La morte di un amico …

di Alfonso Nigro

Avrà gli occhi la morte? Certo li avrà.
Ma non saranno occhi azzurri, occhi verdi o neri.
Avrà i capelli la morte? Si certamente,
Ma non saranno capelli biondi o neri.
La morte avrà gli occhi di nessun colore
e i capelli di vento.

Viviamo come se essa non ci riguardasse personalmente, come se non facesse parte della nostra esistenza ma di quella degli altri, talché quando vilmente ci coglie alla sprovvista, portandosi via un familiare o un amico, ci devasta l’animo e ci lascia soli con il nostro destino, scritto già dal momento che siamo nati.

Ricevere la notizia che un caro amico ci ha lasciato ci sgomenta, ci annichilisce, ci estranea dalla realtà e sembra, a primo acchito, che tutto si fermi, che nulla cambi, che puoi ancora percepire la sua presenza, ma quando poi si consolida la consapevolezza della sua inesistenza, che non potrai più parlargli, incrociare il suo sguardo e sorridergli, repentini, dal ripostiglio polveroso della tua memoria, in cui giacevano accantonati e dimenticati, affiorano alla tua mente, miracolosamente vividi, scorci di vita vissuti insieme, piacevoli o meno piacevoli, paure e gioie condivise, fatti e aneddoti che lo hanno riguardato…. e ti assale una tristezza disperante e una struggente malinconia del passato.

Allora, involontariamente, si forma in te la convinzione di essere rimasto l’ultimo sopravvissuto, mentre ti prende il panico e l’angoscia che tra un giorno, un mese o un anno, toccherà a te; inconsciamente scatta in te il meccanismo della rimozione della drammaticità e dell’insensatezza della vita e la negazione auto-protettrice della realtà incombente. Inutilmente, perché da questo momento la tua vita non sarà più come prima, ma accompagnata dalla mancanza di qualcosa indefinibile.

La morte di un amico rafforza in te un sentimento di rabbia impotente e di estraneità al mondo in cui vivi, che è di tutti ma non è il tuo; esso appartiene al passato, di cui già fa parte il tuo presente e il futuro ti si presenta vuoto, buio, freddo, in cui sei una entità astratta, assente che già fa parte del tuo passato.

E’ passata di qua.
Ho sentito i suoi passi.
E’ entrata senza bussare
Ed è uscita senza chiedere scusa.
Svelto mi sono rincantucciato in un angolo
e per non farmi vedere mi sono fatto piccino, piccino,
ma lei ha scosso il capo.
La morte arriva carica di catene
Come un galeotto desideroso di vendetta
E testimonia col suo sferragliare l’impotenza di Dio.

Alfonso Nigro


P.S. La parte in corsivo, contestualizzata, è tratta dalle raccolte di poesie di Nando.

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