«L’irriverente» ritratto di Ciriaco De Mita

Biografia

1. IL TRAMONTO DI UN NARCISO GONFIO E DISPETTOSO

di Giancarlo Perna (per ‘‘la Verità’‘)

Percependosi come un dono del Cielo, Ciriaco De Mita ha voluto rimanere sulla breccia fino a oggi. Ora, a 91 anni suonati, pare si ritiri dalla politica. Con calma. Ha appena dato l’ annuncio che non si ricandiderà l’ anno prossimo a Nusco (Avellino), il borgo natale di 4.000 anime, di cui è l’ inutile sindaco dal 2014. Un dubbio attanaglia: addio definitivo o solo scena per qualche titolo di giornale?

A molti, il nome De Mita dice nulla. Fu in auge negli anni Ottanta del secolo scorso. Per 7 primavere segretario della Dc. Per circa un anno capo del governo (1988-1989).

È stato l’ antagonista di Bettino Craxi, capo del Psi. Furono botte da orbi e animarono la scena. Poi, Bettino andò in esilio e Ciriaco divenne un pesce fuor d’ acqua nell’ Italia post Tangentopoli. Si è comunque fatto 11 legislature alla Camera e un paio a Strasburgo. È appassito progressivamente, come un grappolo dimenticato sulla vigna. Finché di lui è rimasto ciò che resterà: un maggiorente campano. In Irpinia spadroneggia da mezzo secolo ma è in calo.

ARRIVANO I GUAI

Indizio sicuro dell’ arretramento sono i guai capitati negli ultimi mesi. La moglie, Anna Maria Scarinzi, è indagata per truffa aggravata e peculato. Secondo la procura avellinese, la Onlus caritatevole di cui l’ ex first lady è presidente avrebbe malversato pubblico denaro destinato agli handicappati. Nell’ inchiesta sono coinvolte anche 2 dei 4 figli dei De Mita, Simona e Floriana, le più giovani. Sarebbero in accordo con la mamma. I pm hanno sequestrato soldi nei conti correnti della Onlus, della signora e delle rampolle. Alla first lady hanno anche imposto l’ obbligo di firma per oltre un mese nello scorso giugno. Un’ onta che ha amareggiato Ciriaco, toccato nel sacro recinto della famiglia. Immaginate che colpo per uno che fin lì era reputato insfiorabile. Tipico dei tramonti politici nel Sud, per i quali c’ è un detto: finché è in cima, ci si inchina; quando cala, lo si impala.

A ciò va aggiunto che, nelle elezioni del 4 marzo, il nipote prediletto, Giuseppe De Mita, è stato trombato. Addio quindi ai sogni di perpetuare la dinastia e il sistema demitiano alle falde del Vesuvio. Mi si stringe il cuore ad evocare la terza disgrazia di questi mesi di tregenda: il furto subito a fine maggio nella villa nuschese. Nottetempo, 4 balordi dell’ Est sono piombati in casa del sindaco, hanno preso per il collo Ciriachino, come lo chiamano in paese, e strattonandolo lo hanno trascinato davanti alla cassaforte.

«Apri, vecchio», gli hanno ingiunto, tradendo l’ accento balcanico. Così, ha dovuto consegnare contanti, ori e preziosi, farsi passare la tremarella e metabolizzare l’ affronto.

LA LITE CON SERGIO ROMANO

È amaro se si pensa che De Mita ha dato pacche sulle spalle a Michail Gorbaciov e banchettato con George H.W Bush, in due trionfanti tournée a Mosca e Washington.

L’ ho seguito per lavoro in entrambe e ho visto il Ciriaco vero: un gonfio Narciso. In Urss ebbe un contrasto col nostro ambasciatore, Sergio Romano. Quello, che se ne intendeva, gli dava le dritte. L’ altro, supponente, faceva di testa sua. Romano, sfiduciato, si dimise dalla carriera.

Iniziandone un’ altra, pubblicistica, che ne ha raddoppiato il lustro.

