PNSD: Piano Nazionale Scuola Digitale

di Luciano Arciuolo

Sul PNSD il Ministero dell’Istruzione, con la cosiddetta legge sulla Buona Scuola, ha stanziato 1 miliardo di euro. E,  qualche mese fa, aveva già speso 500 milioni. Il fatto è che, mentre il Piano pretende di correre verso il futuro, la Scuola italiana corre verso il passato. Gli studenti appartenenti a famiglie disagiate della Sicilia, ad esempio, ricevono il contributo per l’acquisto dei libri di testo con tre anni di ritardo. Quelli della Campania se la cavano con due. Però noi abbiamo il PNSD che prevede formazione , registro elettronico e segreteria digitale (con quali soldi, visto che il loro costo è di almeno 2.000 euro l’anno, da pagare peraltro a una delle sole due aziende che monopolizzano il settore?), animatore digitale in ogni Scuola (chi lo paga?), cablaggio interno in tutti gli Istituti con fondi PON, conservazione documenti digitali.

A proposito di cablaggio: il finanziamento massimo è stato di 18.500 euro per Scuola. L’Istituto “Kennedy” di Nusco, Bagnoli e Castelfranci, ad esempio, ha undici plessi; con 18.500 euro e tanti miracoli ne ha cablato tre: come fare con gli altri otto? E senza banda larga a che serve il cablaggio? E poi: i lavori sono stati appaltati con convenzione della Consip (quella finita sotto la lente di ingrandimento della Magistratura) a Telecom. Tutti, in tutta Italia. Con il risultato che Telecom ha dovuto sub-appaltare e sub-sub-appaltare, con ritardi enormi sulla esecuzione dei lavori ( fino a più di un anno) e la necessità, per il Ministero, di concedere quattro o cinque proroghe per la realizzazione delle opere. Io penso che ogni Scuola avrebbe speso, per le stesse opere, molto di meno e in tempi minori. E non avrebbe avuto l’obbligo, previsto dalla convenzione, di affidare per due anni l’assistenza a Telecom che, come è noto, spesso sembra un gigante con i piedi di argilla.

Ma il PNSD, ad esempio, prevedeva anche altro, almeno nelle intenzioni dell’allora sottosegretario Faraone: le politiche attive di BYOD (Bring Your Own Device). Si tratta, in sostanza, di fare lezione con i cellulari portati dagli alunni. In molte scuole, a seguito di una circolare del 2007 dell’allora ministro Fioroni mai abrogata, l’uso del cellulare è ancora vietato. Ora, magari, toccherà dire agli studenti che non solo il cellulare non è più vietato, ma che, anzi, è diventato obbligatorio? Quando qualche Dirigente Scolastico ha espresso le sue perplessità gli è stato consigliato l’acquisto di un firewall, per evitare che gli alunni usassero il cellulare in modo improprio. Nessuno, però, è stato capace di indicargli con quali soldi  fornire di firewall tutti  i plessi della sua scuola. E poi: poco fa dicevamo che il contributo per i libri di testo della Scuola Secondaria arriva con anni di ritardo. Per questo in molti Istituti della Campania, della Sicilia, della Calabria gli studenti semplicemente non hanno i libri di testo: possiamo pretendere da questi che comprino e portino a Scuola un cellulare di ultima generazione?

Vale allora, probabilmente, la classica considerazione sui fichi secchi per le nozze. Ma a me viene in mente anche un’altra immagine: quella di Totò e del suo vestito della domenica, con la camicia che, sotto la giacca, era costituita solo da un colletto e da due pezzi di manica …

L’importante insomma, in questi anni, è stato trasmettere l’immagine di una Scuola al passo con i tempi e riformata, con docenti pagati meglio, presidi-sceriffo, Piano Nazionale Scuola Digitale …

Chiacchiere e qualche slide, insomma. E, sotto la giacca, pezzi sparsi di camicia.