Il vero “virus” padano

di Luciano Arciuolo

Non scrivo per sparare anch’io sulla Croce Rossa della dirigenza leghista lombarda alle prese con l’emergenza da coronavirus. Lo hanno già fatto in tanti. Certo, quello che è successo nelle case per anziani, dove all’inizio del contagio sono stati parcheggiati gli ammalati, portando il virus proprio in mezzo ai più deboli e provocando una vera e propria strage, è di una gravità assoluta, che solo menti ignoranti potevano concepire (Forse Fontana e Salvini erano troppo impegnati a cercare i bambini a Bibbiano, e non hanno avuto il tempo di pensare agli anziani di Milano). Così come è stato grave il ritardo che ha riguardato Bergamo e altri comuni lombardi, provocando l’accendersi di focolai di infezione che hanno poi coinvolto l’intera nazione. Come l’inaugurazione di un ospedale in pompa magna, per scoprire poi che la struttura era inutile e inutilizzabile, seppur costata una fortuna (quasi un milione di euro per ogni paziente ospitato). Come la nomina a commissario lombardo per l’emergenza di “Superman” Bertolaso, ben presto sparito dalla circolazione. Come il numero dei tamponi fatti, uno dei più bassi d’Italia. Come le parole d’ordine che si sono succedute, sulla bocca di Salvini e Fontana: “Apriamo”, per prendere le distanze dalle scelte del governo; poi “Chiudiamo”, per lo stesso motivo; poi di nuovo “Apriamo”, per far dimenticare le indagini sulle case di riposo; poi “Apriamo ma…”, poi “Apriamo senza ma…”. Come i numeri lombardi dell’emergenza sanitaria che sono impietosi, con il 60% dei contagiati e la metà dei morti di tutta Italia e con la situazione sanitaria ancora preoccupante, a quasi tre mesi dai primi contagi (“Milano è una bomba”, ha dichiarato il 7 maggio scorso l’infettivologo milanese Massimo Galli). Come le scempiaggini dell’assessore forzista alla Sanità.

Negli ultimi 25 anni la Lombardia è stata governata da leghisti e forzisti, alcuni oggi in galera, altri prossimi ad entrarci. Il risultato è che la metà degli ospedali e delle strutture sanitarie è privata. E i privati, si sa, si muovono solo quando c’è da guadagnare. La Sanità lombarda, che costa allo Stato 20 miliardi di euro l’anno, ha così dato il peggio di sé, in questa crisi, e ha mostrato tutti i paurosi limiti delle scelte fatte dai propri dirigenti. Altro che “Eccellenza”.

Però a me, qui,  interessa dire un’altra cosa: la crisi del coronavirus ha dimostrato che il disegno dell’autonomia differenziata è una follia. E che essa non serve a nessuno, non a noi meridionali, non ai lombardi o ai veneti o agli emiliani.

Io ho sangue molisano nelle vene. E per questo quando sento dire che “Il Molise non esiste” mi inalbero. Conosco la gente di quella Regione, discendente degli antichi Sanniti che tanti problemi diedero ai Romani conquistatori del mondo. Gente resiliente, ma anche umile, laboriosa, gentile. “Il Molise non esiste” si dice a Nord di Roma. Probabilmente lo pensava anche Fontana. Il quale però, a metà marzo, ha dovuto ricredersi, avendo dovuto chiedere accoglienza all’ospedale di Campobasso (in Molise…) per diversi pazienti gravi dei nosocomi lombardi, pieni fino all’orlo (decine di altri pazienti lombardi sono stati ospitati e salvati in altri ospedali del Sud).

Basta questo, credo, a dimostrare quanto l’autonomia differenziata sia un progetto folle. Perché (nonostante dal 2002 ad oggi il 60% degli investimenti in infrastrutture sanitarie sia andato al nord e solo il 20% al Centro e al Sud) anche il piccolo Molise, che per qualcuno non esisteva, ha fatto la sua parte in questa situazione d’emergenza, dimostrando che solo un Servizio Sanitario unico, nazionale, può far fronte a certe situazioni.

L’idea stessa, cioè, che il Nord possa fare da solo e meglio, senza il “fardello” costituito dal resto del Paese, si è mostrata in tutta la sua inconsistenza. Alla favola del Nord autosufficiente credono ormai solo i parolai prezzolati e volgari come Feltri (pennivendolo non sempre “lucido”, che comunque i suoi bei due milioni e duecentomila euro dello Stato li incassa, alla faccia di Roma ladrona…) che, non dimentichiamolo, leghisti e postfascisti votarono come Presidente della Repubblica.

Fontana, dopo essere finalmente riuscito ad indossare la mascherina, non ha fatto altro che lamentarsi di essere stato lasciato da solo, in questa crisi. Ma è lo stesso che, fino a qualche mese prima, si lamentava di non essere lasciato a fare da solo.

L’Italia è stata solidale con la Lombardia, in una maniera quasi commovente. Ma la solidarietà non si può invocare soltanto quando serve a te. La solidarietà ha un senso solo se ha due direzioni di marcia. E a noi meridionali è restato comunque il dubbio: a parti invertite cosa sarebbe successo? E cosa avrebbe scritto di noi Feltri su “Libero”, rispettivamente il giornalista e il giornale più ridicoli d’Italia?

Il buonsenso, allora, suggerirebbe ai dirigenti della Lombardia almeno tre cose:

  • Sulla questione dell’autonomia differenziata: abbassare la cresta;
  • Sull’emergenza coronavirus del tutto fuori controllo: chiedere scusa ai lombardi. E anche agli italiani, perché tutti abbiamo pagato le loro scempiaggini;
  • Sulle case di riposo come il Pio Albergo Trivulzio: dimettersi, per evitare di “contagiare” anche la loro dignità.

Luciano Arciuolo

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