La tracotanza è l’ essenza più vera dell’ Irpino. Anche ora che ha raddoppiato l’ età sinodale.

Stando alle cronache, nei 4 anni da sindaco ha superato l’ assenteismo di cui è da sempre campione.

Già alla Camera, si affacciava come un gitante. Peggio all’ Europarlamento: 708° su 733, per presenze.

De Mita, è nato per sfarfalleggiare e aborre la routine pedestre. Al municipio pare se ne siano perse le tracce da un biennio. Il prefetto ha dovuto ingiungergli di riunire il consiglio per approvare il bilancio.

Le opposizioni gli rinfacciano di indire le sedute solo in giorni lavorativi e orari diurni quando i consiglieri sono al lavoro. Dispettoso come un criceto. A Nusco manca l’ illuminazione serotina, zoppicano mense scolastiche e trasporto pubblico.

Quattro anni fa, De Mita ebbe il 77 per cento dei voti nuschesi. La stampa nazionale sottolineò l’ arzillo spirito di servizio del più anziano sindaco d’ Italia, allora di 87 anni. Il giovanotto si crogiolò nelle lodi, lieto di essere al centro dell’ attenzione come ai bei tempi. Oggi, non lo rivoterebbe nessuno. Perciò, lascia.

Ma lo fa provocando perché si parli di lui. I nuscani, dice, lo hanno deluso. Ce l’ ha messa tutta. In paese ha aperto una «scuola di alta formazione politica». Ci sono venuti teste d’ uovo e prof, anche da Napoli. I compaesani invece, pure avendola all’ uscio, neppure ci sporgono il naso. Anzi, lo hanno contestato. Vogliono l’ illuminazione invece degli intellò. Si può concepire un’ opposizione più «meschina e insopportabile»? si chiede De Mita che conclude: sono indegni delle mie premure per «ricostruire il tessuto valoriale» del territorio.

MONTANELLI LO DEFINÌ «PADRINO»

Valoriale chi? direte voi. C’ è tutto De Mita nell’ espressione. È sempre andato famoso per gli arzigogoli, paragonabili alle logorree di Aldo Moro. Quelli di Moro erano detti sproloqui. Quelli di De Mita, «ragionamendi», con la dentale irpina.

Grazie a essi, De Mita era considerato un intellettuale a Roma. Ad Avellino, piuttosto un uomo con le mani in pasta. Colpito dal suo eloquio, Gianni Agnelli disse: «De Mita è un tipico intellettuale della Magna Grecia». A stretto giro, Indro Montanelli replicò: «Dicono che De Mita sia un intellettuale della Magna Grecia. Io non capisco cosa c’ entri la Grecia». De Mita se la legò al dito e una volta che Indro lo definì «padrino» sul Giornale lo querelò. Al tempo, 1989, nessuno dei felpati dc reagiva in questo modo.

IL CLAN E IL BOSS

De Mita fece male i calcoli. In tribunale si dibatté se «padrino» andasse inteso alla Frank Coppola, muto e sigaro tra i denti, o come innocuo mandarino. Il pm optò per la seconda e chiese l’ assoluzione. Il giudice invece condannò Montanelli a pagare un milione sull’ unghia. Indro reagì spedendo un suo giornalista, Paolo Liguori, a fare un’ inchiesta a puntate sulla filiera demitiana in Irpinia. Ne venne fuori che non si muoveva foglia senza lo schiocco di dita di Ciriaco. Da allora, per designare il suo mondo, la stampa usò termini come clan e boss.

Nell’ attuale crepuscolo, tuttavia, sono anche accadute cose positive.

La più recente, è la migliore: dai tagli ai vitalizi voluti dai grillini, De Mita non è stato sfiorato. Continuerà a incassare, visti i 40 anni di contributi, i 6.000 euro netti di sempre. Altro colpo messo a segno è l’ acquisto a metà prezzo dell’ attico e superattico romano di via in Arcione, vasto come 3 campi da tennis (650 mq). Lo aveva in affitto da un ente quando era premier, fiero della vista sui giardini del Quirinale. Lo ha fatto proprio nel 2010 a 3,5 milioni rispetto agli 8 che, secondo calcoli giornalistici, varrebbe sul mercato. È poi corsa voce di una rivendita a 11 milioni.

