odio. Se voglio prevalere, dovrò essere egocentrico, sarò anche egoista. L’odio verso gli altri è direttamente proporzionale alla diversità di questi altri da me: più sei diverso da me e più ti odio. L’uomo può vantare l’esercizio dell’odio già per istintiva natura e predisposizione (è in questo un animale come gli altri), ma la storia del progresso e della civiltà lo ha condotto a vivere con gli altri e, a volte, pensare anche a questi. Lì dove albergavano fugaci sprazzi di amore, oggi domina il sentimento d’odio che è il risultato di un imbarbarimento culturale generale, dove sguazzano a meraviglia le tesi del sovranismo, patriottismo, nazionalismo, che altro non sono che strutture mentali chiuse di generazione di diversità, discriminazione, egoismo, odio. I muri ideali dei confini nazionali rappresentano il confine delle menti mediocri, del mettere le persone del mondo in posizioni differenti dalle nostre. Allora odiamo l’Europa, ma di più l’Africano, a volte pure il nostro connazionale terrone, ma di meno. Le rinnovate tendenze messe in circolo dalle destre nella riscoperta di autentici valori dei popoli da riscoprire e riaffermare (con una retorica di superiorità nemmeno velata), rappresenta una inversione di tendenza nel percorso del progresso della conoscenza del sapere umano e della successiva sua messa in pratica nella società.

Fantasia

Se siamo giunti fin qui, carichi di protervia nell’esibirci e di sentimenti intrisi d’odio verso l’altro, vuol dire che siamo figli di una colpa, ossia quella di esserci allontanati dalla verità, dalla realtà. Oggi viviamo in sovrastrutture di mondi, in costruzioni artificiali di realtà in cui si sedimentano quei pericolosi credi precedentemente elencati. Alla verità, al raggiungimento della conoscenza del sapere, si preferiscono altre narrazioni più confortevoli, false e fantasiose ma più convenienti. Io sono bello e felice, così deve essere perché così si sta al mondo oggi, e se non lo sono è colpa di qualcuno (che mi salva dunque). I miei fallimenti e le miei fragilità del tutto umane sono convertite in racconti di fantasia dove qualcuno è colpevole al mio posto, dove io sarò sempre innocente, al di sopra degli altri e della oggettiva realtà, verità. Allora l’odio è generato proprio da una malvagia fantasia, che ogni giorno afferma una bugia per darmi quel pane di felicità quotidiana, del mio alter ego che vive al mio posto sui social e per strada, perché è molto più difficile conoscere e affermare la verità, smascherare l’odio e ritornare alla genuinità del semplice pane, senza tutta questa vanità e frugalità. Il racconto dell’uomo oggi è un continuo “io” confezionato, falsificato, pubblicizzato, venduto. Narrazione a parte, valiamo meno di quello che cerchiamo di far credere, ma è meglio non saperlo.

Alejandro Di Giovanni

(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2019, anno XIII, n. 5)

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