Il regista che sapeva incantare il mondo

di Paolo Saggese

Abbiamo in più occasioni riflettuto sul futuro dell’Irpinia e dell’Alta Irpinia, e da più anni abbiamo sottolineato come il loro destino sia strettamente legato a parole come Cultura, Turismo, Agricoltura. Del resto, i dati Istat degli ultimi anni ci dicono che il PIL del Sud può aumentare grazie al ritorno dei giovani al lavoro dei nonni, al lavoro dei campi ovviamente adesso regolato secondo filosofie diverse, che guardano al biologico, alla qualità, ad un mercato di nicchia, che tuttavia si amplia sempre di più con il graduale aumento dell’attenzione di tutti verso un’alimentazione sana e capace di garantire un generale benessere a chi sceglie di praticarla.

Ma questa era già la linea tracciata cinquant’anni fa da Manlio Rossi-Doria nei suoi mirabili e profetici scritti sull’Irpinia.

A questa scuola di pensiero si riferivano tanti giovani amministratori, più di un ventennio fa, e tanti giovani appassionati, che davano forza e idee all’associazionismo altirpino. Da ciò, da queste visioni e da queste intuizioni, a Torella dei Lombardi era nato, nel 1993, il Premio cinematografico “Sergio Leone”, cui era seguita la rassegna “Cinema a Mezzogiorno”, con il primo omaggio a Camillo Marino. Tra questi c’erano uomini tra cui il compianto Rosario D’Agostino, e giovani come l’attuale Presidente dell’Associazione “Sergio Leone”, Laura Pisani. Sono gli anni, in cui si entra in contatto con Gianni Minà, che accetterà di divenire il Direttore artistico del Festival dal 2001 al 2007, e che segnerà, con la sua cultura, con le sue conoscenze, con le sue intuizioni, con il suo perfezionismo leoniano, non solo la storia culturale irpina, ma anche una parte della storia della cultura cinematografica di quegli anni. Del resto, le più importanti emittenti e molti giornali nazionali dedicavano speciali e ampi articoli a questo appuntamento di prestigio ospitato in un piccolo paese del Sud interno.

Intanto, sono trascorsi oggi trenta anni dalla morte di Sergio Leone, e da 11 anni il Premio “Sergio Leone” è scomparso.

Tra le tante edizioni, che potrei ricordare, viene adesso in mente quella del 2004, in cui il Premio Sergio Leone confermò quella ‘maturità’ culturale, che aveva reso la manifestazione un momento di notevole importanza nel panorama filmico nazionale, sia perché aveva contribuito in modo pieno allo studio della figura di Sergio Leone e in generale del film western e dei suoi protagonisti, sia perché teneva viva l’attenzione dei mass-media e del pubblico sulla produzione cinematografica italiana, spesso ricca di talenti, ma povera di finanziamenti, anche perché abbandonata dalla ‘politica’, dai grandi produttori e dai grandi distributori, che preferivano comprare i diritti di un film hollywoodiano o scommettere su un ‘film di cassetta’ piuttosto che sui giovani e sul cinema d’autore.

Dal 2001 a Torella furono ospiti dell’Associazione Sergio Leone figure del cinema italiano e internazionale quali Carlo Verdone, Ennio Morricone, Giuliano Gemma, Nino Benvenuti, Dario Argento, Tonino Delli Colli, Franco Nero, Bud Spencer, e dunque Ignacio Ramonet, Damiano Damiani, Terence Hill, Giuliano Montaldo …

In particolare, la sera del 5 agosto 2004 Bud Spencer (Bambino), scomparso il 27 giugno 2016, ricevette il Premio Sergio Leone alla carriera per i suoi “fagioli-Western” e per il suo rapporto di amicizia con Sergio Leone.

Anche quella sera, Bud, con il suo sorriso, con la sua eleganza da gigante buono, riuscì ad incantare un pubblico delle grandi occasioni. La Piazza Sergio Leone non conteneva più la folla che era giunta da tutta l’Irpinia, e lo stesso servizio d’ordine faticò a tenere lontani i fan, che avrebbero voluto seguire l’attore all’interno del Castello “Ruspoli-Caracciolo”. Anche i volontari lo accolsero con calore, con un affetto, che è raro cogliere così spontaneo e vero. Una fotografia, che ancora credo sia conservata nella sede dell’Associazione ritrae il “Bambino” tra qualche decina di ragazzi raggianti, che avevano finalmente potuto conoscere il loro idolo.

Bud Spencer aveva conservato la sua napoletanità, come risultò anche quella sera quando intonò la sua canzone “Futtetenne”, che, al di là del titolo, esprimeva un’idea di vita, che ha un suo preciso significato. Infatti, in un mondo balordo e abbastanza carico di sorprese, spesso negative, salutare la vita con uno sberleffo è ciò che ci resta per poter sopravvivere.

Anche di questo siamo grati a Bud Spencer, che ha saputo dispensare sorrisi e speranze, con toni talvolta da rivolta popolare in difesa dei poveri, e raccontare, con leggerezza, la possibilità di un mondo migliore.

Di quelle serate, di quel Premio, l’Irpinia e l’Italia hanno bisogno. Perciò, auguro nuova vita al Premio e alla memoria di Sergio Leone.

Paolo Saggese

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2019, anno XIII, n. 2)

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