Prevenzione dei tumori, impattano stile di vita sano e adesione agli screening
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La prevenzione primaria rappresenta la strategia più potente ma è trascurata. A ribadirlo è Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università degli Studi di Milano, secondo cui circa il 40% dei tumori e dei decessi oncologici in Italia potrebbe essere evitato intervenendo su fattori di rischio noti e modificabili. «Stili di vita scorretti, esposizioni nocive e disuguaglianze sociali pesano in modo determinante sulla salute pubblica».
Fumo e alcol, i nemici principali
Il fumo ogni anno, in Italia, è responsabile di oltre 60.000 nuovi casi di tumore (17% del totale), con una mortalità che tocca i 40.000 decessi, pari al 24% di tutte le morti oncologiche. «Si tratta del principale fattore di rischio prevenibile – sottolinea La Vecchia – eppure nonostante il calo dei fumatori negli ultimi decenni, l’impatto rimane altissimo, soprattutto tra gli uomini». Segue l’alcol, associato a 13.000 nuovi casi e 6.000 decessi l’anno. La buona notizia? «Il rischio è drasticamente riducibile: oltre il 90% dei tumori correlati all’alcol sarebbe evitabile con un consumo leggero e consapevole».
Sovrappeso e cattiva alimentazione
Il sovrappeso e l’obesità sono responsabili del 4% circa dei tumori in Italia: un dato inferiore rispetto ad altri Paesi ad alto reddito ma La Vecchia avverte: «Il pericolo è in aumento, specialmente tra i giovani. E i tumori collegati all’eccesso ponderale – come quelli del colon, dell’endometrio o del rene – sono in crescita». Strettamente connessa è l’alimentazione: una dieta povera di fibre, frutta e verdura e ricca di carni processate e grassi saturi è alla base di circa 11.000 decessi l’anno, pari al 5% del totale oncologico.
Fattori ambientali, agenti infettivi e disuguaglianze sociali
Circa il 7% dei tumori è legato a infezioni come l’Helicobacter pylori, l’HCV, l’HPV e il virus dell’epatite B, mentre un altro 1-1,5% è attribuibile a esposizioni lavorative a sostanze cancerogene come amianto, diesel, cromo e silice. Ancora più impattante è il fattore socioeconomico: la sola bassa scolarità è associata al 25% dei casi di tumore negli uomini e al 13% nelle donne. «In Italia esiste una profonda disuguaglianza nelle abitudini di vita – in particolare fumo di sigarette, sovrappeso e alimentazione – e anche nell’accesso alla prevenzione e nella qualità dell’informazione – sottolinea La Vecchia – e questo genera disparità sanitarie inaccettabili». Una fotografia nitida: le malattie oncologiche non sono solo una questione genetica o di sfortuna, ma spesso il risultato di scelte quotidiane e condizioni evitabili. «Serve un forte impegno istituzionale – conclude – per promuovere politiche di prevenzione, in particolare al controllo del tabagismo, campagne educative e interventi mirati nei contesti a rischio».
Ecp promuove iniziative educative e campagne di prevenzione per la diagnosi precoce dei tumori
Il senologo Giovanni Corso: «Prevenzione secondaria e screening sono strumenti salvavita. Serve più cultura sanitaria». Se la prevenzione primaria mira a evitare l’insorgenza dei tumori, quella secondaria si concentra sull’intercettazione precoce della malattia. E può fare la differenza. Ne è convinto il professore Giovanni Corso, chirurgo senologo presso lo IEO (Istituto Europeo di Oncologia) e ricercatore universitario della Statale di Milano, che da anni si occupa di tumori della mammella e strategie di prevenzione oncologica. «Oggi abbiamo gli strumenti per individuare molti tumori in fase iniziale ma dobbiamo farli arrivare a tutti e soprattutto fare in modo che le persone li usino».
Screening, un’opportunità da non sprecare
In Italia esistono grandi programmi di screening gratuiti per la popolazione: mammografia per il tumore al seno, pap-test o HPV test per il tumore al collo dell’utero, ricerca del sangue occulto nelle feci per il tumore al colon-retto, e anche la TAC a basso dosaggio per i soggetti fumatori. «Si tratta di esami semplici, non invasivi e di comprovata efficacia che ogni anno permettono di salvare migliaia di vite, soprattutto quando il tumore è ancora asintomatico e localizzato». Eppure, nonostante l’offerta pubblica, i tassi di adesione sono ancora lontani dall’obiettivo del 70% raccomandato a livello europeo. «Occorre fare educazione sanitaria fin dalle scuole».
La forza della diagnosi precoce
Intercettare un tumore in fase iniziale significa aumentare significativamente le probabilità di guarigione, limitare le terapie più aggressive e ridurre l’impatto psicologico e sociale della malattia. «Nel tumore al seno, ad esempio, se diagnosticato grazie allo screening e quindi in fase precoce, la sopravvivenza può superare il 90% – chiarisce Corso – e spesso si può evitare la chemioterapia o un intervento demolitivo». Una tendenza preoccupante riguarda il Sud Italia, dove negli ultimi anni si è registrato un aumento delle diagnosi di tumore alla mammella, soprattutto in fasce d’età sempre più giovani. «Un fenomeno che richiede attenzione e investimenti in informazione, perché la cultura della prevenzione resta troppo bassa». Anche altri tumori possono essere prevenuti o scoperti in tempo con semplici controlli periodici.
Oggi la prevenzione secondaria si avvale anche della tecnologia. «In senologia abbiamo tecniche avanzate come la mammografia con tomosintesi o con mezzo di contrasto, l’ecografia ad alta risoluzione, la risonanza magnetica e, nei casi ad alto rischio, test genetici – spiega Corso – che consentono una valutazione più accurata e una conoscenza del rischio familiare». Ma la disponibilità tecnologica non basta. «Dobbiamo garantire equità: troppi territori sono scoperti o offrono accessi limitati, e questo penalizza soprattutto le fasce sociali più deboli». A sostenere l’impegno per una prevenzione capillare c’è anche il mondo terzo settore, che – come spiega Corso – svolge un ruolo strategico nel trasferire l’informazione dei progressi della ricerca scientifica dai laboratori al grande pubblico. «In particolare Ecp, European cancer prevention organization Aps, promuove iniziative educative e campagne di prevenzione in collaborazione con le scuole. In Campania, ad esempio, vengo spesso invitato dai dirigenti scolastici per parlare agli studenti, che dimostrano un interesse sincero e partecipato. Se formiamo le nuove generazioni, possiamo davvero cambiare le cose».
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Per informazioni: www.ecpo.org
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