Fabio “lo zoppo” e l’enigmatica iscrizione sull’architrave di Palazzo Gargano
di Giovanni Labbiento
ISCRIZIONE SULL’ARCHITRAVE IN PIETRA DEL PALAZZO ACQUISITO E RINNOVATO NEL 1592
DAI GARGANO IN PIAZZA L. DI CAPUA IN BAGNOLI IRPINO
La piazza Leonardo Di Capua, comunemente conosciuta come “la Chiazza” in lingua bagnolese, incominciò ad essere un luogo centrale e di prestigio solamente verso la fine del 1400/inizio 1500. Dice il Sanduzzi nelle sue “Memorie storiche di Bagnoli Irpino” (1) e cito: “… e forse nella fine del secolo, di cui discorriamo (cioè il secolo XV) si aprirono nuove strade di comunicazione nel paese, come quella detta Selice, che portava al costruito convento domenicano, quella denominata Vignarotta (ora Gargano) che comunicava col nuovo rione detto Casale Nuovo (Via Ronca/Cestaro), ed infine la strada denominata dei Gagnisi, ora Anisio …
L’attuale piazza Leonardo Di Capua non era ancora sistemata nello stato presente, né erano sorte abitazioni intorno ad essa, che veniva chiamata il Piano per la sua forma, e forse in essa vi era qualche tugurio soltanto, ma quando i feudatari (i Cavaniglia) stimarono costruire per loro l’attuale palazzo Sanduzzi (proprietario nel 1925, anno della pubblicazione delle Memorie), cominciò a prendere il sito l’aspetto attuale.”
Il Bucci nel suo libro “Bagnoli Irpino e le sue opere d’arti “ (Tip. Copperi & Co. – Firenze – 1947) (2) afferma che tale palazzo passò poco dopo alla famiglia dei Gargano ed infine a quella dei Sanduzzi. Al giorno d’oggi il Palazzo è suddiviso in vari appartamenti e locali commerciali che sono in mano a diversi proprietari privati (condomini).
Dunque, il “Piano” assunse la forma attuale col passare degli anni e la continua espansione del paese. Già alla fine del 1600/inizio 1700 era chiamato “Piazza Grande”, mentre fino allora l’originale Piazza punto di riunione del Parlamento, situata nei pressi della fontana del Gavitone (Va-v’-tónu) e Torre dell’orologio, divenne Piazza Piccola. Vedere la litografia dell’Abate G.D. Pacichelli nella Parte Prima della sua opera “Il Regno di Napoli in Prospettiva” – ed. 1703 (3).
Come già menzionato, il palazzo costruito all’inizio del secolo dai Conti Cavaniglia fu venduto dai loro eredi e acquistato da un nobile appartenente a, e rappresentante della famiglia dei “Gargano”: Fabio Gargano (Fabius Garganus), detto “lu Zuóppu” (lo Zoppo), shcanginòmu, usato come afferma il Sanduzzi, per distinguerlo da altri omonimi dello stesso gruppo.
I Gargano di Bagnoli erano venuti dalla Puglia dove possedevano estesi terreni e un latifondo chiamato “La Stornarella”. In Bagnoli essi possedevano vari beni immobili e numerosi armenti che d’inverno facevano pascolare nei loro terreni in Puglia. Alla fine del ‘500, Fabio Gargano, che rappresentava questa nobile, ricca e illustre famiglia, fu anche sindaco in quel periodo.
La “Vignarotta” fu in seguito nominata “Via Gargano” per onorare tale famiglia e i suoi componenti illustri. Il palazzo ha una grande importanza storica e, unico nella Piazza Grande, porta una grande iscrizione ben conservata che scorre lungo l’architrave del palazzo su cui è conservata: “FABIUS GARGANUS A FUNDAMENTIS RENOVAVIT A.D. MDXCII AC IIS QUE ES OI^A TE TIBI DABIT” seguita dallo stemma che rappresenta un animale che, io credo, sia una lucertola.
Spiegherò il perché della mia ipotesi di “lucertola” più in là.
