Lionardo “questo chiarissimo ingegno”

Presentazione e nota di Giovanni e Rolisa Corso

Da sempre la nostra storia è stata attraversata da due correnti di pensiero che in qualche modo ne hanno influenzato il suo decorso: i conservatori, ovvero detti anche tradizionalisti, e i progressisti. I primi di sovente si presentano nostalgici e avversi a qualsiasi cambiamento, con atteggiamento a tratti farisaico, si erigono a giudici supremi e vorrebbero fissare il tempo per rivivere il passato nel presente, purtroppo in modo anacronistico, perchè è evidente che i tempi moderni sono diversi e cambiano, e sarebbe ridicolo andare in carrozza quando tra le nostre strade sfrecciano Ferrari e Lamborghini. Sono quelli che il caro Papa Giovanni XXII definì “profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”.

I secondi d’altro canto spesso saccenti e sprezzanti rinnegano il passato come ormai “roba vecchia”, inutile e anzi dannosa per il progresso delle scienze. Sono costoro gli aridi di sapienza e di cuore. Possiamo ben comprendere che questi due estremismi alla infine chiudono il cerchio e convergono sulle stesse negative posizioni.

Tra queste due “fazioni” c’è il pensiero trasversale illuminato che trae le conoscenze dall’antico (senza rinnegarlo o deriderlo) per far emergere le nuove scoperte per il bene e il progresso dell’umanità. Ecco, sant’Agostino diceva novum in vetere latet, vetus in novo patet, ovvero il nuovo è nascosto nell’antico, mentre l’antico è svelato nel nuovo. Il nostro caro Lionardo giaceva proprio qui con la sua corrente di pensiero moderna e trasversale. 

Era usanza nell’800 scrivere degli opuscoli sugli uomini illustri, Giuseppe Boccanera da Macerata ne scrisse proprio uno a riguardo nel 1826 su “Leonardo Da Capua”. Ho avuto modo di trovare in una libreria napoletana questo piccolo tesoro che conservo gelosamente in famiglia.

In questo opuscolo Lionardo era descritto come un uomo mite che tutto sapeva delle cose del mondo e non. Censurato dai conservatori del tempo come “ignorante, superbo, niquitoso, ed anche ateista”. Tuttavia Lionardo rispondeva con la sua “soavità di costume”, come Socrate “sprezzava i suoi avversari con rara sublimità di animo” e Lionardo “rise delle ingiuste censure” dicendo come Socrate stesso: hoc unum scio, quod nihil scio, questo solo io so, che non so niente.

Lionardo aveva un pensiero illuminato trasversale, intelligente, “ogni libro leggeva”. “Fu nelle maniere cortese, praticava tutte le virtù filosofiche e cristiane. Di natura benigna, e di carattere modestissimo. Pazientissimo nel subire le offese”. Traeva qualcosa di buono da tutto quello che leggeva. La cultura e le conoscenze del nostro Lionardo erano fuor di dubbio oltre la media del tempo e questo è noto, ma forse la cosa che più colpisce è il suo carattere sereno, la sua mansuetudine, la sua sapientia cordis, che hanno reso autentico il suo genio.  

“Dall’oscurità di un ignobile villaggio* di Principato Ultra emerse uno de’ più grandi uomini del suo secolo”

Buona lettura!

Dr. Giovanni Corso


*Il concetto “ignobile villaggio potrebbe sembrare dispregiativo, ma si tratta di un latinismo. Il dizionario Treccani definisce quanto segue: “dal lat. ignobĭlis, in origine «sconosciuto; non distinto; comune»”.


Lionardo “questo chiarissimo ingegno”

Leonardo Da Capua

Medico e Filosofo 

Nacque nella Terra di Bagnoli in Principato Ulteriore nel 1618 e morì verso il 1682 di anni 65. 

Nacque questo chiarissimo ingegno nel 1617 di onestissimi parenti. La sua educazione fu nel principio opera sua, giacchè mortogli il padre e la madre e molti suoi fratelli de’ quali il minimo egli era, e privo in conseguenza di ogni stimolo al ben fare: da se stesso, come chè non avesse undici anni, nei libri apparò i misteri di nostra fede e il latinamente scrivere e favellare. Ma poco dappoi a Napoli si portò e nelle scuole de’ Gesuiti per sette anni si applicò nello studio di filosofia e teologia. Diessi quindi ad apparare ragion civile, e con sommo ardore, sotto eccellenti maestri. Ma consigliato a volgersi agli studi di medicina, sotto Luigi di Grazia, rinomatissimo fisiologo, si pose a studiare. E da se stesso, nel ventunesimo anno di sua età, ed apprendere la Greca lingua si volse, e le matematiche discipline.

