Un paese in fuga

di Giulio Tammaro

La questione seggiovie ha ormai da diversi anni monopolizzato l’agenda politica bagnolese. Sembra che il destino di Bagnoli sia legato al riammodernamento degli impianti di risalita. Nel frattempo il paese sta attraversando una nuova emigrazione di massa.

Giusto qualche giorno fa ho letto i dati anagrafici del Comune di Bagnoli Irpino relativi all’anno 2018. Ve li riporto così come sono indicati dalle tabelle dell’anagrafe del nostro comune: nati 22, morti 45, immigrati 54, emigrati 39. Popolazione ad iniziò anno (2018) n. 3139, popolazione a fine anno (2018) n. 3136. Come si può notare la popolazione bagnolese è pressoché invariata, appena 3 persone in meno in un anno, a differenza degli ultimi tre anni dove il trend negativo era stato rispettivamente di -21 (2017); -57(2016) e -28 (2015).

Quello che i numeri non dicono è che ad emigrare sono i giovani in cerca di lavoro mentre ritorna in paese chi ha raggiunto l’età pensionabile. I dati dell’anagrafe comunale dimostrano ciò che è evidente ovvero che Bagnoli tende a spopolarsi e ad essere abitato da una popolazione relativamente anziana.

Per rendersi conto della situazione basta semplicemente affacciarsi sulla piazza, frequentata di giorno da tanti anziani e semideserta la sera, oppure farsi un giro per il centro abitato e notare che dovunque ci sono immobili in vendita.

Quello che più preoccupa però e che all’invecchiamento e spopolamento del paese negli ultimi anni si è aggiunto un profondo senso di sfiducia dei bagnolesi. Quel popolo un tempo laborioso e intraprendente, e quel territorio definito la gemma dell’Irpinia, oggi non fa altro che piangersi addosso e dividersi in tutti i settori, dal calcio alla politica, dal lavoro all’associazionismo.

A tal proposito ho letto con attenzione il tema di Domenico Marano, risultato vincitore del premio “Tommaso Aulisa” e mi sono chiesto: se un tredicenne come Domenico vede “un paese completamente allo sbando, vittima di egoismi, cattiverie e interessi personali, che lo hanno portato ad autodistruggersi” e si immagina di ritornarci dopo dieci anni vissuti lontano da Bagnoli, significa che siamo davvero messi male, che per il nostro paese non c’è speranza, che siamo destinati all’estinzione.

Allora mi chiedo e vi chiedo: vogliamo “impiccarci” alla questione seggiovie per nascondere le incapacità di un classe politica mediocre e di un gruppo imprenditoriale altrettanto incapace di fare squadra ed essere forza trainante nel paese, oppure vogliamo prendere in mano le redini del nostro destino e far rinascere Bagnoli e Laceno?

La natura con noi è stata generosa e potremmo rilanciare tranquillamente il turismo anche senza quei benedetti sedili che girano. Mi sarei immaginato un paese in subbuglio per la chiusura degli impianti sciistici e invece c’è stato chi si è addirittura rallegrato per la “morte” del Laceno.

E poi sinceramente mi sarei aspettato qualcosa di più dai nostri amministratori, uomini e soprattutto donne giovani e che immaginavo slegati da una certa mentalità e da un certo modo di intendere la politica; speravo in un cambio di passo, immaginavo che avrebbero come minimo rivoltato il paese come un calzino, eppure in questo primo anno di attività amministrativa sono tante le ombre e poche le luci.

Il futuro di Bagnoli è nelle mani di tutti non soltanto di chi ha un ruolo politico o un interesse personale, siamo noi gli artefici del nostro destino, continuando così fra non molto dovremo emigrare in massa.

L’auspicio di Domenico è quello di rivedere Bagnoli ai fasti di un tempo e per far ciò è “necessario che tutti inizino a pensare al bene comune, al paese, a lavorare insieme senza pensare all’appartenenza ai colori o ai partiti politici”.

La speranza è l’ultima a morire… e io in fondo, come Domenico, ci spero.

Giulio Tammaro

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2019, anno XIII, n. 2)

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