Addio a don Pietro Sigurani, il prete degli ultimi

La scomparsa

L’associazione Palazzo Tenta 39 si unisce al dolore per la scomparsa di don Pietro Sigurani, il parroco rivoluzionario che ha dedicato tutta la sua vita pastorale ai poveri e ai più bisognosi. Rettore, fino allo scorso giugno, della parrocchia di Sant’Eustachio in Roma ha trasformato la sua chiesa in un luogo di accoglienza e misericordia.

Abbiamo conosciuto don Pietro e la sua opera di carità grazie all’amica in comune Gabriella Aulisa e dal 2015 l’associazione Palazzo Tenta 39 ha iniziato a sostenere la sua missione, inviando in occasione delle festività natalizie, dei sacchetti di cioccolatini e caramelle come omaggio per i suoi “ospiti” con dei messaggi di auguri realizzati per l’occasione dagli alunni della scuola media di Bagnoli.

Questa mattina ci è giunta con dolore la triste notizia. Don Pietro ci ha lasciato per sempre, ma siamo sicuri che la sua opera continuerà a “vivere” grazie alle tante persone che in questi anni gli sono state vicine e che grazie a lui hanno scoperto come solo l’amore possa realizzare l’uomo, credente o meno.

Questa sera Tv2000 alle ore 22.45, in occasione della sua scomparsa  trasmetterà il documentario “Senza nulla verso Cristo” Protagonisti Valerio, Egidio, Giorgio tre dei senza fissa dimora che don Pietro accoglieva ogni giorno alla sua mensa e che ha accompagnato nel viaggio che li ha portati in pellegrinaggio alla Sindone.

I funerali, rende noto il Vicariato, si svolgeranno mercoledì 6 luglio alle 18.30 nella chiesa di Sant’Andrea della Valle

Il circolo socio-culturale Palazzo Tenta 39


RASSEGNA STAMPA

www.avvenire.it – Pino Ciociola

Roma. Addio a don Sigurani, il prete che aprì ai poveri la Basilica di Sant’Eustachio

Don Pietro aveva 86 anni, fino all’anno scorso è stato rettore della basilica di Sant’Eustachio, nel cuore del centro storico capitolino. Nei sotterranei aveva creato la Casa della Misericordia

Un “pretaccio”. Di quelli senza fronzoli, conta il Vangelo, conta solo praticarlo e «non si può interpretare come si vuole», disse una volta. Se n’è andato stamattina, aveva 86 anni, don Pietro Sigurani, 61 da sacerdote. Fino all’anno scorso era rettore della basilica di Sant’Eustachio, nel cuore del centro storico capitolino, fra il Pantheon e Palazzo Madama. «Anch’io facevo il benefattore cercando riconoscenza. Poi mi hanno convertito i poveri – disse, ancora, in un’intervista -. O si serve con cuore gratuito o non serve».

Proprio lì, fra politici e turisti, aveva realizzato la “Casa della Misericordia”. Nei sotterranei della basilica. Cioè centro di ascolto, di assistenza legale e medica, di accoglienza con docce e lavanderia e l’“Università degli scartati”, perché, spiegò don Pietro, «ai poveri non bisogna dare solo pane, ma anche sollevare lo spirito». E poi «se un piatto di pasta riempie la pancia, il caffè scalda il cuore». Una “Casa” che arrivò nel 2018, dopo che già funzionava benissimo il “Ristorante dei poveri” nella basilica, dove ogni giorno dava da mangiare a centoventi fragili.

Ripetendo quel che aveva già fatto alla Natività in via Gallia, dov’era stato parroco prima di sant’Eustachio. Lì don Pietro aveva fatto costruire la “Domus caritatis”, con una mensa da novanta posti che serviva la cena lunedì e venerdì e la colazione mercoledì e giovedì. «Nessuna tessera d’ingresso e la mensa l’abbiamo costruita sotto la chiesa, perché tutto deve partire dalla mensa eucaristica», spiegò quattordici anni fa don Pietro. E nella “Domus caritatis” c’era anche un dormitorio per venti, uno studio medico con macchinari per le malattie cardiovascolari, servizi doccia e vestiari, un avvocato e un centro di ascolto.

Sì, un “pretaccio”, di quelli che certo non le mandava a dire, nemmeno ai parlamentari, che però, senza dare troppo nell’occhio, di frequente andavano da lui a confidarsi, confessarsi, chiedergli consiglio e lo trovavano sempre. Non solo, ma giusto un po’ di tempo fa, a proposito di Covid, don Pietro aveva spiegato in tivù che «tutta questa valenza religiosa che si vuol dare al non vaccinarsi è una fandonia».

