Le rovine di un gratale, testimoni silenziose di un passato perduto che non dobbiamo dimenticare

di Angelo Capone (a.c@pone)

Che malinconia vedere questo vecchio “gratale”, un tempo cuore pulsante della vita rurale di paese, ora ridotto a un rudere silenzioso e un cumulo di macerie, abbandonato all’incuria degli uomini e del tempo. Le sue mura, un tempo scrigno di storie, di vita e di lavoro, ora sono ferite profonde che raccontano di un passato perduto e dimenticato. I ricordi emergono come spifferi tra le rovine, sussurrando di mani forti e callose che giravano le castagne, del crepitio del fuoco che riscaldava l’ambiente e le faceva seccare, del fumo che invadeva ogni angolo della casa. Il vociare dei componenti della famiglia si mescolava al profumo delle caldarroste o del pane appena sfornato, creando un’atmosfera di gioia e di convivialità che si dissolveva nel buio della sera a lume di candela, vicino al focolare, seduti tutti davanti al tavolo per cenare.

Ora, di quell’antico splendore non rimane che un fantasma silenzioso. Le sue mura, un tempo robuste e possenti, ora sono screpolate e ricoperte di muschio ed erbacce, testimoni silenziosi del tempo che passa inesorabile. Le stanze, un tempo piene di vita, ora quasi non esistono più, mentre il tetto crollato lascia intravedere il cielo. Il “gratale” ora rappresenta un simbolo della decadenza e dell’abbandono di molte aree rurali del paese. In un mondo sempre più urbanizzato, la sua rovina ci ricorda l’importanza di preservare le nostre tradizioni e le nostre radici, prima che scompaiano per sempre con le nostre origini, i nostri usi e costumi. È fondamentale non perdere il contatto con la terra e con i suoi frutti affinché non scompaia per sempre nel vortice del progresso e dell’oblio.
Come un sussurro tra le rovine, il “gratale” ci ricorda che il passato è parte di noi e che non dobbiamo dimenticarlo per non morire dentro.
Angelo Capone (a.c@pone)
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