L’ indifferenza, come condizione esistenziale portante della storia e del vissuto dell’uomo, ha attraversato incolume epoche e generazioni, preservandosi fino al qui e ora con grande forza espressiva. Questa mia riflessione è rivolta a te lettore bagnolese, che non devi ogni volta sottrarti alla (ir)responsabilità delle tue decisioni e della tua inoperosa e menefreghista prassi di vivere in una comunità, per poi sparare colpe sul prossimo tuo compaesano. L’involuzione inesorabile e il degrado continuo di questo paese, è il risultato dell’agire, o meglio del non-agire, di circa tremila soggetti inefficienti che condividono lo stesso spazio e tempo, che puntualmente trovano modi e motivi pretestuosi per autoassolversi.
Allora sarebbe bello se tu riconsiderassi ogni volta le tue decisioni e azioni, ogni volta che hai votato perché parentela o simpatia sono per te i criteri più adeguati per determinare il buon operato di un amministratore, ogni volta che ti sei girato dall’altra parte per convenienza constatando atti di illegalità, ogni volta che potevi fare qualcosa di buono per l’ambiente, una persona o un animale, per poi ritenere comodamente che non fosse tuo compito o dovere, attendendo sempre che lo facesse un altro al tuo posto. L’altro è sempre quello che deve fare, è sempre il capro espiatorio, ma l’altro si assolve e rimette poi ad un altro le proprie responsabilità, e quest’ultimo ad un altro ancora, fino ad arrivare a entità non più esistenti. In questo vuoto di coscienza, affoga e perisce una comunità. Si salvi chi può, tranne il paese.
Lo stato di abbandono in cui versa ogni angolo, ogni struttura, ogni mancanza del paese, riflette lo stato di abbandono in cui versa ogni bagnolese: indifferente, inconsapevole, individualista. Pronto a farsi sentire audacemente e con inusitata irritazione su un campetto al cospetto di un torneo di calcetto amatoriale contro possibili conquistatori forestieri, indolente e arrendevole dinanzi al vuoto politico, sociale e culturale che avanza in un paese praticamente sul viale del tramonto.
La mia cronaca di una giornata senza pretese da turista, in una calda giornata di luglio, può esemplificare una parte di questa condizione che, se non chiara al lettore, dovrebbe destare in quest’ultimo seri dubbi sulla consapevolezza del proprio presente, sul senso della realtà che lo circonda. Ritornare al paese significa essenzialmente ritrovarlo operando una sottrazione, sia in termini di popolazione (oramai sotto i tremila), sia in termini di servizi, strutture, eventi, occasioni, possibilità. Di certo, dunque, non mi aspettavo di planare sui monti con il volo dell’angelo, di partecipare ad un torneo di calcio nell’ex stadio del paese, di nuotare in una piscina pubblica o di usufruire degli altri impianti sportivi mai realizzati, non mi aspettavo un concerto di Caparezza in piazza, di vedere il ritiro dell’Avellino a Laceno o altre fantasticherie da campagna elettorale. Le mie pretese si riducono, da anni ormai, ad un confortevole giretto in montagna di tanto in tanto, e a quelle puntualmente disattese di ritrovare una cittadinanza con un minimo e degno pensiero critico. Il mio giro in montagna prevede una grigliata, qualche ora di relax, niente di più.
Arrivato sull’altopiano del Laceno, la prima scena che si apre davanti a me è di un mesto ed esangue lago provato dalla siccità, che non solo non riceve il giusto sostegno e recupero, ma che addirittura funge da grande bagnarola per un gregge e i suoi cani che nelle sue acque sguazzano confortevolmente. Raggiunta la deserta area pic-nic della Piana dei Vaccari, dovrei solo scegliere la postazione preferita, ma la scelta diviene presto obbligata, molti tavoli e panche sono inagibili, distrutti e divelti. Qualcuno quasi integro c’è, e allora mi accomodo dove si può. Noto che di fronte a me è comparso un recito dove staziona un gregge, in una piana e in un punto dove solitamente si campeggia o, appunto, si svolgono pic-nic. Confido comunque di poter trascorrere qualche ora, dato che il gregge in quel momento non c’era, ma il mio cane abbaia, altri due cani si dirigono verso di noi.
Ipotizzo legittimamente che possano essere cani del gregge, così carico di nuovo tutto in auto e cambio aria. Giro con l’auto in cerca di un posto sicuro e al riparo dai cani pastori, così passando per il Campeggio Zauli noto che nel campo da calcio è sorta una terza area, oltre alle due di porta. A centrocampo, quella che nel calcio è rotonda e centrale, qui è quadrata e sulla fascia, uno jazzo per pecore giace e staziona lì nel mezzo, a rotolare per il campo dunque solo le loro feci. Passando per il circuito, mi sovviene un dubbio sullo stato dell’altro campo, quello che si trova più o meno di fronte al Ristorante Cervialto. Sembra questo uno spazio devoluto al vivaio, robusti arbusti si elevano e si spalleggiano, a rotolare qui è solo il loro fogliame.
Dopo un attenta ricognizione, quasi come in un campo da battaglia, opto per la zona sicura della caserma forestale. La grigliata qui pare possibile, dunque finalmente procedo guardingo. La mia compagna mi fa notare che tutto intorno è un degrado, tutto è abbandonato a se stesso, riparte la solita disputa Bagnoli/Laceno vs Salerno. Le tesi in difesa del mio paese sono sempre più fragili e faziose, ma l’amore per la mia terra mi fa comunque tenere botta nel confronto. Poi una domanda che suona velatamente sarcastica: “dunque, come ogni anno, questo inverno si scierà sul Laceno?”.
Qui si arena la mia irrazionale spinta cieca d’amore, indifferente ripago con la stessa moneta ironica: “certo, dobbiamo portare gli sci giù con noi in treno questo Natale! Così succede, una volta sceso a Bagnoli, che per le strade il pazzo del paese dica, ovviamente in dialetto, “me ne devo solo andare da questo paese”, e penso davvero che la follia, a volte, sia l’unica cosa che ci rende sani di mente. Gli indifferenti sono partiti come me o partiranno, gli indifferenti rimangono, ma solo chi si interessa e partecipa salverà questo paese esamine, un’altra rarissima categoria quasi in estinzione di meravigliosi folli.
Alejandro Di Giovanni – (da Fuori dalla Rete Agosto 2025 Anno XIX n. 3)


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