Eri un mio amico

Spinea (VE), 29 settembre 2025 – L’ultimo saluto a Gennaro Cucciniello

Caro Gennaro,

sei andato via, come tu hai scelto di farlo, «con dignità, serietà e serenità» ma lasciando in tutti noi un opprimente vuoto e malinconica tristezza. Ci siamo conosciuti nell’estate del 2007 condividendo un’idea, probabilmente un’utopia, dalla quale è poi nata l’associazione “Palazzo Tenta 39”. Un progetto culturale ambizioso che nel corso degli anni ci ha dato sì tante soddisfazioni e gratificazioni ma anche qualche cocente delusione. Un’associazione che tra tante difficoltà, e grazie alla forza teutonica di alcuni volenterosi amici, sta comunque proseguendo il suo faticoso percorso.

Da allora non ci siamo più persi di vista e abbiamo coltivato e consolidato in tutti questi anni una bella e profonda amicizia. Ricordo con piacere, e ora con nostalgia, le chiacchierate al telefono, le conversazioni nella piazza del nostro amato borgo, le passeggiate in montagna in una full immersion di ragionamenti e analisi tra le suggestive faggete del Laceno. Ogni volta mi stupivano la tua grazia oratoria, le tue inesauribili conoscenze e competenze, il tuo sforzo sincero di capire, tra mille dubbi e perplessità attraverso la lettura e l’approfondimento quotidiano, le inquietanti vicende legate alla nostra attualità. L’amore sconfinato per la storia, l’arte e la letteratura hanno rappresentato per te un approdo sicuro dove a volte rifugiarti per staccare la spina dalle crudeltà di questo mondo. In una delle nostre ultime passeggiate mi hai recitato a memoria, e con trasporto fanciullesco, L’Infinito di Leopardi. Provo ancora i brividi nel ripensare a quel momento.

Sapevi stare in compagnia in maniera conviviale, parlare anche con leggerezza di tutto e di più, di sport, di calcio, della tua amata Juventus. Fuor dalle apparenze non eri saccente, supponente. Tutt’altro. Eri una persona umile, sensibile e riflessiva a cui piaceva stare tra la gente, ascoltare le loro storie, i loro racconti, commuoversi, e non rassegnarsi, di fronte alle ingiustizie e angherie subite dai più deboli e fragili del nostro tempo.

Allo stesso modo eri però anche capace di confrontarti autorevolmente nei consessi istituzionali, argomentare con acume e con ardire le tue tesi, le tue opinioni. E lo facevi sempre con sobrietà e serietà, e soprattutto con grande rispetto verso i tuoi interlocutori. Amavi il confronto dialettico anche con persone che la pensavano diversamente da te, provavi fastidio e ripulsa solo verso le persone superficiali, inutilmente chiacchierone, false e incoerenti. Mi hai anche confidato che in gioventù eri forse – inevitabilmente, verrebbe da dire, considerato il contesto e l’età – impregnato di troppa ideologia, utopia, e questo ti avrebbe portato a commettere degli errori, a prendere in alcune circostanze decisioni (oggi) incomprensibili. Non ti sei mai perdonato, ad esempio, e hai chiesto mille volte scusa per questo a Luisa, di non aver voluto celebrare il “vostro” matrimonio nella chiesetta campestre di Belforte, il paese natio di Luisa, a cui lei teneva tantissimo.

Con la tua lettera d’addio ci hai raccontato tutto di te, del tuo grande amore per Luisa, una moderna dolce e intensa storia di impronta shakespeariana, e del tuo qualificante ed entusiasmante percorso di vita. Una lettera bellissima, che una tua amica, ex alunna, sui social ha correttamente definito «la tua ultima lezione di vita, di morte e di rinascita». Sei stato un mio amico e ne sono profondamente orgoglioso. Mi mancherai molto. Spero che un giorno, quando anch’io dovrò percorrere il fiume del trapasso, ci incontreremo di nuovo in quell’infinito spazio di pace e di luce che è l’Universo.

Mimmo Nigro

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