La leggenda della Pecora Bagnolese

di Anna Russo e Maria Rachele Branca

Si racconta che tanto tempo fa a Laceno un pastore a fine ottobre cominciò a radunare le sue pecore per la Transumanza. Infatti, come da tradizione, ogni anno, le greggi per il periodo invernale si spostavano in paesi più caldi. Questa tradizione esiste ancora tutt’oggi.

Allora il pastore, si narra, avesse iniziato a scendere i pendii del Monte Raiamagra, quando un violento temporale lo colse lungo il percorso e si abbatté violentemente sul gregge. I lampi erano seguiti da potentissimi tuoni, il cielo divenne scuro e la nebbia cominciava a diventare fitta. Allora i cani da guardia, addestrati alla guardia del gregge, iniziarono ad abbaiare insistentemente per incitare il gregge a scendere rapidamente a valle e seguire il pastore, perché, se fossero rimaste durante l’inverno non sarebbero sopravvissute.

Le pecore belavano spaventate e fu così che, colta dalla paura, una pecora e un montone si smarrirono nel bosco, camminarono tanto per ripararsi dall’intemperia e finalmente trovarono finalmente una grotta per rifugiarsi. Era la Grotta di San Pantaleone, dove nella roccia, sgorgava dell’acqua miracolosa, utilizzata dalle donne che allattavano al seno i bambini piccoli, per curare la mastite.

La pecora è un animale metereopatico, infatti, i due animali smarriti annusarono che di lì a poco sarebbe arrivata una forte nevicata. Nei pressi della grotta crescevano delle rigogliose piante verdi con una infinità di bacche nere e gli animali ne fecero una grossa provvista, riempendo quasi tutta la grotta, così non sarebbero morti di fame.

Durante la notte iniziò a nevicare e cadde molta neve da ricoprire interamente l’ingresso della Grotta di San Pantaleone. La nevicata durò tre mesi, da dicembre a metà marzo. Poi arrivò il sole ed il caldo sciolse la neve e il pastore fece ritorno in montagna con il gregge. Le pecore stavano risalendo allegre la montagna e le campane al collo degli animali suonavano festose.

La pecora e il montone poterono, quindi, ritornare con il resto del gregge per riunirsi al gruppo, ma le altre pecore non li riconobbero e li scacciarono perché erano diversi da loro, essendosi nutriti di bacche durante l’inverno, il loro viso non era più bianco, ma mostrava delle picchettature nere (cicci neri), che è la caratteristica della pecora bagnolese.

A questo punto, scacciati dalle altre pecore del gregge, ai due animali non restò di ritornare nella Grotta di San Pantaleone, dove vissero dando vita alla razza autoctona Pecora Bagnolese. Intanto le donne continuavano a recarsi alla grotta per curare la mastite e da allora portavano con loro anche fieno e paglia per far sopravvivere i due animali.

Anna Russo e Maria Rachele Branca

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