Schiaffi, pugni e coltellate per i docenti

di Luciano Arciuolo

Elenchiamo alcuni episodi delle ultime settimane (da aggiungere agli ultimi di Cesena e Sondrio):

  • 12.2017: A Treviso un genitore prende a schiaffi un insegnante reo di aver rimproverato il figlio;
  • 1.2018: In provincia di Caserta uno studente diciassettenne sfregia con un coltello una docente che pretendeva addirittura di interrogarlo;
  • 2.2018: A Foggia il vicepreside di una Scuola Media è picchiato dai genitori di uno studente, rimproverato perché dava fastidio ai compagni di classe;
  • 2.2018: A Piacenza un alunno di Prima Media manda al pronto soccorso una insegnante.

E’ un vero e proprio allarme sociale. E fanno bene i docenti a preoccuparsi seriamente per la propria incolumità fisica.

Diciamoci la verità: mettere al mondo dei figli è una cosa (fin troppo facile). Fare il genitore è tutta un’altra storia, molto più impegnativa e che non tutti sono capaci di gestire.

Io credo che, a prescindere dall’incapacità di certe persone di svolgere bene il proprio ruolo genitoriale, dietro questi episodi sempre più frequenti, e inimmaginabili fino a qualche anno fa, ci sia dell’altro: non tanto la mancanza di rispetto per la figura dell’insegnante, quanto l’assenza di considerazione per la cultura, per il sapere, per lo studio.

La Scuola, in questo, registra fedelmente la realtà attuale, nella quale la famiglia ha perso affidabilità, ha smesso di essere un modello. Non solo: l’unico valore che i nostri ragazzi riconoscono è quello economico. La cultura, il sapere e lo studio, appunto, non sono più considerati indispensabili, né i ragazzi vedono in essi l’unico, vero ascensore sociale, capace di migliorare la vita delle persone. Ai docenti, di conseguenza, non si riconosce più autorità, autorevolezza, ruolo. Essi, anzi, sono considerati per lo più dei fannulloni e degli incapaci e questo messaggio arriva agli studenti soprattutto nelle famiglie, dove i professori sono oggetto di valutazioni spesso irripetibili.

Quando il sistema scuola di una nazione viene così pesantemente messo in discussione; quando chi insegna è oggetto non solo di sberleffi (sui social succede ogni giorno) ma addirittura di schiaffi, calci, pugni e coltellate, questa nazione è arrivata al capolinea, almeno per quanto riguarda il suo futuro come comunità e come sistema funzionale di relazioni umane e sociali.

Conosco genitori (e fortunatamente sono la maggioranza) che affiancano con passione i docenti nel loro lavoro; che partecipano attivamente alle iniziative che la scuola offre; che sono sempre pronti a dare una mano, quando se ne dà loro la possibilità.

Ma conosco anche genitori che non sanno neppure quale classe frequentino i loro figli; che pur di liberarsi di essi li mandano a scuola anche con la febbre a quaranta; che non li accompagnano alle lezioni perché non ne conoscono gli orari; che quando sono convocati per comunicazioni non si presentano mai; che pretendono di decidere cosa e come insegnare. I violenti sono quasi sempre genitori di questa specie.

Ebbene: l’unico modo di aiutare questi famiglie (e i loro figli) è quello di segnalarle ai servizi sociali o alle forze dell’ordine. Questo è ciò che la società dovrebbe veramente chiedere alla scuola.

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