Il fenomeno del randagismo visto dall’alunna Louise Russo

L'elaborato

 

“Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”

            Mahatma Gandhi

«Il fenomeno del randagismo», spiega Giorgio Morelli, «è divenuto rilevante negli ultimi 40 anni, da quando cioè, con l’abbandono della montagna, si sono liberati territori.» Oggi gran parte delle colture agricole appenniniche è abbandonata, ed è in queste zone che si concentrano i randagi, in particolare sull’Appenino centro-meridionale, zone dove la selvaggina si è moltiplicata.

La Legge però impedisce l’abbattimento dei cani vaganti, a differenza di quanto avveniva negli Anni ’70, quando venivano abbattuti circa 100 mila cani vaganti ogni anno.

Più in generale si può intendere per randagio qualsiasi esemplare di una specie di animali, inclusi i volatili, normalmente considerata da compagnia (in particolare cani o gatti) che viva per proprio conto, tipicamente ai margini della società umana, a prescindere che esso sia stato abbandonato o sia nato già in condizioni di randagismo.

Grazie a ciò in Italia venne emanata una legge, la legge 14 agosto 1991, n. 281  che applica solo ai cani la definizione di randagio (classificando invece i gatti senza padrone come animali in libertà) e introduce una distinzione specifica fra cane vagante e cane randagio, riferendosi con quest’ultima espressione al caso di cani abbandonati che si siano abituati alla vita in condizioni semi-selvatiche, per esempio riunendosi in branchi.

Evidentemente anche l’Europa si è resa conto che in Italia il randagismo è un problema cronico e che tutto ruota attorno all’inefficiente macchina delle sterilizzazioni, per non parlare della inesistente cultura del rispetto che diventa poi prassi consolidata degli abbandoni, specialmente al Sud.

Tuttavia, sorge spontanea la domanda: ma quel milione di euro servirà a colpire al cuore l’inciviltà o sarebbe stato più utile e necessario trovare le risorse per sterilizzare subito i cani?

C’è da riflettere su questa domanda, a voi lascio la libera scelta di interpretarla come volete. Ma, come sappiamo, non tutti hanno l’amore o la buona volontà di aderire alla lotta contro il randagismo. Ogni volta è sempre la stessa storia. Quando un fatto di cronaca viene a fare capolino sui nostri telegiornali ci si interroga su quali sono i rischi, quali le cause ed i fantomatici rimedi e cosa rischi ognuno dei singoli cittadini della nazione. È un po’ quello che sta accadendo con il fenomeno del randagismo. Molti fatti di cronaca, hanno fatto riaccendere i riflettori su uno degli argomenti più dibattuti non solo in Italia ma anche nel nostro paese perché non è difficile imbattersi in un branco di cani randagi.

Il problema non può e non deve essere affrontato solamente contribuendo in maniera sostanziosa e dispendiosa al mantenimento delle diverse decine di cani presso strutture canili privati presenti nel territorio, e nemmeno limitandosi, di tanto in tanto a catturare cani più pericolosi, cosa che accade comunque solamente dopo migliaia di segnalazioni da parte di cittadini esausti. Spesso si parla di sterilizzazione dei randagi che, vivendo per strada e senza limiti, riescono a riprodursi ed allargare i propri branchi in maniera decisamente esponenziale, altre volte si parla di abbattere senza ritengo gli esemplari più aggressivi, scatenando di conseguenza le ire delle associazioni di difesa degli animali o degli animalisti in genere.

Occorre ricordare comunque che, la maggior parte delle volte, sono gli stessi umani o gli stessi padroni dei cani a fomentare l’aggressività degli stessi privandoli del cibo e dell’acqua necessari o attraverso serie di maltrattamenti.

Di chi le colpe principali? Quali le cause più profonde? Come accade spesso in molte cose, il giusto sta nel mezzo, al contempo, i privati cittadini dovrebbero essere sempre solerti a segnalare i casi limite e a fare molta attenzione sia a se stessi che ai propri figli.  Non si può intervenire solo con la sterilizzazione, ma anche con i microchip. Il microchip è un circuito integrato applicato nel tessuto sottocutaneo di un cane, gatto, o di un altro animale. I microchip sono delle dimensioni circa di un chicco di riso e sono basati su una tecnologia passiva RFID. I microchip sono particolarmente utili in caso di smarrimento o rapimento degli animali domestici. Possono anche essere determinanti in caso di contenzioso sulla proprietà degli animali. I rifugi e i centri di lotta al randagismo ricevono un enorme beneficio nell’applicazione dei microchip, che permettono una restituzione più veloce ed efficiente degli animali ai loro legittimi padroni. Oltre che dai rifugi, i microchip sono utili nei canili, agli allevatori, venditori, agli addestratori nei libri genealogici, nelle strutture veterinarie, nell’allevamento del bestiame.

Ecco, il microchip ha un’importanza indescrivibile per la salute nei nostri cani, ma il primo strumento per combattere il randagismo è la sensibilizzazione delle persone. Per questo è stato importante l’incontro informativo sul tema del randagismo, svolto il 2 marzo a Bagnoli e rivolto a noi ragazzi delle scuole. In quell’occasione abbiamo apprezzato l’impegno di tante volontarie che s’impegnano per dare una casa ai cani di strada e combattono contro l’indifferenza delle persone.

LOUISE RUSSO (CLASSE III A SCUOLA MEDIA DI BAGNOLI I RPINO)

(da Fuori dalla Rete, Marzo 2019, anno XIII, n. 1)

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