Campania, terra di veleni

di Biagio Amico

Volevo che pubblicaste due brevi ricordi di mia moglie scritti da una sua amica giornalista e da un noto oncologo, qualche giorno dopo la sua scomparsa. Mia moglie è venuta a mancare, nel maggio del 2016, per le conseguenze di un problema al seno che alla lunga si è rivelato incurabile. Ancora non mi sento del tutto pronto ad esternare certe mie vicende personali ma rileggendo il testo della dottoressa Sannino, mi sono fatto persuaso che potesse essere reso pubblico, un po’ per rendere onore alla memoria della mia consorte ma in special modo per poter condividere un esempio che è poi un modello ma soprattutto un’esperienza che, se pur terribile e tragica nel suo epilogo, è giusto far conoscere. Mia moglie ha affrontato il “suo” tumore in maniera incredibile, senza nascondere nulla, con una lucidità ed una forza d’animo fuori dal comune. Non l’ho mai sentita imprecare o commiserarsi. E’ sempre stata animata da una fede incrollabile verso il suo Dio ed ha speso tutto il proprio tempo per capire il da farsi ed elaborare una sua strategia difensiva. Ha agito da protagonista, si è preso in mano il suo destino ed ha tentato in tutti i modi di piegarlo alla sua volontà.  Era lei che chiamava Antonio Giordano, che scriveva ad Aldo Roccaro, che discuteva da pari a pari con Aron Goldrisch, che andava ad i convegni dell’ASME, che mi trascinava ad ascoltare Don Patriciello. Era lei che si informava, prenotava gli esami, controllava il livello della malattia, provava a suggerire soluzioni. Trascriveva dati, costruiva grafici, riempiva pagine di appunti, cercava di capire e decifrare i sintomi. Notizie, nozioni, impressioni, consigli, tutto condiviso e commentato all’interno di una rete di “colleghe”, battagliere e toste come lei, conosciute durante le lunghe sedute di chemioterapia o nelle sale d’aspetto e con le quali si era formato e consolidato un forte legame. Alla fine mia moglie ha perso la sua battaglia, all’improvviso il cancro ha avuto il sopravvento e lei non ce l’ha fatta, così come non ce l’hanno fatta tante sue “colleghe” come la signora Lina o le sorelle Maietta.  Nel corso degli anni mi sono imbattuto e sono entrato in tante storie, alcune si sono concluse (forse) positivamente, alcune continuano ancora, altre si sono bruscamente interrotte.  Si perché il tumore lo puoi sconfiggere, con il tumore ci puoi convivere, ma in alcuni casi puoi anche perdere, ed io ho perso tre volte. Tutte queste storie hanno però lasciato un esempio da raccontare e divulgare. Raccontare e divulgare: una cosa che forse noi “sopravvissuti” agli eventi dovremmo avere la forza ed il coraggio di fare. Ritengo che la storia dei singoli deve poter diventare patrimonio condiviso per provare ad aiutare quei tanti che, all’improvviso, entrano in un tunnel e si trovano ad affrontare, spesso spaesati e frastornati, il lungo calvario del percorso di cura. Quelle persone spaesate e frastornate, hanno bisogno di parlare, di sfogarsi, di assaporare il calore di un affetto, specie in quei momenti (e sono tanti ve lo assicuro) in cui ti senti chiuso nell’angolo e non riesci più ad intravedere una via di uscita. “Mi sa che fuori è primavera”, me lo ha messo sotto il naso mia cugina Teresa, prima o poi mi deciderò a leggerlo, dalla prima all’ultima pagina, senza saltare un solo rigo anche se lo ha scritto Concita De Gregorio.  Che “Il dolore da solo non uccide”, l’ho sperimentato sulla mia pelle, come tutti quelli che come me, purtroppo o per fortuna, sono ancora vivi, sono, per l’appunto, dei sopravvissuti, e la nostra esistenza, seppur reinventata, deve pur continuare.  Questo voglio dirlo ai tanti, ai troppi, che “dopo” perdono la voglia di andare avanti, che si fermano, che non riescono più a guardare oltre. E’ difficile lo so, ma la nostra nuova primavera è fuori e ci aspetta. Ne approfitto per mandare un “saluto”, un “bravo” ed un “grazie” al nostro conterraneo dottor Giovanni Corso. Un “saluto” perché è tanto che non lo vedo e mi piacerebbe reincontrarlo, un “bravo” perché i suoi risultati sono sotto gli occhi di tutti ed un “grazie” perché l’attività delle persone come Gianni, al di là dei successi individuali, della notorietà o dei premi, contribuisce a regalare quel qualcosa che si chiama “speranza”. Speranza di poter vivere accanto ad i propri cari il più a lungo possibile, speranza di migliorare (almeno un po’), speranza di riuscire a guarire. La “Speranza”, ve lo posso assicurare, è qualcosa di impagabile ed io ho avuto la fortuna di perderla soltanto quando i miei cari hanno esalato il loro ultimo respiro. E per questo motivo voglio citare (anche per renderli noti) e simbolicamente abbracciare tutto il personale medico che ho incontrato nel corso degli anni: Massimo Di Maio, Antonio Santoriello, Antonio Gambardella, Adolfo Apicella, Flavio Fazioli, Antonietta Fabbrocini, Silvani Antonio, Rossella Graffeo, Michelino De Laurentis, Daniela Cianniello, Cesare Gridelli, Silvestro ed Antonio Volpe.

