Torna la Democrazia Cristiana con Gianfranco Rotondi

Il deputato irpino Gianfranco Rotondi, eletto alla Camera dei Deputati lo scorso anno nel collegio Uninominale Campania 2 (Avellino), nei giorni scorsi dopo una lunga battaglia legale ha riportato in vita la Democrazia Cristiana. La convention di Saint Vincent è stata l’occasione per il grande annuncio. Il politico avellinese, sempre attento alle dinamiche irpine, lancia questa nuova sfida politica riportando, anche se con qualche variante, lo storico scudo crociato al centro della politica italiana ed irpina. 
VI suggeriamo, in particolare agli appassionati di politica e di simboli politici,  di leggere con attenzione questa lunga intervista concessa a Gabriele Maestri per il sito “www.isimbolidelladiscordia.it”. Buona lettura! GT

Torna la Democrazia Cristiana, con Rotondi e lo scudo crociato ribaltato 

Compiuta, anche questa volta. Con il suo consueto fine settimana lungo a Saint-Vincent – organizzato da anni nella stessa città che nella Prima Repubblica aveva ospitato i convegni della sinistra sociale di Carlo Donat-Cattin – Gianfranco Rotondi ha attirato l’attenzione dei media e ha colto l’occasione per pre-annunciare (prima) e annunciare (poi) il ritorno del passato remoto e quasi-prossimo, leggermente rivisto. Torna la “sua” Democrazia cristiana, con il nome che lui stesso era stato autorizzato a usare alla fine del 2004 per il partito da lui appena fondato. Ed è proprio quel partito, come soggetto giuridico, a essere stato riattivato di nuovo, dopo che era stato “congelato” una prima volta alla nascita del Pdl (2008), “scongelato” nel 2018 quando lo stesso Rotondi aveva provato a guidare un tentativo di federazione di varie forze di area e ispirazione democristiana e “rimessa in sonno” un anno più tardi, dopo che alle elezioni del 2019 il progetto aveva mostrato i suoi limiti. Il progetto del 2004, insomma, viene rianimato, tra segni di continuità e altri di cambiamento (stavolta, per esempio, c’è uno scudo crociato – quasi jacovittesco – mentre Rotondi in passato non l’aveva voluto). Come in passato, vale la pena approfondire quei passaggi con il protagonista di questa storia – nonché di quella dei democristiani dopo la Dc storica approfittando della sua disponibilità a farsi intervistare a ogni novità emersa.  
Onorevole Rotondi, possiamo dire che è iniziata la “terza vita” della “sua” Democrazia cristiana?
Mah, io faccio fatica a sezionare questa piccola storia: in realtà, dal punto di vista giuridico, la Democrazia Cristiana è rimasta sempre quella da me fondata nel 2004. Ricordiamo le puntate precedenti per chi dovesse agganciarsi ora…
Ricordiamole.
La Democrazia cristiana conclude la sua unità nel 1994, con l’ultima battaglia unitaria del Partito popolare italiano, anche sotto le insegne del Patto per l’Italia guidato da Mariotto Segni; nel 1995 Buttiglione “spacca” il partito e, in seguito, sulla scena agiscono il Cdu e il Ppi. Successivamente il Cdu porta lo scudo crociato nell’Udc; contestualmente si rendono necessari nuovi negoziati tra gli “eredi” politici della Dc. In quell’occasione, si stabilisce che il patrimonio sia lasciato completamente nella titolarità e nella gestione del Ppi e l’uso dello scudo crociato viene confermato al Cdu; in seguito, su mia richiesta, i legali rappresentanti del Ppi firmano un atto con cui mi autorizzano a usare il nome “Democrazia cristiana” per identificare una nuova associazione costituita da me.

