Pensare ad un’alternativa di paese

La rubrica di Giovanni Nigro

C’è chi dice …

… che abbiamo bisogno, come paese e come persone di un’alternativa. Magari in politica, magari qualcosa di diverso da oggi ed è vero. Anzi verissimo. Ne abbiamo bisogno come persone, prima che come cittadini di questo paese. Lo dobbiamo soprattutto alle generazioni future. Che magari sono poco interessate di quello che sta succedendo e vogliono solo decidere dove svagarsi.

Giusto, soprattutto in un periodo, come questo, dove lo svago è relegato in determinate ore prima del coprifuoco. Ed è relegato anche in un cerchio ristretto di incontri, dove e quando si può. Bene ci sta. Dobbiamo pensare soprattutto a cambiare il punto di vista a mettersi nei panni dell’altro. La tanto ostentata anche da me, su queste colonne, alternativa, non deve essere solo politica, non deve essere solo gestionale, ma deve far cambiare l’essere cittadino di un paese.

L’essere cittadino, ovviamente è molto più semplice se ci sono meno scissioni e più unioni, se ci sono meno io e più noi, se ci sono meno crisi e più premi. Ma anche, se si mette avanti a tutto il paese, bene o male un posto, quello in cui scegliamo, magari di vivere e resistere. Come capita a qualche giovane locale. Tutto il resto crea quel rumore assordante che ci infastidisce quando cerchiamo la stazione radio giusta che trasmette le partite. Quel rumore va eliminato per ascoltare limpidamente ciò che accade intorno a noi e per noi. L’alternativa è molto spesso un ultimatum, cioè quello che si sceglie per andare avanti. Per mostrare cosa siamo e dove vogliamo andare.

Ecco dopo questa crisi amministrativa più che fossilizzarci sulla creazione delle varie liste, come avviene da tanti anni ormai, dove il gruppo è unito solo nella vittoria e niente più, bisognerebbe ripensare al modo in cui perseguire l’obiettivo. Magari tralasciando quello che è diventato uno standard e cioè le chiamate last minute. Le chiamate della sera per la mattina, ma anche la mattina per la mattina. A volte senza nemmeno permettere di fare colazione.

Beh! Ci vuole l’alternativa a questo. E da dove potrebbe partire? Magari dalla volontà di partecipare e non per forza vincere, ma anche dal fatto di intraprendere un percorso che può durare anche anni di opposizione, da fare tutti insieme e che potrà ricevere la tanta agognata fiducia in futuro.

Ma al di là della politica e dell’imminente attualità che inevitabilmente ci porta a pensare a cosa succederà da oggi fino a quando si dovrà scegliere il nuovo primo cittadino, l’invito è a pensare ad un’alternativa di paese. Un paese composto di giovani, vecchi, donne, uomini e cani e gatti. Non fatto solo di parole, quelle che molto spesso in questa rubrica mi sono state d’ispirazione per raccontare ciò che si dice in giro. Ciò per cui si parla e sparla.

Ripartiamo da una certezza che è quella che non ci possiamo fermare e non ci possiamo far fermare da quel rumore, così fastidioso, per cui ci fai l’abitudine. Con un messaggio chiaro l’alternativa c’è e sono le persone a crearla. Sono i nuovi propositi per il nuovo anno che di solito si raccontano la sera di capodanno, sono le promesse mantenute e le belle parole spese. Questa è l’alternativa a tutto questo. Perché, ribadisco, non è solo la politica, sono le persone a cambiare un paese.

Quello che la politica non può fare è quello di rendere vivibile nel quotidiano un posto e questo lo fanno soprattutto le persone. Quelle che si battono ogni giorno per resistere e restare. Per mostrare che questo posto è il posto più bello del mondo, nonostante la piazza, nonostante il chiacchiericcio e nonostante la crisi amministrativa.

Facciamo un esempio lampante: ben venga la creazione di un nuovo consorzio turistico, che riparte daccapo e che ha al suo interno diverse generazioni, diversi pensieri e diversi ruoli, ben venga perché potrebbe essere una alternativa a quello che era fino ad oggi, bene o male se ne pensi. Quindi, ben venga. È importante anche l’età media della popolazione. Far cambiare idea ad un 70enne è sempre più difficile di quanto potrebbe essere far cambiare idea ad un giovane, anche se dalla sua non ha la saggezza dovuta dall’esperienza. Però il tentativo va fatto.

Cambiamo tutti la mentalità, la funzionalità e l’impegno di questo paese per cui ci sforziamo ogni giorno. Forse può sembrare retorico, anche perché quando cade un’amministrazione siamo tutti, ma proprio tutti, bravi a dire che è meglio così e che “se ero io…”, ma abbiamo qualche mese per pensare. Pensare per non ricadere in errori passati, per non ricadere in una campagna elettorale povera di contenuti, per non avviarci a parlare di chi so io e chi sei tu. Iniziamo invece a pensare a cosa siamo tutti ed allora l’alternativa si vedrà e a quanto pare saremo pronti anche a quella.

Anche perché altrimenti di cosa parliamo quando ci incontriamo e ci abbracciamo (speriamo il prima possibile) in Piazza?

Giovanni Nigro

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2021, anno XV, n. 2)

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