Un giorno qualcuno lasciò un cartello appeso alla cancella della basilica: «Caro reverendo – avevano scritto – la chiesa è la casa del Signore, non dei poveri! Risponderai davanti a Dio dei sacrilegi/profanazioni compiuti in questa chiesa». Lui non se la prese: «Gesù ci invita a non giudicare per non essere giudicati». «Era povero fra i poveri», racconta Gian Paolo Pertici, il più vecchio diacono di Roma, ordinato proprio da don Pietro e sempre rimastogli al fianco: «Ci lascia un amore fortissimo. Ha costruito una comunità di persone che grazie a lui hanno scoperto come solo l’amore possa realizzare l’uomo, credente o meno».

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/morto-don-pietro-sigurani-sant-eustachio-roma

www.corriere.it – Ester Palma

E’ morto don Pietro Sigurani, l’amico degli ultimi di Roma con la «casa» di Sant’Eustachio

Nell’antica Basilica aveva creato un servizio di ospitalità per i poveri e i senzatetto, sfidando anche i malumori di qualche residente: «La carità materiale non basta, deve partire dal cuore»

Aveva 86 anni, spesi praticamente tutti a aiutare i più poveri fra i poveri di Roma. Negli ultimi tempi era molto affaticato, tanto da spostarsi su una carrozzina. Ma continuava a occuparsi dei suoi «amici», anche col sostegno del sito cattolico «Aleteia».

E’morto la notte scorsa don Pietro Sigurani, fino allo scorso giugno rettore dell’antica Basilica di Sant’Eustachio vicino al Senato (e prima parroco della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo in via Gallia) che nel 2018 aveva trasformato in una «Casa della misericordia» per senzatetto e ultimi, aprendo nei sotterranei della chiesa una struttura con mensa, lavanderia, docce e luoghi di incontro». Sempre sorridente e gioioso, don Pietro raccontava: «Ho perso mio padre a 8 anni nel bombardamento di San Lorenzo. Mi sono occupato tanto d’immigrazione e di poveri perché anche noi abbiamo sofferto la fame, siamo stati profughi, e quando l’hai vissuto sulla tua pelle…». Ogni giorno offriva il pranzo (primo, secondo, contorno e frutta) fino a 150 persone, anche durante il lockdown, come aveva raccontato al Corriere.

Ed era amico di tutti, per tutti aveva un sorriso, una parola affettuosa e un consiglio. Ma se serviva poteva essere anche intransigente: come quando aveva protestato per l’interruzione delle Messe in presenza durante il lockdown(«I fedeli non hanno potuto celebrare la vera Pasqua, altro che Messe online…») come quando se l’era presa con Salvini per le sue prese di posizione sugli immigrati, come quando aveva fronteggiato le polemiche dei residenti per la continua presenza di ultimi e disperati nella sua chiesa.

Ma la sua era una carità «del cuore»: «All’inizio mi sentivo un benefattore perché davo da mangiare, poi i poveri mi hanno convertito – spiegava a Famiglia Cristiana: «Mi hanno insegnato che o si serve con cuore gratuito o non serve a niente. Se gli offro un piatto di pasta, il povero deve avvertire − dal modo in cui glielo porgo − che gli sto dando me stesso. E se vuole un caffè, perché non andare a prenderlo insieme, scambiando qualche parola?

Serve un salto di qualità nella carità, mettendo al centro la persona. Fare la carità significa offrire un servizio che restituisca dignità alla persona. Se io ammasso i poveri in stanzoni senza docce o con bagni insufficienti, li tratto secondo dignità? Abbiamo tanti locali… perché non creiamo tante strutture, ma più piccole, a misura d’uomo, dove si può ricreare la persona?

Il traguardo più difficile è che ogni povero riconosca la sua stessa dignità. Non dobbiamo fare dei giardini zoologici dei poveri, ma far sì che tornino a prendersi cura di sé e, dove possibile, a inserirsi di nuovo con gli altri». E infatti tanti dei suoi «protetti» diventavano a loro volta volontari e assistenti. Ma don Pietro non ha mai voluto soldi pubblici per le sue opere, faceva tutto con le sole offerte: «Mi fido della Provvidenza, non della previdenza. Dio sa di cosa abbiamo bisogno e interviene, sempre»

https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_luglio_04/morto-don-pietro-sigurani-l-amico-ultimi-roma-la-casa-sant-eustachio-49bf87fc-fb7e-11ec-aecf-ae9a96890e21.shtml

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