L’Irpinia: un territorio magico

di Gino Di Capua

Novembre 1980, un devastante terremoto scuote l’Irpinia… Ancora oggi, 40 anni dopo, questa terra, viene ricordata soprattutto per quei disgraziati minuti e non per il fascino e la bellezza del verde delle sue montagne, degli scorci dei suoi panorami mozzafiato, dai borghi antichi e le sue tradizioni artigianali, dalla eccellente cucina resa ricca da un patrimonio che la natura, benevole, ha saputo mettere a disposizione della sua gente. L’Irpinia oggi è ambasciatrice di cultura, usi e risorse dell’ospitalità, oltreché culla di produzione casearia e vinicola di grande pregio, che la mano dell’uomo ha saputo magnificare.


L’Irpinia e le sue eccellenze più uniche che rare. Appena qualche anno fa, nell’ambito di un concorso nazionale, due Caseifici irpini sono stati premiati tra i migliori formaggi italiani. Il pecorino carmasciano, invecchiato di sei mesi, dell’omonima contrada dalle parti di Rocca San Felice e la crema spalmabile lattica di “Pezzata Rossa”, una razza di mucche di Roccabascerana. Due formaggi nostrani che portano alta la bandiera dell’Irpinia in quasi tutto lo Stivale. Da non dimenticare, comunque il pecorino di laticauda, di Casalbore (prende il nome dall’omonima razza ovina, purtroppo oggi a rischio di estinzione) il caciocavallo, il pecorino di Bagnoli Irpino. Un bel riconoscimento per la nostra terra che vanta una tradizione casearia di grande spessore, ma non ancora completamente valorizzata.

Oltre ai formaggi, che pur essendo una bella realtà nella tradizionale produzione irpina, possiamo appuntarci un altro fiore all’occhiello; un vanto riconosciuto in Italia e nel mondo: i grandi vini. Taurasi, Greco di Tufo e Fiano d’Avellino, oggi ambasciatori enologici inimitabili di un luogo capace di regalare sensazioni, sapori, emozioni, anche ai bevitori più disattenti, sono i tre DOCG di un territorio storico corrispondente alla provincia di Avellino: L’Irpinia. La produzione del vino è una conoscenza antica in Campania. Dei vestigi attestano la coltivazione della vite nella regione di Pompei. Questa coltura era diffusa nella regione già nel III secolo a.C. A quei tempi le viti erano comunemente montate su pali o crescevano tra albicocchi, mandorli e fichi. Oggigiorno la Campania è sempre più spesso ricordata come un’interessante entroterra rurale che ha una vera tradizione vinicola nella provincia di Avellino. Alcuni vitigni, come l’Aglianico a bacche rosse, hanno resistito a oltre 2000 anni, avendo trovato nel nostro territorio un microclima ideale, una terra accogliente e sapienti mani da poterli lavorare. L’Irpinia è una zona molto soleggiata, con estati calde e secche e inverni miti che favoriscono un lungo periodo di maturazione delle uve. I venti freschi del Mediterraneo e dell’Appennino moderano il clima e permettono ai frutti di trattenere una vivace acidità. Questa diversità di territorio irpino, è il più ricco di vini DOCG fra tutti i suoi vicini meridionali.  Purtroppo, la produzione di questo nettare di grande qualità, rimane limitato da non poter esaudire le tante richieste provenienti dall’Italia e dall’estero. Impossibile, quindi, competere in quantità rispetto alle cifre gigantesche di altre regioni, più a nord dello Stivale. Ma competere in qualità si! Ogni vino dalla Denominazione di Origine Controllata e Garantita, della nostra Irpinia, è l’espressione diretta di particolari elementi caratteristici e precipui, della storia e delle tradizioni specifiche del territorio.

Il Taurasi

L’Aglianico è il vitigno aristocratico locale che ha la particolarità di essere una delle grandi uve floreali italiane a bacca rossa. Con queste uve che i produttori campani realizzano il vino Taurasi, prodotto nell’omonimo comune Irpino, corposo, tannico e dall’elevata acidità. Il primo vino del sud Italia cui è stata conferito la DOCG. La sua pienezza, e, grazie a un suo potenziale invecchiamento, che il Taurasi è stato soprannominato a giusto titolo “il Barolo del Sud”, al cui “omonimo” piemontese non ha niente da invidiare. Il Taurasi deve riposare tre anni in botti di rovere, prima di essere immesso sul mercato: il tempo di sviluppare note di mora e amarena. Se tale periodo viene esteso a quattro anni, potrà conseguire la denominazione “Riserva”. Nelle sue migliori annate, il “Barolo del Sud”, il nostro Taurasi invecchiando acquista sorprendenti profumi di violetta. Una delizia per le papille dei fortunati bevitori. Gli altri rinomati vini campani a denominazione DOCG, Greco di Tufo e Fiano d’Avellino adagiati anche loro sulle colline irpine, sono ottenuti rispettivamente dai vitigni a bacca bianca, Greco e Fiano. Dalla fine degli anni 90 i vini bianchi irpini hanno conosciuto una vera e propria rivoluzione.

Gino Di Capua

(da Fuori dalla Rete, Novembre 2020, anno XIV, n. 5)

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