Io, dunque, non rappresento nessuna continuità della Dc storica, ma sono autorizzato da quest’ultima [cioè dal Ppi – ex Dc, ndb] a usare quel nome. Fondato il partito nel 2004, ne abbiamo presentato le liste alle elezioni regionali del 2005 in Piemonte, Campania e Puglia: abbiamo subito i ricorsi dell’Udc che contestavano la confondibilità del contrassegno con il loro, ma abbiamo vinto, ora al Tar [per il Piemonte, ndb], ora al Consiglio di Stato [per le elezioni pugliesi, ndb], vedendoci riconosciuta la legittimità dell’uso di quel nome, diritto che io ho ricevuto in esclusiva come presidente di quell’associazione -partito. Noi abbiamo poi resistito, vincendo, anche in tutti i giudizi civili e amministrativi avviati nei nostri confronti da sedicenti Democrazie cristiane, ottenendo persino un decreto penale che condannava i rappresentanti di una di queste Dc “fasulle” a non molestare più gli esponenti della Democrazia cristiana.

                               

Questo per quanto riguarda gli inizi, poi?

Abbiamo partecipato – come Dc per le autonomie – alle elezioni politiche del 2006 [in una lista comune con il Nuovo Psi, ndb], ottenendo la possibilità di formare gruppi parlamentari alla Camera e al Senato; abbiamo poi concorso con Silvio Berlusconi a fondare il Popolo della libertà e, alla pari di Forza Italia e Alleanza nazionale, abbiamo deliberato di sospendere la nostra attività politica senza scioglierci. Spaccato e “finito” il Pdl, una parte consistente di An ha dato luogo a Fratelli d’Italia, Forza Italia ha ripreso il suo cammino e anche la Democrazia cristiana ha ripreso un’attività autonoma. In seguito, anche se il partito è rimasto sempre lo stesso, abbiamo ritenuto di presentarci con motti diversi dal nostro nome ufficiale: io do, come tutti i parlamentari, un contributo mensile al mio partito e i miei soldi li ho sempre dati alla Democrazia cristiana, solo che in vista del 2018 ci siamo presentati con il motto “Rivoluzione cristiana”, mentre in vista di quelle del 2022 il motto è diventato “Verde è Popolare”. Non si è trattato di partiti nuovi rispetto alla Dc: erano sempre espressione dell’esperienza di questa Democrazia cristiana comunemente nota come “la Dc di Rotondi”. Ora che abbiamo ripreso questa denominazione abbiamo, in un certo senso, consacrato una cosa che nel linguaggio comune già c’era, chiamandola “Democrazia cristiana con Rotondi”. Questo è anche, se vogliamo, un gesto distensivo verso le Dc che noi chiamiamo “apocrife”: nel giorno in cui queste rinsavissero, capendo che una Democrazia cristiana deve partire da chi ha il diritto di usare questa denominazione, noi la metteremmo a disposizione di un progetto politico comune, togliendo evidentemente la dicitura “con Rotondi” che ora serve solo a evitare confusioni in questo gran pasticcio di soggetti che aspirano a essere la Dc.

Questa proposta, se ben ricordo, l’aveva già formulata in agosto, quando il giudice Goggi del Tribunale di Roma aveva respinto il ricorso di Cuffaro contro l’Udc sull’uso dello scudo crociato.
Vede, in effetti Cuffaro presenta un simbolo diverso da quello dell’Udc, ma anche da quello della Dc storica e dal nostro, quindi per certi aspetti è un dispendio di energie: in queste condizioni tutte queste Dc non raccolgono grandi consensi.
Sembrano condizioni più favorevoli ad alcuni sport preferiti dai democristiani, di cui ha parlato nel suo ultimo libro La variante Dc
Già, cacciata del segretario e scissione: questi sono diventati gli esercizi della Dc nel tempo del declino. Ma insomma, ha presente la famosa frase per cui la storia si presenta una prima volta come tragedia e una seconda come farsa? Qui siamo oltre: siamo ormai al cabaret…

Faccio un passo indietro: diceva che non ha costruito partiti nuovi rispetto alla Dc(a), ma aveva un proprio statuto Rivoluzione cristiana e ce l’ha anche Verde è Popolare.

In effetti si è provveduto a dare uno statuto autonomo a entrambe queste fasi, come se si trattasse di correnti di pensiero che operavano dentro la Dc. Il fatto è che io pensavo che occorresse rinnovare il modo di presentarsi, invece abbiamo scoperto in questi anni che l’elettorato di riferimento si fabbricava da solo – come se usasse uno di quei kit di autostampa che si trovano in Rete – la sua Democrazia cristiana. A questo punto, diamo alla gente quello che la gente chiede: sarà una porzione limitata, non più un popolo democristiano ma un popolino, ma se vogliono la Dc perché non dovremmo dargliela?

