Via inquinamento e rumori molesti dal Laceno

di Antonio Cella

Spesso mi capita di imbattermi, nelle mie scorribande solipsiste sul Laceno, in automobili in “tuta mimetica”, privi di targa, che sfrecciano sull’anello di asfalto a velocità pazzesca. E spesso mi sono chiesto chi fossero, da dove venissero e perché? E mi sono anche chiesto se i “conducator” della nostra comunità (Sindaco, Giunta e Minoranza compresa) avessero contezza della loro presenza e, se sì, quali provvedimenti abbiano preso o intendano prendere per evitare che l’invasione dei menzionati bolidi roboanti sfoci, prima o poi, in una catastrofe che coinvolga l’incolumità fisica di chi predilige far trekking e di chi necessiti di respirare aria pura a oltre mille metri di altitudine. 

E mi chiedo, altresì, (traslando la domanda alla Sindaca di Bagnoli) la FCA è stata mai autorizzata dal Comune (che non è quello di Maranello) ad effettuare queste “gare” di prova, di efficienza e di velocità delle auto di sua produzione sul nostro Pianoro, che c’invidia mezzo mondo, oppure  trattasi di episodi di assoluto abusivismo rivolti a danno di una località, unica cosa buona che ci resta e ci inorgoglisce, e di tutti gli amanti della montagna? 

Gli stabilimenti automobilistici di Pomigliano D’Arco, di Melfi e forse anche di Cassino sono stati autorizzati alle scorribande di che trattasi? Pagano qualche tariffa per l’accesso?  

Non credo proprio che la FCA paghi!

Non sono mai sazi, gli Agnelli, che per decine di anni hanno “depredato” le casse   dello Stato da cui, come asserisce Diego Della Valle, hanno ricevuto tanti, tantissimi, sicuramente troppi aiuti finanziari: affaristi! (l’iperbole non sottintende la provocazione, è d’obbligo). Qualcuno mi dirà: “Parli da comunista”. Ed è la verità! Una cosa è parlarne altra cosa è esserlo. E, con me, sono d’accordo buona parte dei big politici italiani, quelli di sinistra, ovviamente.

Qualche giorno fa l’F.C.A. ha chiesto allo Stato Italiano e per esso alla Cassa Depositi e Prestiti un aiuto di 6,3 miliardi di euro per finanziare le sue attività in Italia (sostegno della filiera dell’automobile in Italia) sia per spese relative al personale impiegato negli stabilimenti e nei centri di sviluppo italiani di FCA che per il pagamento dei suoi fornitori. Ma, come si fa? Un’Azienda che chiede ingenti finanziamenti allo Stato, il minimo che possa fare è quello di riportare le sue Sedi in Italia (ora, in Olanda e Regno Unito) e pagare in loco la gran parte delle uscite finanziarie del nuovo gruppo ex FIAT che, tra l’altro, ingloba nello stesso acronimo una società d’oltralpe che controlla Peugeot e Citroen per conto di azionisti francesi, che proprio non meritano di vedere in rialzo le loro azioni.

Gli Agnelli sono esseri a sangue freddo. Non guardano in faccia a nessuno.  Ne è esempio palmare il defenestramento, o, in forma più elegante, l’esonero lampante dell’allenatore della Juve, gioiello di famiglia: l’anziano Maurizio Sarri. Per loro esiste solo il dio denaro e, quando le difficoltà incombono, appena si accorgono che le cose si mettono male, fanno immediatamente ricorso ad un escamotage antico, fiore all’occhiello del Senatore Giovanni Agnelli, fondatore della FIAT, la Cassa Integrazione Guadagni.

Cassa integrazione significa che i lavoratori restano a casa. E i loro stipendi, sia pur dimezzati, non li paga più l’Azienda, ma l’INPS, prendendoli da un fondo rimpinguato ogni mese dai versamenti dei dipendenti e di tutte le imprese italiane.

Anche in questo modo la collettività ha sempre finanziato la FIAT.

In Italia, la FCA ha un fatturato di circa il 25% del gruppo. A produrlo, è la speranza e il sudore di 55 mila operai sparsi in 16 stabilimenti che, quando tutto va bene, lavorano un paio di settimane al mese.

Antonio Cella

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