Internet e democrazia (atto secondo)

di Luciano Arciuolo

In uno scritto del 4 gennaio di quest’anno, pubblicato con lo stesso titolo sul Quotidiano del Sud e sul sito di Palazzo Tenta 39, scrivevo: 

“La Rete non è solo una meravigliosa fonte di informazioni, si è anche trasformata in un mefitico canale di distribuzione di bugie trasformate in armi politiche. Su Internet siamo tutti vulnerabili, ma lo sono soprattutto quelli che non fanno grandi sforzi per verificare se le cose contenute negli accattivanti messaggi corrispondano al vero. Insomma: l’uso inconsapevole e acritico di Internet è pericoloso … Pensate che, pochi giorni dopo il voto, molti elettori inglesi che avevano votato per la Brexit, resisi conto delle conseguenze, hanno cambiato idea.”.

Ebbene: è di qualche giorno fa la scoperta che Facebook, il social network che coinvolge più di due miliardi di persone, ha venduto i dati dei propri iscritti alla società “Cambridge Analytica” che ha influenzato, con essi, il voto di decine di milioni di elettori americani. La cosa è stata confermata dallo stesso Mark Zuckerberg, ricchissimo fondatore e proprietario di Facebook.

Il fatto è che dietro questa società c’è Steve Bannon, guru dell’ultradestra americana e regista della campagna elettorale di Donald Trump.

“Non crediamo che negli USA ci sia un partito conservatore che funzioni, di certo non lo è il partito repubblicano. Dobbiamo impegnarci affinché diventi un movimento populista di destra …”. Sono parole di Steve Bannon pronunciate quando accettò di guidare quella campagna.

Ma lo scandalo che coinvolge Facebook comincia il suo percorso prima, nel 2014, quando lo psicologo di origine polacca Michal Kosiski capì che un computer è in grado di giudicare la personalità di un essere umano meglio di quelli che lo conoscono.

Così elaborò un algoritmo che con settanta “Like” su Facebook conosce il carattere di una persona meglio di un amico. Trecento like consentono di prevedere il suo comportamento meglio di quanto farebbe il coniuge.

Insomma oggi esistono macchine capaci di conoscere i nostri comportamenti, e quindi di influenzarli, probabilmente meglio di noi stessi. E ogni clic sul computer o sul cellulare parla loro di noi.

Bannon ha portato il suo credo politico, e il supporto di Cambridge Analytica, non solo negli Stati Uniti ma anche in Inghilterra e in tutto il Regno Unito. E, più di recente, ha firmato consulenze con partiti di mezzo pianeta, dall’India all’Argentina.

E’ stato anche in Italia,ultimamente. Ma di questo, per il momento, preferisco non parlare. Non vorrei che a qualche pulce venga un altro attacco di tosse.

Luciano Arciuolo

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