Non è l’unico ritorno al passato: già alla vigilia dell’ultima giornata di Saint-Vincent aveva pubblicato una foto “anticipatrice” con Lucio Barani – con garofano d’ordinanza nel taschino – e Stefano Caldoro. Domenica 29 ottobre è stato reso noto un accordo tra i vertici della “sua” Dc e del Nuovo Psi. E la mente corre subito al 2006 e alla lista comune, ripescata come “migliore sotto il 2%” alla Camera…

Ma infatti io fatico a definire nuova l’iniziativa di Saint-Vincent: più che un rinnovamento, è una restaurazione di una linea politica che forse abbiamo un po’ perso di vista in questi anni. Noi abbiamo riproposto i partiti del Novecento, visto che l’operazione è leggermente più vasta della riproposizione della Democrazia cristiana: noi pensiamo a un’area che riproponga le culture che hanno fatto grande il Paese, quindi il cattolicesimo politico, il socialismo democratico e riformista, il liberalismo, la tradizione repubblicana. Il pentapartito, insomma.

Da queste culture politiche vogliamo far nascere classi dirigenti nuove, attrezzate e dare a Giorgia Meloni una seconda gamba, non forte come Fratelli d’Italia, ma sicuramente affidabile, desiderabile ed unita. Vogliamo creare una forza politica che, sì, si richiami alla Dc, ai socialisti… ma che sia attuale, viva nel tempo di oggi e proponga una classe dirigente lontanissima dalle patologie che hanno portato la Dc e anche il Psi alla distruzione. Per fare un esempio, noi non abbiamo mai abrogato o messo da parte il “codice deontologico” che volle Martinazzoli: in base a questo, nella Democrazia cristiana con Rotondi se si è indagati già non si può essere candidati. Il nostro è il solo partito a essersi dato questa regola, per cui abbiamo chiesto alle persone che candidavamo di autocertificare lo status di “non indagato”; certo, con l’andazzo che hanno preso le inchieste mirate di questi anni forse è il caso che anche noi riflettiamo sul punto, a livello locale e nazionale, e valutiamo l’opportunità di mantenere la regola di Martinazzoli…

Prima che valutiate, occupiamoci dei dettagli, che come è noto sono irresistibili per i #drogatidipolitica. Del nome si è già detto (ora e in passato); il colore di fondo del simbolo è lo stesso blu dell’ultimo periodo della Democrazia cristiana per le autonomie, il carattere del nome (Impact) anche. Non può sfuggire, però, che questa volta al di sotto del nome c’è lo scudo crociato, previsto anche nell’atto costitutivo del 2004, ma messo scientemente da parte fin dall’inizio in favore delle bandiere…

Vero, ma questo è uno scudo rispettoso delle norme: si differenzia infatti da quello che usa l’Udc in almeno sette punti, dunque non dovrebbe essere considerato confondibile. Aggiungo poi che, quando presenteremo le liste alle elezioni, probabilmente il più delle volte ci sarà lo scudo crociato originale della Dc: negli ultimi anni, infatti, in Lazio, Abruzzo e Molise ci siamo sempre presentati insieme all’Udc, quindi questo nostro simbolo è di fatto una mezza mela, perché contiamo di continuare a presentare liste col partito guidato da Cesa. In quei casi potremo quindi schierare lo scudo crociato originario, più attraente, sul quale il mio partito non ha alcun diritto: le leggi vigenti, infatti, tutelano l’Udc in questo senso.
Per questo nuovo simbolo, quindi, si è scelto uno scudo diverso: se non sbaglio si tratta di quello di Verde è Popolare, bianco bordato di rosso, invertendo dunque i colori tradizionali.
Sì, viene da quel logo. Di fatto il nuovo simbolo è quello di Verde è Popolare, con il nome e i colori cambiati: il partito, sostanzialmente, attua delle strategie un po’ furbe di marketing di elezione in elezione, ma è sempre lo stesso…
                                       
