Per restare quì ci vorrebbero politiche di sviluppo e unione

La rubrica di Giovanni Nigro

C’è chi dice…

che siamo un paese non amante di quello che possediamo, ma amante del vicino e del forestiero in ogni sua forma. A pensarci bene è così, non tutti vogliono bene al proprio paese. Non lo si rispetta e non lo si loda, aggiungendo anche un pizzico di malvagità e parole dette a caso.

Ad ogni modo il paese è il luogo dove si crea la principale forma di discussione dalla mattina alla sera, dove si potrebbe, in poche parole, vivere in santa pace. Continuando anche ad odiarlo, ma allo spegnere la luce la notte amarlo per la sua tranquillità.

Oggi non c’è certamente una visione del futuro sicuro, quello di stare qui e di restare qui, ma lo potrebbe diventare, con politiche di sviluppo e di unione. Parole che hanno sempre dettato l’agenda del chiacchiericcio bagnolese.

Per lo sviluppo non sono di certo io a constatare che serve un’inversione di rotta ed una manovra repentina altrimenti continueremo a parlare di valige e di treni che arrivano, perché no, anche in orario in altre zone dell’Italia. Siamo costretti ad analizzarla questa situazione e prenderei ad esempio il convegno organizzato dalla “Giovane Sinistra” di Bagnoli Irpino, sullo spopolamento delle aree interne. Nella Sala consiliare è uscito fuori sicuramente il dato che ci sono varie possibilità di prendere provvedimento sulle partenze di giovani, ma non solo, commettendo gesti di lungimiranza e di visione futurista del paese. Quell’evento ha dimostrato come parlare del problema potrebbe portare a soluzione, non immediata e non come qualcuno pensa sfruttando la conoscenza, vedendo al futuro. Una nota negativa è stata la poca affluenza, come constato da un bel po’ di anni a questa parte, di giovani. Quelli che dovrebbero essere gli interessati, il futuro di questa terra, la macchina organizzativa e prettamente tecnologica di questo posto. Niente, continua ad essere una Sala consiliare vuota di volti nuovi, al di là della Giovane Sinistra che è sempre presente con qualche rappresentanza. Al di là anche di un pubblico interessato, come non si vedeva da molto tempo, questa situazione di leggere senza approfondire, di vedere il titolo senza consultare e di credere di essere migliore solo perché il colore politico è diverso, ha stancato. Questo ha portato giovani e non solo a ragionare mostrando una cultura massonica e clientelare, che miete vittime e non lavoratori. Dispiace innanzitutto perché il tema era senza colore, ma organizzato da chi il colore sa che significa, a differenza di molti “pischelli” di adesso. Organizzata da qualcuno che la storia di questo paese, politicamente parlando, la conosce e la vorrebbe far conoscere, non mettendo indietro il nastro, ma miscelando le due cose.

L’altro punto di discussione è l’unione che dovrebbe assicurare, per questi anni la sopravvivenza, il galleggiamento, per non affogare. Questo dovrebbe entrare nelle menti di chi chiacchiera, accusa e mente sapendo di mentire, mostrando un lato di sé che non è molto consono. Una unione per scongiurare la morte improvvisa d questa parte della Campania, adorato, odiata e tradita, da chi l’ha usata per propri scopi e fini. Non potremo mai superare la barriera che abbiamo creato stesso noi tra compaesani, se non prendiamo una decisione che mette insieme tutti, nessuno escluso. L’unico sentimento comune possibile ha come principale attore il Laceno che potrebbe far restare e non partire la maggior parte di noi. Potrebbe in ogni caso aiutare quella macchina economica, ferma da troppo tempo. Ma non solo, l’unione può essere utile a pensare, senza troppo chiacchierare, al futuro. Ai nuovi lavori, alle nuove imprese, agli aiuti che la comunità europea e regionale possono far avere. Ma senza inimicarsi l’uno con l’altro per una guerra del niente e del nessuno. Le idee buone potrebbero portare ad innamorarsi di nuovo del paese e delle sue montagne. Questo si sa che è difficile dopo sei mesi di nuova amministrazione, di nuovi rancori, alcuni pregressi, ma perché non pensare come fa quell’istituzione gigantesca che è la Chiesa Cattolica, che non si cura di ogni Papa che passa, tanto rimane tutto uguale. Si ritorna dunque a pensare alla soluzione, per lo sviluppo, alla risalita economica del paese e questo porta verso nuovi orizzonti, ma prendendo delle decisioni. Decisioni che devono invertire la rotta dei 2000 che ogni anno vanno via dall’Irpinia, ma con un atto di responsabilità ed una presa di coscienza attuale. Fare rete e superare i conflitti tra i singoli attori della nostra economia è quanto anche Franco Fiordellisi, segretario CGIL Avellino, ha ritenuto necessario per il recupero, ad esempio, dell’attrattore turistico Laceno.

Bisogna creare opportunità concrete per far sì che i giovani possano scegliere di vivere nei nostri territori, anche ricorrendo a dei metaforici “campi sperimentali”, dove ci si possa confrontare e mettere in discussione rispetto ad un sistema politico, economico e culturale per molti versi obsoleto.

Perché l’ultimo che spegnerà la luce sarà sicuramente uno che ha a cuore questo posto e non certo chi se ne frega di tutto e tutti.

Giovanni Nigro

(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2018, anno XII, n. 6)


Conferenza della Giovane Sinistra sul tema dello spopolamento delle zone interne

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