Tale iscrizione mi ha sempre affascinato fin da piccolo. Già durante i miei primi anni di immersione nel latino prima nel Seminario Vescovile di Nusco con don Remigio, parroco di Ponteromito, poi con l’illustre prof. Raffaele Sichinolfi, ed infine col grande don Giuseppe Passaro (storico e cultore di lingue classiche – parlava greco antico e latino meglio che l’italiano), e dopo nell’Istituto Magistrale “Alfano I” in quel di Pastena (Salerno) col prof. Tucci, cercai di tradurla.
Come approfondivo il suo studio, tale iscrizione mi affascinava sempre di più. La prima parte è di facile comprensione, ma la seconda parte è stata sempre un enigma per tutti quelli che si sono cimentati a offrire una traduzione. Le parole soggette a interpretazione sono: “AC IIS”, “QUE ES” e la contratta . “OI^A” .
Qualche settimana fa ho ritrovato le mie note dei vari tentativi di quell’epoca, e con l’aiuto di fotografie dettagliate fatte negli ultimi anni ho cercato di capirne il significato pienamente.
Iscrizione Architrave del Palazzo Acquisito e Rinnovato nel 1592 da Fabio Gargano in Piazza L. Di Capua – Giovanni Labbiento, Laval, QC, Canada
Ecco il risultato della mia interpretazione:
“FABIO GARGANO RINNOVÒ NELL’ANNO DEL SIGNORE MDXCII (1592) QUESTA PREGEVOLE (CONSPICUAM) DIMORA (DOMUS) PER SÉ, PER I SUOI E PER TUTTI GLI AMICI DALLE FONDAMENTA (IN SÙ) – E INOLTRE, NELLO STESSO TEMPO CHE MANGI CON LORO, EGLI (cioè Fabio Gargano, soggetto in tutta l’iscrizione e quindi del verbo “dabit”) A TE STESSO DARÀ QUALUNQUE COSA (OI^A )” Iscrizione
La prima parte è stata per tutti quelli che si sono cimentati a tradurla sempre chiara e lineare. Ma la seconda parte è restata sempre un mistero. Per di più non ho trovato menzione alcuna dell’ultimo simbolo presente alla fine dell’iscrizione (un animale?). Per la seconda parte nelle ultime settimane ho consultato varie opere classiche, lapidi romane o scritti medievali, mi son servito dell’aiuto del web di vari dizionari Latino-Italiano, e tante altre ricerche varie, e sono arrivato alla conclusione che porta alla mia interpretazione come più sopra.
L’attenzione è stata sulla parte: “… AC IIS QUE ES OI^A TE TIBI DABIT” – SIMBOLO
Con l’aiuto del dizionario Latino “Olivetti, a cura di Enrico Olivetti” (4) ho tradotto “AC” e “QUE” come segue:
“AC” = congiunzione, ovvero parte del discorso non declinabile con vari usi:
- (per precisare il termine precedente) e, e anche, e anzi, addirittura, e proprio
- (copulativo e temporale) e allora, ed ecco, quand’ecco
- (aggiungere, introdurre, concludere) allora, dunque, e inoltre, e d’altronde
- (avversativo) ma, eppure, tuttavia, sebbene
- (per introdurre una negazione unito a non) e non, e non piuttosto, e non già
- (dopo un comparativo con valore di quam) come, di quanto, che
- (correlativo) e
Come la seconda parte dell’iscrizione è concludente o un’aggiunta alla prima parte, scelgo come
forma “e inoltre”.
“QUE” = anch’essa congiunzione, parte del discorso non declinabile con vari usi:
- e, ed
- (in correlazione: -que -que, -que et; -que atque) e … e, sia … sia, tanto quanto, così come
- (per precisare un concetto) e precisamente, e in particolare, e cioè
- anche, per di più, in generale, per conseguenza
- e insieme, nello stesso tempo
- e invece, ma, bensì, piuttosto, ma al contrario
- o, oppure
Credo che lo scalpellino sotto la direzione di Fabio Gargano o altri, non abbia fatto un errore nel mettere un puntino tra “IIS” e “QUE”, sono due vocaboli distinti da non leggere come “iisque” ( cioè considerare “que” una enclitica come in atque, populusque, ecc.). Opto dunque per la traduzione “ e insieme, nello stesso tempo”.
