Il fascino secolare del tiglio al castello e del carpino del Gavitone. Intervista al dott. Ferdinando Zaccaria

di Giulio Tammaro

SI è dibattuto spesso in questi anni della tutela del patrimonio arboreo bagnolese. La querelle sulla raccolta del legnatico secco a terra ed in piedi, come le tante denunce da parte delle associazioni ambientalistiche sul taglio indiscriminato perpetrato ai danni dei boschi di faggio del Laceno, sono soltanto alcune delle questioni dibattute in paese anche attraverso il portale web della nostra associazione.

In questo numero di Fuori dalla Rete abbiamo voluto spostare l’attenzione su una tematica affrontata, nel corso degli anni, soltanto sommariamente, ovvero la tutela del carpino del Gavitone e del tiglio di piazza Castello. Sono due esemplari molto particolari che vivono in un contesto fortemente antropizzato, il carpine addirittura ponendo le sue radici all’interno della torre dell’orologio. Questa sua particolarità l’ha reso celebre oltre i confini bagnolesi. Eppure, come spesso accade, la quotidianità, il vederli sempre lì, in ogni stagione,  non ci fa accorgere che anche loro, come tutto del resto, cambiano ed hanno bisogno di attenzione e cure.

Proviamo a farlo attraverso queste colonne chiedendo al dott. Ferdinando Zaccaria, agronomo avellinese, che si sta occupando insieme all’associazione Rami (Registro degli Alberi Monumentali d’Italia) del censimento dei nostri esemplari da inserire nel registro degli alberi monumentali della Campania, qual è lo stato di salute e cosa fare per far sì che continuino a far parte della nostra comunità. Ringraziamo il dott. Zaccaria per il lavoro che sta svolgendo a titolo gratuito e per la disponibilità accordataci.


Si sta occupando da tempo insieme all’associazione RAMI di alcuni esemplari presenti sul nostro territorio ed in particolare del carpine del Gavitone e del tiglio di piazza Castello. A che punto sono le pratiche per l’inserimento dei due esemplari nel registro degli alberi monumentali?

Per la settimana prossima si concluderà la prima fase, ossia la schedatura di campo, quindi le schede saranno consegnate insieme a quelle di altri alberi, da noi indicati come monumentali, al comune di Bagnoli Irpino. Poi spetterà agli uffici comunali dare luogo alla fase successiva, ossia inoltrare le schede alla Regione Campania, e qui essere sottoposto al vaglio della Commissione Regionale di esperti per il parere di monumentalità. Sicuramente per il 2022 avremo il riconoscimento tanto atteso, anche perché secondo me, le due piante hanno tutti i requisiti per essere riconosciute tali. 

I due esemplari appena citati non sono gli unici che avete censito, quali sono gli altri alberi indicati per essere registrati?

Il territorio montano bagnolese è una vera e propria continua sorpresa, poiché tra faggi, aceri e meli selvatici, il parterre é davvero ricco e variegato. Al momento, le schede redatte sono 11, ma sicuramente le proposte saranno maggiori, infatti l’amico Diego Infante responsabile dell’associazione RAMI (Registro degli Alberi Monumentali d’Italia) con cui divido questo incarico, totalmente gratuito, conosce benissimo il territorio dei Picentini, e mi assicura che l’area montana è ricca botanicamente e per questo va protetta ed esplorata. 

Quali sono i criteri per definire nel dettaglio un albero “monumentale”?

Il decreto 23 ottobre 2014, individua 7 criteri di attribuzione del carattere di monumentalità, da considerare sia in modo aggiuntivo che alternativo, determinando nell’albero, un pregio naturalistico. Gli aspetti a cui si riferisce la normativa sono: a) l’età e le dimensioni dell’albero; b) la rarità botanica; c) la forma e il portamento; d) il valore ecologico; e) il pregio paesaggistico; f) il valore storico-culturale-religioso; g) l’architettura vegetale. I nostri due alberi hanno un elevato pregio naturalistico perché rientrano in più di uno di questi criteri, in modo particolare il “carpino del gavitone” che racchiude in sé tutti gli elementi di monumentalità. Va sottolineato che la schedatura degli alberi monumentale, non è da considerarsi come un’azione di tipo semplicemente vincolistico ma, piuttosto, come una opportunità di tutela e valorizzazione poiché questi patriarchi sono un tesoro dal valore inestimabile che custodiscono secoli e secoli di memorie, leggende e avvenimenti storici. Essi sono veri e propri monumenti naturali in quanto tali possono essere oggetto di turismo verde. 

Qual è invece la procedura per segnalare alberi monumentali agli organi competenti?

Il censimento degli alberi monumentali è realizzato dai Comuni, sotto il coordinamento delle Regioni, sia mediante ricognizione territoriale con rilevazione diretta, ed è il caso nostro, che a seguito delle schede di segnalazioni provenienti da cittadini, associazioni, istituti scolastici, ecc. Nel passato, l’unico organismo, nella nostra Regione, che si è occupato di questi monumenti vegetali è stato il Corpo Forestale dello Stato che nel 1982 ha effettuato un censimento sommario, interessando gli alberi eccezionalmente vecchi. Solo oggi, a seguito della legge nazionale n. 10 del 14 gennaio 2013, art. 7 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” e “Disposizioni per la tutela e salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale”; si è potuto finalmente sopperire al vuoto legislativo regionale, obbligando gli enti pubblici a censire e schedare gli alberi monumentali, prima forma di tutela. Le Regioni, sulla base delle proposte provenienti dai Comuni, provvedono a redigere gli elenchi regionali. Tali elenchi, una volta approvati con delibera regionale, vengono inviati dalla singola Regione al Mipaaf che provvede alla redazione e alla gestione di un elenco nazionale degli alberi monumentali. 