Ritiratosi nell’età di ventitré anni nella solitudine della sua patria, a notomizzare di continuo le membra degli animali di spezie diverse si occupava; queste osservazioni il confermavano nel parere, che sulla medicina egli aveva portato, essere cioè dubbiosa ed incerta.

Mal si apporrebbe colui, che si stimasse il nostro Lionardo essersi soltanto occupato nelle medicine scienze, durante gli anni suoi giovanili, poiché buon poeta egli fu e tennesi lontano nello scrivere dal gusto depravato dell’età sua, imitando il dolce e sentenzioso poetare di Francesco Petrarca e de’ suoi più valenti imitatori Casa e Costanzo. Compose per anco alcune commedie, siccome Giovanni Della Porta, di veneri platine tutte ripiene. E molte lezioni accademiche avea composte in cui molti luoghi oscuri e di difficile interpretazione che conteneasi ne’ Greci e latini scrittori spose e richiamò.

Avendo adunque risoluto di consegnare alle stampe questi suoi componimenti, partissi da Bagnoli per Napoli con seco tutti i suoi manoscritti. Ma assalito per via da alcuni fuoriusciti il danajo che aveva e le robe tutte gli tolsero e le sue opere lagrimevolissima perdita per le lettere napolitane. Dopo alcuni anni, tornato in Napoli egli intieramente negli studi di filosofia e medicina s’immerse, volgendo le spalle alle amene lettere. Strinse allora amicizia con il Severino e lo Schipani, e spezialmente con il Cornelio, dottissimi uomini di quell’età.

Veggendo dappoi il Lionardo la libertà di filosofare introdotta in Francia da Cartesio e Fassendi; in Inghilterra da Bacone, da Obbes, da Boyle, nell’Italia superiore dal Galilei, e nel Regno di Napoli dagli sforzi di Telesio, di Campanella, di Dalla Porta, venne in pensiero di formare un adunanza di uomini dotti per dare opera alla buona filosofia. E stabilita fu cotale adunanza sotto il nome d’Investigati in casa del marchese di Arena, ascrivendosi a questa l’immortale Gianalfonso Borelli, Francesco d’ Andrea, Gianbattista Capucci, il Lizzardi, il Buragna ed altrestali.

Il nostro filosofo pronunziò in essa molte lezioni sul caldo e sul freddo, sulla luce e su colori, sull’anima, sul moto, sulla cagione del flesso e riflesso del mare, sulla caduta de gravi, e sulla natura delle mofete.

Tolse in moglie di quarant’anni Annamaria Ocilia nata di famiglia orrevolissima e di gentili e savi costumi. Diessi a leggere in quel tempo ancora filosofia naturale a molti ornati giovani; e venutagli l’occasione di riunire ciò, ch’egli aveva divisato sull’incertezza della scienza medica, pubblicò otto ragionamenti intitolati: parere del sig. Lionardo Di Capua, ecc. Napoli, presso il Bulifon 1681. La Regina Cristina di Svezia, avendo ricevuta quest’ opera se ne compiacque in guisa, che comandò a Lionardo, che come dell’incertezza della medicina parlato aveva, scrivesse altra volta sull’incertezza de’ medicamenti.

Poco dopo stampò le sue Lezioni intorno alla natura della Mofete, ed intitololle alla soprannomata Regina. E nel 1689 aggiunse, giusta gli ordini di lei, agli otto ragionamenti del parere sulla incertezza della medicina tre altri sull’incertezza de’ medicamento. Soffermandosi quindi un poco dagli studi medici scrisse con eloquentissimo stile e con imparzialità, nel 1693, la vita del famoso capitano Andrea Cantelmo de’ Duchi di Popoli.

