La letteratura oscena dell’Irpinia, memoria arcaica di una civiltà  

Il Novellino, raccolta di racconti erotici a cura di Aniello Russo

Il monaco che si aggira nelle campagne per la questua – si sa – è “il monaco rattuso”. La badessa è personaggio astuto, licenzioso sotto la tonaca. Negli orti del convento spettegolano e smaniano suore infoiate. Mentre il prete si eccita estorcendo pruriginose confessioni dei peccati della carne. Né mancano il marito cornuto, la moglie fedifraga, il compare che si infila di nascosto sotto le lenzuola della comare.

Inganni, travestimenti, burle, tranelli, vendette. Galli, ciucci, pannocchie e cetrioli. Sono quarantuno i racconti erotici di tradizione orale, recuperati e trascritti nel suo “Novellino” da Aniello Russo, studioso di cultura popolare. Si tratta di storielle e aneddoti riferiti dalla viva voce di anziani narratori, raccolti con registratore e microfono in giro per la Campania e soprattutto in Irpinia. Trascrizioni fedeli, dal dialetto all’italiano, da cui viene fuori – come sottolinea Roberto De Simone nella prefazione – un filone narrativo in via di estinzione.

Ogni racconto è preceduto da una nota di Russo, che dà conto della fonte, dell’area di diffusione e delle varianti. Si scopre così che a Nusco o a Sarno, a Bagnoli Irpino o nei paesi vesuviani, si possono rintracciare gli stessi motivi, personaggi e situazioni comiche, che sono nelle pagine del Decamerone di Boccaccio, nelle Facezie di Poggio Bracciolini, nel Novellino di Masuccio Salernitano o perfino del Satyricon di Petronio.

Nessun confine di tempo o di luogo: così come la vulva che morde delle Fiabe proibite russe di Afanasjev la si ritrova pari pari nel racconto “La capu r’ pecura” dell’Avellinese. Dall’oralità alla letteratura, dalla letteratura all’oralità. Ricorre il tema di religiosi imbroglioni e allupati: il pope malandrino nella steppa russa, zi’ monaco gaudente nelle vigne irpine. Dove il sesso in versione popolare diventa pure occasione di

rivalsa per il cafone ritenuto tonto (il Chiochiaro) che giace con la duchessa e cornifica il duca.

Linguaggio crudo, oscenità sboccata. “Futtinenove”, “Fessastorta”, “’O passaprurito”, “La cipodda r’ re monache” sono tra i racconti tramandati durante i lavori nei campi o i bivacchi dei pecorai. Storielle, motti di spirito. Memoria arcaica di una civiltà agro-pastorale al tramonto, che in Irpinia ha salde radici. Aniello Russo si immerse con scrupolo e passione in quel mondo.

Scrisse varie cose, tra cui una grammatica dei dialetti dell’Alta Valle del Calore. Si divertì ricercando e studiando, ci diverte con le pagine che ha lasciato.

Francesco Romanetti -Il Mattino 19-04-2023

Aniello Russoil mattinoil novellinorecensione