Il volto, le movenze, gli sguardi e soprattutto le diagnosi di ognuno di essi ce li ho stampati nel cervello e penso che non li dimenticherò mai.

Biagio Amico


Maria Rosaria Sannino :  Journalist, Travel Reporter, Content Writer  (4 giugno 2016)

Ci sono donne che ……

Ci sono donne silenziose e battagliere. Minute e maestose. Pacate e generose.

Lella Giordano era una donna così. E molto di più per chi l’amava.

In un’occasione particolare abbiamo unito le nostre “forze” : quando a novembre del 2012 invitammo a Tramonti il famoso oncologo,  Antonio Giordano, a parlare del suo libro “Campania, terra di veleni”. 

Occasione per lanciare un messaggio, a cui Lella teneva molto: l’importanza della prevenzione nel combattere il cancro. Lei sapeva, più di tutti noi, quanto fosse fondamentale tutto ciò. Proprio lei che stava lottando contro questo male e che sembrava aver sconfitto. Discreta, in mezzo al pubblico, “dirigeva” con lo sguardo i nostri interventi. Puntammo l’attenzione, con la presenza di alcuni medici di base della Costiera Amalfitana, sull’aumento di malati di tumori (dai polmoni, alla mammella, all’apparato gastrointestinale), casi sempre più frequenti di mesotelioma. Lella era lì, in quella sala piena di persone, e raccontava con la sua presenza, il senso di quell’incontro. Ha spronato tante donne, malate come lei, ad andare avanti, a non mollare. Di solito nella malattia si diventa egoisti, poco propensi a parlare del proprio male. Come se a tenerlo nascosto, potesse sparire. Lella invece era generosa, prodiga di consigli con tutti. La sua migliore “terapia” era la speranza. Speranza di veder crescere suo figlio, di star vicino al compagno di vita e ai suoi genitori. Ma questo male che si chiama cancro, ha vinto su di lei. Lella però ci ha lasciato un messaggio che chi l’ha conosciuta non potrà dimenticare: la forza di non arrendersi anche nei momenti di crisi, quando il mondo attorno a te pare sgretolarsi. Di condividere con altre donne la propria esperienza della malattia. E di divulgare il più possibile dati, studi, sintomi, terapie. E tutto ciò si chiama altruismo. Per me è stata una grande lezione.

Grazie Lella!

Antonio Giordano : oncologo, patologo, genetista, ricercatore   (5 giugno 2016)

La scomparsa di Raffaella Giordano mi ha profondamente addolorato. Il mio ricordo corre alla donna sensibile, intelligente e sempre disponibile con la quale la mia famiglia ed io abbiamo sempre mantenuto un forte legame nonostante la distanza geografica che separa Tramonti da Philadelphia. Di Lella, così la chiamavamo tutti, mi piacerebbe ricordare anche la dignità con la quale ha saputo affrontare la malattia, la sua voglia di vivere e di lottare tutti i giorni contro un male che non sempre è curabile. Conoscendo la sua generosità sono certo che approverebbe se in questa occasione ricordassi a tutte le donne l’importanza dei controlli periodici e preventivi. Intervenire in una fase iniziale della malattia può essere l’arma migliore per vincere il cancro.  Stili di vita corretti e il ricorso agli screening per individuare la predisposizione genetica ereditaria o lesioni cancerose ancora allo stadio iniziale può fare la differenza. Abbraccio ancora Lella, amica di sempre e la sua famiglia alla quale va il mio pensiero e il mio sincero affetto.


(da Fuori dalla Rete, Luglio 2018, anno XII, n. 4)


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