Infine, con l’aiuto del “Dizionario di abbreviature Latine ed Italiane” di Adriano Cappelli, Archivista Paleografo (5), credo che “oi^a” sta per “omnia”: “OI^A” = il simbolo “^” usato per indicare nella parola “OMNIA” = “qualunque cosa”/”tutte le cose” la contrazione delle lettere “M” e “N”.
Recapitolando:
“… – e inoltre (ac congiunzione per indicare l’aggiunta o la conclusione), nello stesso tempo (que) mangi (es, seconda persona del verbo edo = mangiare) con loro (iis), Egli (cioè Fabio Gargano che è il soggetto in tutta l’iscrizione : Fabio …rinnovò, … Fabio ti darà…, quindi soggetto del verbo “dabit”) darà a te stesso qualunque cosa (o^ia)” – “simbolo della lucertola”.
Per quanto riguarda l’emblema finale, io credo (e questa è solamente una mia opinione, a prendere o lasciare) che simboleggia una “lucertola”.
Durante il periodo medievale, i cristiani consideravano quest’animale come simbolo di rinascita e resurrezione. La logica è che Fabius Garganus ha rinnovato quel palazzo dalle fondamente, lo ha fatto rinascere a nuova gloria: una grande rinascita, una resurrezione! Un messaggio che celebra la rinascita di quel palazzo destinato a continuare a vivere nei secoli. Infatti, ha sopravvissuto a vari terremoti e guerre, come la Seconda guerra mondiale o il terremoto del 1980.
La Lucertola è un rettile appartenente al sottordine dei Sauri. Essa si presenta di dimensioni contenute (massimo 25 centimetri inclusa la coda), con un colorito verdastro e macchie brune, insieme a qualche striatura tendente al giallo. È un piccolo rettile che, durante l’inverno, attua una sorta di letargo intermittente, dormendo in luoghi riparati dai quali esce nelle giornate soleggiate per esporsi al sole. Facile preda di diversi animali, riesce ad auto amputarsi la coda attraverso contrazioni muscolari, così da simulare la propria morte e depistare possibili nemici. La coda, successivamente, è in grado di ricrearsi e riacquistare l’aspetto e la dimensione che aveva in precedenza. Per questa peculiarità, la Lucertola è ritenuta simbolo di rinascita, di resurrezione, di rigenerazione.
Per di più la lucertola domestica è legata alle tradizioni salentine (Salento, Puglia), dove è il simbolo dell’identità locale ed è sinonimo di benessere e accoglienza. Quest’ultima simbologia non contraddice il senso della seconda parte dell’iscrizione che parla appunto di accoglienza e di benessere da condividere con i familiari ed amici tutti! À chacun sa verité!
Bibliografia:
(1) “Memorie Storiche di Bagnoli Irpino” per Alfonso Sanduzzi – ed. 1975, Tip. Dragonetti, Montella
(2) “Bagnoli Irpino e le Sue Opere D’Arte” per Belisario Bucci, Tip. Copperi & C., Firenze 1947
(3) “Il Regno di Napoli in Prospettiva diviso in Dodeci Provincie – Parte Prima “ opera postuma divisa in tre parti dell’Abate Gio: Battista Pacichelli – Napoli 1703
(4) “DIZIONARIO LATINO OLIVETTI” a cura di Enrico Olivetti, versione on line @ https://www.dizionario-latino.com/dizionario-latino-italiano.php
(5) “Dizionario di Abbreviature Latine ed Italiane” usate nelle carte e codici specialmente del Medio-Evo, per cura di Adriano Cappelli, Archivista Paleografo, ed. Hoepli, Milano 1929
Giovanni Labbiento
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