Quindi, dicevamo, c’è lo scudo a colori ribaltati, mentre non ci sono più le foglie di Verde è Popolare…
… ma la missione ambientalista rimane: “Verde è Popolare”, infatti, rimane il motto programmatico della Democrazia cristiana.
Curiosamente, però, nel comunicato firmato con il Nuovo Psi si intravede un simbolo diverso, con uno scudo realizzato quasi “a spray”: sbaglio o è quello dei manifesti prodotti dalla Spes nel 1975, con lo slogan “30 anni di libertà, alcuni buoni, altri meno buoni, ma tutti nella libertà”?
Esatto, veniva proprio da là. Si trattava comunque di una bozza: il simbolo, in effetti, è ancora suscettibile di miglioramenti. Per esempio, a molti iscritti non piace che la scritta “con Rotondi” sia proposta in rosso, per cui la si potrebbe riportare in bianco su fondo blu come il nome del partito.
Stava appunto parlando dell’espressione “con Rotondi”: che differenza c’è con “la Dc di Rotondi” che si era appunto codificata sui media e negli ambienti della politica?
“Di Rotondi” darebbe l’idea di proprietà, un concetto brutto, no? Il riferimento al mio nome in effetti non è piaciuto a vari iscritti, in fondo non piace neanche a me, ma almeno evita ogni rischio di confusione con chi si ostina a usare il nome e il simbolo della Dc.
Tra i dettagli da considerare c’è anche il tempo scelto per il (ri)lancio del partito. Faccio io questa volta un riassunto delle puntate precedenti: la “sua” Dc nasce nel 2004 per rispondere a una situazione di disagio vissuta nell’Udc di allora, nel 2005 corre fuori dai poli e dimostra di essere un partito (a costo di far male al centrodestra), nel 2006 presenta la lista con il Nuovo Psi dentro il centrodestra, per poi confluire nel Pdl. Rivoluzione cristiana nasce nel 2015, praticamente a metà della XVII legislatura, per poi federarsi con Forza Italia; Verde è Popolare appare nel 2021, teoricamente due anni prima della fine della XVIII legislatura (poi ridotti a uno solo). Ora la Dc rispunta quando dalle elezioni è passato poco più di un anno: non è un po’ presto?
Mah, la politica oggi corre molto più veloce, diciamolo francamente: tutto sommato siamo riusciti a dare una risposta tempestiva, ma ora il lavoro è tutto davanti a noi, perché ci sono tantissime cose da pensare. Per esempio, non butto via nemmeno l’esperienza dei 5 Stelle, che viene attentamente monitorata dai pochi che siamo in quest’avventura: se pensa alla famosa piattaforma di Casaleggio, noi vorremmo fare qualcosa di simile e di più. In particolare, stiamo pensando di affidare il tesseramento a una piattaforma, con la possibilità di svolgerlo interamente online, prevedendo strumenti stabili di interazione, discussione e anche votazione: è bella la fisicità dei congressi, ci piace, si può mantenere, ma i voti li pensiamo online, dando degli orari per votare, al termine dei quali il segretario regionale – per esempio – saprà di essere eletto in tempo reale. Questa Democrazia cristiana, insomma, inizia a operare in un tempo diverso rispetto a quella storica, ma anche al 2004 in cui l’associazione era stata costituita.
Certo è che in passato lei è stato accusato di muoversi puntualmente un paio di anni prima per dimostrare una certa consistenza, in modo da poter ottenere ospitalità in altre liste al momento delle elezioni. Ora sembra davvero presto per un disegno simile…
Beh, qui intanto non c’è da parlare di ospitalità: con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia abbiamo un rapporto che si sta strutturando, che non ha bisogno di attestati e benemerenze. Ci prepariamo come fanno i democristiani, cioè con occhio lungo e marcia lenta e sicura alla Terza Repubblica, al premierato, a un’altra stagione: prepariamo una Democrazia cristiana che sia dentro a quella battaglia al fianco di Meloni, questo mi pare sia chiaro a tutti.
Già, la Presidente del Consiglio che non ha partecipato personalmente a Saint-Vincent, ma ha inviato un messaggio in cui ha annunciato l’idea di portare l’Italia nella Terza Repubblica proprio con la riforma costituzionale…
Possiamo dire che la Democrazia cristiana è il primo partito che prenota la Terza Repubblica…
… cosa che forse non è troppo in linea con la marcia lenta democristiana di cui parlava prima…     
Eh, ma qui siamo in un tempo diverso. Dobbiamo pensare a un partito movimentista, vivace, presente sulla Rete, capace di gestire il fenomeno dell’autodeterminazione: pensi ai 5 Stelle che sono passati per le loro primarie, a Elly Schlein che ha “rubato” il Pd a Bonaccini… Il nostro tempo è questo e noi con queste regole giochiamo: siamo pronti a creare un partito contendibile, che possa portare anche al paradosso di vederlo guidato da una linea diversa da quella di Rotondi che pure è citato nel nome e sul simbolo.

