Ritorno della leva militare? La lezione del sisma del 1980

di Federico Lenzi

Il sisma del 1980 ha segnato il passaggio di un’epoca. Molto spesso è considerato lo spartiacque tra il mondo agricolo del XX secolo e il sogno industriale del XXI secolo. La distruzione apportata dalle onde sismiche è stata soltanto parte del cambiamento segnato da questa data. Negli anni seguenti massicci investimenti hanno stravolto il tessuto socio-economico della aree terremotate. Probabilmente, i politici dell’epoca non potevano minimamente immaginare quale sarebbe stato il peso delle loro scelte sulle generazioni future.

Un esempio è il lavoro realizzato da Cipollone e Rosolia (2007) per il servizio studi della “Banca d’Italia”. L’obiettivo della ricerca era studiare come determinate politiche pubbliche vadano ad influire sulle scelte formative degli studenti. Ovviamente, vi chiederete come mai la “Banca d’Italia” si occupi di questi temi: queste scelte hanno un impatto sul capitale umano della nazione, il quale a sua volta aumenta la produttività e quindi il fatturato dell’economia italiana.  In seguito al terremoto del 1980, la leva militare obbligatoria venne sospesa per i residenti nati prima del 1966. All’epoca la leva militare prevedeva l’arruolamento per dodici mesi, al compimento dei 18 anni. La leva poteva essere posticipata al compimento dei 22 anni per poter terminare gli studi. La leva obbligatoria era presente solo per gli uomini, mentre le donne non avevano accesso ai corpi militari.

E’ stato provato come la leva rappresentasse una via di fuga dalla scuola. Ad arruolarsi erano spesso gli studenti meno motivati, o quelli provenienti da ceti svantaggiati. Lo studio in questione compara la generazione degli anni 80, esentata dalla leva, con quella precedente e con i ragazzi residenti in aree non esonerate.

Nelle aree esonerate dalla leva, la percentuale di ragazzi che completò con successo le scuole superiori fu più alta del 2%. Il maggiore tasso d’istruzione si ripercosse in un miglior status socio-economico. Studi americani hanno provato risultati simili sui ragazzi non arruolati nella guerra in Vietnam. Secondo stime OCSE, un aumento dell’1% del tasso di completamento delle scuole superiori si trasforma in un aumento permanente dello 0,25% del prodotto interno lordo (PIL). Possiamo ben dire come il terremoto abbia generato perdite milionarie, ma come questa semplice sospensione della leva obbligatoria abbia portato a un incremento dello 0.5% del PIL nazionale.

Non è tutto, la vera novità di questo studio consiste nella scoperta di una reciprocità tra ragazzi e ragazze. Quando i ragazzi proseguono gli studi anche le ragazze continuano, raggiungendo un maggior grado d’istruzione. Secondo lo studio di Cipollone e Rosolia, un aumento dell’1% nel tasso di completamento delle superiori per i ragazzi corrisponde in un aumento dello 0,7-0,8% del tasso di completamento delle ragazze. Questo effetto sulle donne sembra essere dovuto al sistema formativo italiano e alla piccola dimensione dei nostri paesi: molto spesso i compagni di classe iniziano e terminano insieme la scuola dell’obbligo. Precedenti studi hanno dimostrato come la presenza di un gruppo tende a trasmettere qualsivoglia impatto positivo su tutti i suoi membri. In seguito alla sospensione della leva militare obbligatoria l’1.4%-1,6% in più delle ragazze (e il 2% in più dei ragazzi) concluse le scuole superiori.  Lo studio è stato realizzato utilizzando un campione di paesi intorno al cratere (nella figura indicati in giallo come “treated”), questi ultimi sono stati comparati con i paesi confinanti non esclusi dalla leva obbligatoria (nella figura indicati come “control” in blu e “outer control” in grigio). L’intera provincia di Avellino non è stata considerata nel campione in questione: queste evidenze potevano essere riscontrate solamente nei paesi lievemente intaccati dal sisma (come Bagnoli Irpino). Nei paesi rasi al suolo, la precarietà con cui venne erogato il servizio scolastico avrebbe inficiato sui risultati dello studio. Praticamente, gli autori avrebbero dovuto giudicare uno per uno gli oltre cento comuni irpini.

 

Negli ultimi mesi, abbiamo ascoltato esponenti della destra proporre a gran voce il ritorno della leva militare. Questo studio dimostra come la leva militare rappresenti una via d’uscita dalla scuola per i ragazzi meno motivati. La quale si ripercuote in minori prospettive economiche e occupazionali; e in minore crescita del PIL a livello nazionale. In parole spicciole, chi proviene da una famiglia economicamente svantaggiata sarà attratto da questa proposta e abbandonerà precocemente gli studi. Alla fine della leva non tutti verranno assunti nell’esercito e coloro che resteranno fuori avranno maggiori difficoltà nel trovare lavoro (o nel guadagnare uno stipendio elevato) rispetto ai coetanei con maggiore istruzione, o esperienza lavorativa.

Federico Lenzi

(da Fuori dalla Rete, Giugno 2020, anno XIV, n. 3)

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