L’immunità di gregge in Lombardia

di Michele Cetta

Non era la Gran Bretagna di Boris Johnson ma la Lombardia di Attilio Fontana il territorio dove sarebbe stata attuata l’immunità di gregge, quella strategia volta a non contrastare l’epidemia da corona-virus, contando su una graduale diffusione del contagio fino al raggiungimento di una ampia immunità.

Un progetto dove il fine è il superamento dell’epidemia, mentre il numero dei morti un dettaglio insignificante.

Ma noi sappiamo che una qualsiasi azione la si può portare avanti con almeno due modalità: sbandierandola ai quattro venti o praticandola in silenzio.

“Milano non si ferma” e “Bergamo non si ferma” non sono slogan pubblicitari, tantomeno testimonianze di coraggio, sono invece la rivelazione antropologica più profonda del pensiero unico di un Nord che non deve fermarsi nemmeno dinanzi all’avanzare della peste; sono la confessione più sincera di chi ha costruito il suo Olimpo soltanto per il dio del fatturato e il dio dell’export, e per nessun’altra divinità.

Lo avevamo capito due settimane or sono, quando Confindustria e in particolare Assolombarda si erano messe di traverso per fermare il primo decreto Conte che voleva chiudere l’Italia. Ne venne fuori un decreto a metà che chiudeva buana parte del settore pubblico e gran parte dei servizi privati, lasciando intatto l’intero sistema produttivo manifatturiero e con esso la mobilità di milioni di lavoratori.

E non sono bastati a far cambiare idea neanche le decine di camion militari carichi di bare che ogni giorno hanno attraversato le strade di Bergamo; quegli stessi camion che hanno letteralmente sconvolto il premier Conte fino a portarlo al secondo decreto, che nelle intenzioni doveva chiudere tutto ma che sotto le “minacce subliminali” di Confindustria e Assolombarda ha chiuso sempre tutto ma a metà.

Forse domani arriverà un raggio di sole, quello sciopero generale che potrà completare quel che non ha potuto fare il decreto; che potrà ridare al lavoratore tutti i suoi diritti di cittadino, senza che diventi mai più “inconsapevole e innocente untore” della propria terra e della propria famiglia.

Altro che “uomo solo al comando”, Giuseppe Conte è uomo solo e basta, con sulle sue spalle tutta la responsabilità di una tragedia nazionale. E prima o poi gliela faranno pagare perchè il sistema mal sopporta chi non esegue, e alla lettera.

Ma restano i cittadini italiani e una domanda a cui finora nessuno ha risposto: si può fermare per qualche settimana il sistema produttivo italiano per salvare una vita, anche una sola vita?

Insomma, ai tempi della polmonite mortale si sta con il Governo o con Assolombarda? Tertium non datur.

Michele Cetta

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