Ritorniamo ai due alberi presenti in paese qual è lo stato di salute del tiglio e del carpino?

Sono alberi che vivono in un contesto fortemente antropizzato, in modo particolare il carpino, che ubicato in pieno centro abitato è maggiormente sottoposto agli effetti negativi dell’urbanizzazione, quali, le isole di calore, le alterate condizioni pedoclimatiche del microhabitat che lo accoglie, gli scarsi movimenti di masse d’aria, ecc. Aspetti questi che rendono, notoriamente, la vita degli alberi difficile, tanto più se gli stessi sono considerati veterani o annosi. Sono piante che non solo vivono in una condizione di delicato equilibrio, ma presentano evidenti segni di alterazione dettati dal tempo e dalla errata gestione a cui sono stati sottoposti nel passato. Il loro annuale ma ridotto sviluppo vegetativo (deboli ricacci vegetativi), la presenza di cavità nella struttura legnosa, sono sintomi di azioni di microrganismi patogeni (agenti di carie del legno) penetrati attraverso ferite prodotte nei tessuti legnosi, da tecniche di potatura improprie, quali la capitozzatura della chioma, molto diffusa nel passato ma oggi fortunatamente bandita da legge. Patogeni, ancora presenti nella pianta, che lentamente continuano ad indebolire i 2 alberi, favoriti dal contesto ambientale negativo. Dei due, a vista, il carpino è quello che presenta maggiori problematiche fitosanitarie e di stabilità. 

Quali tipologie di interventi conservativi si possono eseguire sugli alberi monumentali?

Occorre fare un distinguo fra le due piante, perché mentre il tiglio ha subito nel recente passato un intervento di manutenzione straordinario, di cui ne sono stato diretto artefice, il carpino non sembra aver ricevuto attenzione di manutenzione particolare. Considerando che un albero monumentale non sopporta trattamenti scorretti né variazioni improvvise del suo micro-habitat, la gestione va impostata sulla stabilità della sua microsfera ambientale. Gli interventi di cura e di manutenzione rappresentano un beneficio solo se fondati su programmi a lungo termine, poiché interventi “una tantum” sono generalmente inefficaci, talvolta dannosi quando comportano variazioni improvvise nell’ambiente in cui l’albero si è adattato nel tempo. Ritornando alla domanda, è importante dar luogo ad una programmazione di manutenzione che preveda in primis, la conoscenza del valore di rischio dei singoli soggetti verso persone e cose, poi si definiranno le azioni necessarie alla mitigazione del rischio, con interventi terapeutici e di cura manutentiva adatti a risolvere il problema diagnosticato e gli effetti negativi. Si ritiene fondamentale una pianificazione degli interventi che abbia inizio con una analisi strumentale, necessaria all’individuazione dei punti critici (punti di cedimento) delle strutture portanti dell’albero e al tipo di potatura da adottare, al fine di ottenere una pianta equilibrata e stabile nel tempo, fino all’adozione di un piano accurato di concimazione volto a migliorare la fertilità e la capacità ammendante del suolo necessario per il buon sviluppo del bionte vegetale. In definitiva la cura di un albero in fase di senescenza deve essere costante nel tempo, puntuale e calibrata sulle capacità di adattamento alle variazioni dello stesso. Si ritiene che il piano di gestione sia lo strumento più adatto a garantire all’albero tale particolare attenzione. 

Il clima sta radicalmente cambiando con fenomeni sempre più estremi. I cambiamenti climatici possono creare problemi alla sopravvivenza degli alberi monumentali?

Gli alberi monumentali dimostrano con la loro longevità di essere riusciti ad adattarsi ai cambiamenti climatici oltre a contrastare efficacemente le malattie. Potrebbero dunque sopravvivere anche ai rapidi cambiamenti climatici in corso. Studi dimostrano che la sensibilità climatica, è diversa tra le specie. Ad esempio, se da un lato le alte temperature primaverili aumentano la crescita delle conifere, dall’altro, ha un impatto negativo e frena la crescita delle Fagaceae, es. il faggio. Al contempo, all’interno di una stessa specie, i vecchi alberi crescono a una velocità relativamente lenta ma stabile, mostrando nel tempo una straordinaria resistenza al riscaldamento climatico. All’opposto, gli individui più giovani, pur essendo della stessa specie, mostrano nel tempo una crescita accelerata che in qualche modo li espone ai danni climatici.

Giulio Tammaro

(da Fuori dalla Rete, Novembre 2021, anno XV, n. 5)


Carpino (fontana del Gavitone, Bagnoli Irpino)


TIglio (Piazza Castello, Bagnoli Irpino)


Faggio “Il nonno” (Altopiano del Laceno)

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