Carlo Muscetta, Dorso e Antonio Maccanico

di Paolo Saggese

Ritornare a parlare di Carlo Muscetta (Avellino, 1912 – Aci Trezza, 2004), discuterne in questi giorni con insistenza – almeno questo sarà il mio intento con la “complicità” del direttore Gianni Festa – significa innanzitutto omaggiare un intellettuale, che non solo come docente universitario a Roma, a Parigi, a Catania, critico letterario e storico della letteratura, ma anche come consulente editoriale dell’Einaudi e della Feltrinelli, nonché come intellettuale militante e meridionalista, ha segnato la storia della cultura italiana (e in parte della politica di sinistra) nella seconda metà del Novecento.

Ritornare alla lezione muscettiana, come anche alla lezione desanctisiana, è un tutt’uno, così come ritornare, con gli opportuni “aggiornamenti”, alle lezioni dorsiane e rossidoriane.

Il legame con Guido Dorso è stato più volte sottolineato. Celebre è il ritratto che del meridionalista il giovane Muscetta scrisse per “Belfagor” nel 1947, notevoli i meriti dello studioso, che curò subito dopo la fine della seconda guerra mondiale l’edizione delle opere dorsiane per Einaudi. La “sopravvivenza” del pensiero del “Machiavelli” di Avellino si deve anche a queste importanti imprese editoriali, oltre che al dibattito sulla questione meridionale alimentato dai partiti di sinistra, nonché da Manlio Rossi-Doria.

La figlia Mara, che molto ha fatto per alimentare il ricordo di Carlo Muscetta, in una vibrante e sentita “Lettera a Vittorio Foa” afferma, fugacemente, riguardo i rapporti tra i due: “E Dorso era il grande maestro, amico ideale di mio padre; grazie a lui aveva cominciato a riflettere sui problemi irrisolti del Sud, dopo l’Unità. Si incontravano nel bel Caffè Roma, l’Aragno di Avellino, frequentato dagli antifascisti locali” (AA.VV., “Ritratto di Carlo Muscetta”, a cura di Mara Muscetta, Prefazione di Antonio Maccanico, Edizioni del Centro Dorso, Annali 2003-2006, Elio Sellino Editore, Avellino, 2007, p. 143).

E non a caso il Centro Dorso, sotto la presidenza di Antonio Maccanico, volle organizzare ad Avellino il Convegno di studi “Ritratto di Carlo Muscetta” (6-8 aprile 2005), ad un anno dalla scomparsa dello studioso. L’“accademico di nulla accademia”, non adeguatamente ricordato nelle aule universitarie, non poteva avere omaggio migliore.

Gli Atti del Convegno confluirono negli Annali del Centro Dorso poco sopra ricordati.

Fu una importante pagina della vita culturale avellinese, che vide protagonisti, tra gli altri, Nello Ajello, Giglia Tedesco, Nicola Caracciolo, Enzo Frustaci, Dante Della Terza, Nino Borsellino, Mar Muscetta, Romano Luperini, Giulio Ferroni, Alberto Granese, Achille Tartaro, Nuccio Ordine …

La Prefazione era firmata, autorevolmente, da Antonio Maccanico, che in poche pagine intitolate “Omaggio ad un grande figlio dell’Irpinia” rievoca il loro rapporto, “il profondo legame di amicizia che mi ha legato a quest’intellettuale nel corso di tutta la mia esistenza e, soprattutto, come questo intellettuale, con la sua testimonianza, ha rappresentato pienamente ed ha segnato completamente la storia repubblicana e democratica della nostra Nazione” (p. VII).

Come Dorso amico-maestro di Muscetta, Muscetta è stato un amico-maestro di Maccanico. Infatti, negli anni ’40 del Novecento, quando Maccanico era giovanissimo, ebbe il privilegio di frequentare Dorso e Muscetta (“con il quale ebbi subito una grande consonanza politica”, p. VII), entrambi amici del padre Alfredo: “Ero molto giovane, lui [i. e., Carlo Muscetta] già intellettuale noto, stimato, un’autorità culturale nella nostra città, per me e per molti un esempio” (p.  VII). Maccanico rievoca così una consonanza ideale, che accomuna i due in modo sorprendente: entrambi dopo l’8 settembre aderirono al Partito d’Azione, subito dopo al PCI, quindi ne uscirono nel 1956, dopo i fatti di Ungheria: “[…] la storia d’Italia, nel suo svolgimento, ci ha trovati sempre insieme, dalla grande delusione del comunismo alla guerra fredda, al boom economico degli anni ’60 e al ‘piombo’ dei ’70, alle delusioni degli anni ’90 e all’avvento del 2000, che ha battezzato un secolo di incertezze ancora più grandi” (p. VIII). Anche negli anni in cui Muscetta lavorava presso la sede Einaudi a Roma, in via Uffici del Vicario, a pochi passi dalla Camera, frequenti erano gli incontri e le discussioni con Carlo, insieme ad Italo Calvino.

Uno spazio importante è dedicato al rapporto con Guido Dorso, ai meriti di Muscetta quale “massimo diffusore dell’opera di Dorso nel dopoguerra, in Italia e fuori d’Italia” (p. IX): “[…] egli scrisse un saggio memorabile su Dorso proprio subito dopo la morte, incoraggiò e curò egli stesso tutti gli scritti di Dorso presso ‘Einaudi’, stimolò un dibattito sulla figura di Dorso anche presso gli intellettuali comunisti e di sinistra. Tuttavia, a differenza del maestro, propose un tipo di meridionalismo più aggiornato, che superava la visione elitistica dei ‘cento uomini d’acciaio’ e proponeva una visione di meridionalismo di massa, che Muscetta evocava proprio in occasione del Convegno dorsiano svoltosi a quarant’anni dalla morte del grande irpino” (p. IX).

Non a caso Muscetta ha voluto donare al Centro intitolato al meridionalista buona parte della sua biblioteca, più di diecimila volumi, adesso consultabili nella biblioteca dell’Istituto avellinese.

Ma non meno Maccanico poneva l’accento sulla profonda coerenza tra pensiero e azione, tra pensiero politico e speculazione intellettuale, che era certo derivata dal filone della “scuola democratica”, “che da Mazzini e Cattaneo arrivava ad Amendola e Salvemini” (p. IX), ma, aggiungerei, non va trascurato il magistero desanctisiano e gramsciano. Non a caso Maccanico ricorda in conclusione del suo intervento il legame con “la tradizione gloriosa di Francesco De Sanctis” (p. X). In effetti, volendo delineare un Pantheon ideale dell’Irpinia del Novecento, dopo Guido Dorso, un posto da amico-allievo deve essere occupato, tra i primi, proprio da Carlo Muscetta, che attende ancora qualcuno che delinei il fecondo rapporto con la sua città natale, con l’Irpinia, con il Sud.

Paolo Saggese

(da Fuori dalla Rete, Agosto 2021, anno XV, n. 4)

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