La testa che non parla si chiama zucca

di Mimmo Nigro

Adesione significa partecipazione e non “ingessata” rappresentanza.

Avrei tanto desiderato poter staccare un po’ la spina, anche per ragioni familiari, dopo le scomposte ed isteriche reazioni (fuori contesto) al mio recente articolo sulla genesi che ha portato alla formazione delle liste in campo alle elezioni amministrative di giugno. Le garbate critiche dell’amico Ernesto Dell’Angelo mi obbligano, però, di nuovo ad intervenire.

Proverò a spiegare, dal mio punto di vista, alcune questioni sollevate.

Più di 10 anni fa ho aderito convintamente all’iniziativa che ha portato alla nascita del Circolo PT39 perché ritenevo che il “laboratorio” che andavamo a costituire, trasversale ai partiti, potesse favorire quella sana dialettica tra società civile, movimenti politici e altre associazioni di cui il nostro paese aveva tanto bisogno per tentare di uscire dal pantano politico e culturale in cui eravamo, e forse siamo ancora oggi, sprofondati.

La mia adesione voleva essere di partecipazione attiva, di attento uditore delle argomentazioni altrui ma anche di rappresentazione e rivelazione del mio personale punto di vista. Utilizzando una metafora calcistica, volevo essere, così come tutti gli altri associati, della partita: un giocatore in campo e non una simbolica figura di rappresentanza o un anonimo spettatore in tribuna.

In coerenza con gli intendimenti iniziali, in tutti questi anni ho molto ascoltato, ho tanto letto, ma ho anche espresso in diverse circostanze il mio punto di vista, finanche, e forse soprattutto, su tematiche politico-amministrative che hanno riguardato la nostra comunità. E questo è avvenuto, in un modo o nell’altro, sempre ricoprendo un ruolo di “rappresentanza” all’interno del Circolo: presidente, componente del direttivo, amministratore del sito web.

Scoprire solo adesso, all’undicesimo anno di vita dell’associazione, che l’opinione di chi amministra (solo “tecnicamente”) il sito web potrebbe essere confusa «dalle masse» con l’orientamento del Circolo, scomodando addirittura il principio giuridico della “rappresentanza organica”, appare un’esagerata aberrazione, pretestuosa, che rivela invece una profonda insofferenza – nemmeno tanto velata e condizionata probabilmente da logiche affettive – verso le opinioni che non sono in sintonia con le proprie. Le persone che ci seguono sono molto più attente e avvedute di quanto noi possiamo pensare o immaginare. Non si lasciano facilmente “infinocchiare” da escamotage di basso profilo e sanno ben valutare e distinguere le notizie dai comunicati e dalle opinioni personali.

In tutta questa faccenda appare difficile mantenere equilibrio e razionalità quando si indossa la casacca del tifoso. Ed in questo momento, dispiace dirlo, nonostante le elezioni amministrative siano state archiviate, ci si continua a comportare e a ragionare da ultrà. Le stesse persone che hanno oggi gridato allo scandalo, ovvero alla presenza nel Circolo di “arbitri-giocatori” che hanno tentato di condizionare la competizione elettorale, nel recente passato si sono invece più volte affrettate a complimentarsi con quegli stessi “rappresentanti” del Circolo che attaccavano/criticavano la parte politica avversa. Anche in questo, tal signori, hanno dimostrato e confermato che il “decoro” e la “coerenza” non sono  valori che gli appartengono.

Perché ho scritto quell’editoriale? L’ho fatto per senso civico, per vicinanza ad una certa area politica (sembrerà strano per qualcuno, ma è così), perché ho avvertito il dovere di dare voce a tanti concittadini che, come me, si sono sentiti traditi e delusi da persone che si credeva avessero la loro, e la mia, stessa sensibilità etica e morale. Le parole hanno un senso solo se nel corso del tempo sono in armonia con i comportamenti. Lor signori si sono invece dimostrati dei mediocri ventriloqui, con parole, movenze e azioni sconnesse tra loro. Vi invito a rileggerlo quell’articolo (“Superato anche il limite della in-decenza”): non è inopportuno (tutt’altro, prova ad aprire un confronto in campagna elettorale), non è sopra le righe (c’è soltanto una esplicita e argomentata accusa di incoerenza politica), non è allusivo (c’è l’identikit chiaro e preciso delle persone che si sono macchiate di questa onta). E soprattutto non è stato un “colpo basso”: è stato pubblicato a quindici giorni dalle elezioni, il 27 maggio 2018, ovvero un tempo più che sufficiente per provare a prendere carta penna e calamaio (tradotto: inviare una email) e replicare nel merito alle accuse mosse. Il fatto che non abbiano “formalizzato” una replica la dice lunga su come certe persone siano normalmente abituate a muoversi: sotto traccia e nel torbido. Antesignani, prima ancora di Luigi Di Maio (M5S), della politica dei due (ma anche tre, quattro, cinque) forni.

A chi ha giovato quell’articolo? Non so se ha penalizzato una delle due liste in campo e non so nemmeno se ha inficiato l’immagine del Circolo. So di certo, però, che ha rivelato alla comunità il vero volto di certi (equivoci) personaggi.

Un associato

Mimmo Nigro

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P.S. Aver contribuito, insieme ad altri, alla “fabbricazione” di questa piattaforma non significa essere autorizzati a silenziare le persone o portarsi, come fanno i bambini capricciosi, il pallone a casa. Significa invece accettare, con coraggio, la sfida del confronto dialettico facendo leva soltanto sulla bontà delle proprie argomentazioni e senza l’ossessione di voler continuatamente “pesare” spazio e tempo che l’avversario si è potuto ritagliare dal pulpito (anche denigrato e oltraggiato) di PT39.

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