Un ultimo dono è venuto da Sergio Mattarella, che gli deve la carriera: era nella sua corrente, fu suo ministro, ecc. Così, quando Antonia, giornalista e figlia maggiore del Giolitti irpino, ha chiesto di collaborare con l’ ufficio stampa del Colle, è scattato immediato il semaforo verde.

L’ ABBAGLIO DI SCALFARI

Secondo Eugenio Scalfari, che tra i suoi tanti invaghimenti incluse pure De Mita, l’ Italia con lui sarebbe diventata una opulenta Svizzera mediterranea. Nulla di ciò. Si è limitato a opulentare per sé.


2. CIRIACO DE MITA: “QUANDO MORIRÒ SEPPELLITEMI CON UN BIGLIETTO CON SCRITTO: SONO DEMOCRISTIANO”

Da www.huffingtonpost.it

“Quando iniziò il declino della Dc, e a un convegno si discuteva su quello che bisognava o non bisognava fare, chiusi il mio intervento citando un poeta spagnolo: “Quando morirò, seppellitemi con la mia chitarra”. Da allora sono passati quasi trent’anni. E visto che sono ancora in tempo per cambiare idea, cambio il messaggio. Quando morirò, seppellitemi con un biglietto in cui c’è scritto “sono stato democristiano. Anzi no, aspetti. Non “sono stato”. Nel biglietto ci dev’essere scritto “sono democristiano”, al tempo presente”. A parlare è Ciriaco De Mita, storico dirigente della Democrazia Cristiana, sindaco di Nusco, città natale dell’avellinese, per il suo ultimo mandato. Non si ricandiderà.

“Vede, io ragiono in giorni. E spero che i giorni durino più a lungo possibile. Se legassi il mio impegno politico all’essere sindaco a Nusco, qualcuno potrebbe pensare che mi sono rincoglionito” […] “Lascerò la carica di sindaco. Ma non posso lasciare il metodo di pensare dialettale che mi accompagna sin da quando ero bambino. Per questo, dopo il voto del 4 marzo scorso, ho avuto un blocco di pensiero molto profondo, che mi ha portato a rivedere i termini dell’impegno in una piccola comunità come quella dell’Alta Irpinia. Vede, la forma dialettale, basica, tutto sommato semplice del mio pensiero prevede che prima si pensa e poi si agisce. E che senza un pensiero forte, l’azione sarà vacua, debole, a volte nulla”.

Un pensiero dietro cui c’è un giudizio piuttosto netto sui nuovi arrivati, sul Governo gialloverde. Per De Mita, “La funzione dei grillini è stata salutare fino a che non sono arrivati al governo”, ma “ora il malato ha finito per sostituirsi al medico e impone lui la cura per tutti, leggasi per l’Italia”. in questi casi, aggiunge, “finisce che si muore”. Quanto alla Lega, “ha un leader che si pone come un messia, che però non ha dietro alcun vangelo”. In comune, prosegue ancora De Mita, “Cinquestelle e Lega hanno l’essere solo azione. Dietro non c’è alcun pensiero. Ecco perché, per uno come me, abituato a pensare prima che ad agire, adesso è tutto più difficile”.

A preoccupare De Mita è “il silenzio delle forze storiche del Paese”. Un problema di leadership e di consenso. Sul Pd, dice che “è come Garibaldi in Sicilia”. E spiega: “Quando stava in Sicilia, e gli dissero di ritirarsi, Garibaldi rispose: “Sì, ma dove?”. Così è il Pd. Pure se si ritira, non sa dove andare. E quando non sai dove andare, la massima velocità che riesci a raggiungere è rimanere fermo”.

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