Né mancò chi con censure non ricercate avvelenar volesse i giorni pacifici del nostro filosofo; poiché uscì in Napoli un libretto intitolato Lettere Apologetiche di Benedetto Aletino: in cui Lionardo veniva trattato d’ignorante, superbo, niquitoso, ed anche ateista. Quantuque questi disprezzasse sommamente cotal libello né si curasse di rispondervi giammai, Costantino Grimaldi valente scienziato di que’ tempi prese la difesa sua, e stampò tre dotti libri, che confusero lo sciagurato satirico, e l’obbligarono al silenzio. Nessuno peò curossi di rispondere alla insulsa critica, che fece il Lavagna al parere sull’incertezza della medicina.

Ma stanco e macero Lionardo da tante letterizie fatiche, e dalla gotta, che lo afflisse per lunga pezza, rese lo spirito al cielo a 17 di giugno 1695, in età di anni 77. Lionardo fu comparato per la sua dottrina, e per la soavità de’ suoi costumi al celebre saggio di Atene. Infatti Laerzio ci narra, che Socrate sprezzava i suoi avversari con rara sublimità di animo; e Lionardo lo imitò, quando rise delle ingiuste censure, che gli fecero il Lavagna, e l’Aletino. Un altro fatto ci dimostra quanto ci seguisse in tutto il sistema di filosofare, che veva Socrate. Un letterato di Lamagna andò a vederlo, ed il pregò, che volesse notare qualche sua bella sentenza in un libretto nel quale il Tedesco registrava quanti detti sentia dagli scienziati, che visitava ne’ suoi viaggi. Risposegli Lionardo, quella aurea sentenza, ch’ era sempre nella bocca di Socrate: hoc unum scio, quod nihil scio.

Ei lasciò molti figliuoli. Fu amato da tutti i letterati del suo tempo, ed ebbe stetta amicizia con molti di loro. Si è veduto quanto lo stimasse La Regina Cristina. Non meno lo amava Francesco Maria Carafa Principe di Belvedere, che lo fece ascrivere all’adunanza degli Arcadi, i quali piansero la sua morte, e commisero che ne scrivessero la vita Nicola Amenta Napolitano, gentile ed onorato spirito. Questa vita fu dal Crescimbenzi col ritratto di Lionardo inserita nelle vite degli Arcadi Illustri Parte 2° ed è un bel monumento innalzato alla sua gloria.

Fu nelle maniere cortese, quant’altri il fosse mai. Praticava tutte le virtù filosofiche e cristiane. Di natura benigna, e si carattere modestissimo. Inclinato naturalmente alla lettura, ogni libro leggeva, e solea dire esservi opera così trista, che ponendola attentamente in disamina non vi si rinvenisse alcuna cosa di buono. Fu pazientissimo nel soffrire le offese, e di somma piacevolezza nel conversare. Laonde in lui fu vista quella riunione così rara della dottrina e della virtù, che pure dovrebbero esser sempre in dolce alleanza nel cuore de’ Dotti.

Mi sia concesso di presentare a’ giovani l’esempio del nostro Filosofo, che dall’oscurità di un ignobile villaggio di Principato Ultra emerse uno de’più grandi uomini del suo secolo. Ma convien rammentarsi:

…… che seggendo piuma

In fama non si vien, ne sotto coltre,

Senza la qual chi sua vita consuma

Cotal vestiglio in terra di se lassa,

Qual fumo in aere, od in acqua la schiuma

(Dante)

Giuseppe Boccanera da Macerata


Commento a margine:

“Sia dato questo, degli uomini illustri, alla posterità: che allo stesso modo in cui le loro esequie sono separate dalle comuni sepolture, così nella narrazione ottengano e conservino una più particolare memoria”  Tacito “Annales” XVI

Dalle incisive parole di Tacito abbiamo il dovere, in qualità di concittadini dell’ illustre Leonardo Di Capua, di celebrare il ricordo di questo medico, scienziato e filosofo, originario di Bagnoli Irpino, bisognerebbe rendere più “viva” la conoscenza di questo personaggio, già dalle scuole primarie, dedicare attività extra-curriculari affinchè i nostri studenti conoscano l’importanza e l’ingegnosità di una figura dall’elegante penna.

Mantenere sempre attuale il ricordo di chi, nel passato, ha onorato il luogo dove viviamo, un ricordo non è fatto e non è dato solamente da statue, targhe e quant’altro, un ricordo vive perché dovrebbe far parte del nostro iter formativo.

Prof.ssa Rolisa Corso

(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2020, anno XIV, n. 6)


L’OPUSCOLO: Lionardo “questo chiarissimo ingegno”

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