Progetto Pilota: THE END

di Michela Cetta

È finito. Il film “Progetto pilota” è finito sabato a Nusco, mentre scorrevano gli ultimi titoli di coda. Una lavorazione durata circa dieci anni fuori da qualsiasi convenzione: non è stata una “commedia all’italiana” come le scene della lite delle comari sul ballatoio farebbero pensare, piuttosto si è trattato di quel genere drammatico sicuramente più vicino alla vita dell’Alta Irpinia.

Ma non è finita la recita a soggetto, perché ieri – come se sabato non fosse accaduto nulla – quegli stessi e scadenti attori – accompagnati dalle solite comparse – si sono ritrovati in quel di Calitri per montare un nuovo set e girare un altro film; senza il bisogno di alcuna autocritica né alcuna riflessione, come se il fallimento del primo film non fosse mai avvenuto e bastasse semplicemente cambiare una parte del copione e fermare la macchina da presa sulle ultime scene, quelle del vecchio vescovo ormai diventato emerito, per ricominciare daccapo; come se il resto della compagnia cantante fosse stato composto da chierichetti o da novizie: in questi anni la sabbia della clessidra ha segnato il tempo di recitazione di tutti i protagonisti, nessuno escluso.

Ma perché si è arrivati a questo assurdo epilogo?
Il progetto pilota è svanito perché mancava di una strategia, di una visione generale, privo com’era di qualsiasi spessore politico e culturale; viveva alla giornata, del tutto isolato dalle Comunità che ne ignoravano addirittura l’esistenza; estraneo persino ai rimasugli di vanità di quasi tutti i sindaci, che più fallivano più si invelenivano.

In un anno e mezzo di pandemia, con la sanità del territorio al collasso, non si è alzata una sola voce – di uno solo dei 25 sindaci del progetto pilota – per difendere la medicina di prossimità e l’ospedale Criscuoli-Frieri; non si è alzata una sola voce per sostenere la vertenza dei lavoratori della Scame – dell’indotto Whirlpool – nonostante la visibilità e la valenza nazionale della stessa; non si è alzata una sola voce contro le politiche di emarginazione delle zone interne da parte dell’amministrazione regionale di De Luca.

Il progetto pilota è venuto meno perché non ha mai avuto un’anima, quella nobile, umile ed antica dei nostri paesi.

E, diciamolo una volta per tutte: molti sindaci dell’Alta Irpinia non amministrano ma spadroneggiano, al punto dall’aver trasformato i municipi in case regnanti che possono durare decenni, mortificando e silenziando intere comunità.

Sul finire della guerra sui muri di Roma comparve una scritta: “Andatevene tutti e lasciateci piangere da soli“.

Valeva ieri per gli eserciti stranieri in Italia, vale oggi per i sindaci dei paesi dell’Alta Irpinia.

Michele Cetta (dalla sua pagina Facebook)

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