 

Ma quest’idea del premierato, per come sembra delinearsi, la convince? Forse non è l’idea che ci si potrebbe attendere da un democristiano…
In verità io ho partecipato nella mia prima legislatura alla commissione Affari costituzionali: bene, ricordo che nel 1994 la proposta del Ppi, che era in pratica una Dc di sinistra, era quella elaborata dal grandissimo Leopoldo Elia, denominata “premierato forte” o “cancellierato”. A chi ha poca memoria e si chiede come faccia un democristiano ad accettare il premierato, direi che possono esserci cento dubbi sul punto, ma un democristiano ne deve avere qualcuno di meno, visto che era la proposta dell’ultima Dc.
Tornando al rapporto con l’Udc, non può non colpire come, rispetto alla sua storia passata, il partito sia uscito piuttosto male dalle ultime elezioni politiche: la lista di cui faceva parte è rimasta al di sotto dell’1%…
Quella però è stata una scelta sbagliata: bisognava rendere ben visibile lo scudo crociato per chiarire l’identità. Perché, parliamoci chiaro, non c’era un’identità politica in quella lista: che significa “Noi moderati”? Chi sono? Quelli che sanno stare a tavola? Quelli che parlano a bassa voce? Non è chiaro.
Dopo la sua uscita nel 2004 e l’ostilità subita nei primi anni dall’Udc, ora potrebbe essere l’Udc ad avere bisogno della Dc di Rotondi, anzi, con Rotondi?
Ma noi in realtà abbiamo sempre marciato insieme e continueremo a farlo, tranne dove a livello locale non ci saranno le condizioni. Noi tendiamo sempre a formare liste di concentrazione democristiana, con l’Udc e le altre forze di quell’area: non diciamo “dopo di noi il diluvio”, ci siamo dati una visibile identificazione sul mercato e vogliamo rimettere insieme la nostra comunità, ma non a dispetto di coloro cui ci sentiamo vicini sul piano delle idee e con cui vogliamo realizzare i migliori accordi.
Si riferisce solo a chi sta già nel centrodestra o anche a chi sta al di fuori?
Io penso che siamo in una fase in cui può accadere di tutto: bisogna esserci, esprimere le proprie idee e giocare la partita. Dove si arriverà non lo sappiamo nemmeno noi, sinceramente… Potrà essere un successone o un grande flop, lo si vedrà lungo il cammino. Diciamo che più che essere la quarta gamba del centrodestra, a noi interessa essere la seconda gamba di Giorgia Meloni: diciamolo con franchezza, la nostra è una coalizione, ma siamo meloniani, cioè siamo convinti che sia lei la persona da portare avanti e riproporre come Presidente del Consiglio. Prima delle elezioni nel 2022, oltre a Fratelli d’Italia, solo noi l’abbiamo indicata come leader: abbiamo fatto questa scelta allora e adesso facciamo un allestimento per la classe dirigente che ci ha seguito.
Per chiudere: pensando al suo sostegno a Giorgia Meloni, non posso non pensare alle sue parole al consiglio nazionale del Ppi dell’11 marzo 1995 – quello della sfiducia a Rocco Buttiglione. Lei allora disse: “Se noi vogliamo resistere a Fini mettendoci con D’Alema gli lasceremo tutto il nostro spazio”. Oltre un quarto di secolo dopo, il 26% di Fratelli d’Italia, partito certo non lontano dal percorso di An, mostra che molti cattolici hanno votato lì (e non il Pd), mentre Forza Italia e Lega hanno raccolto poco più dell’8% ciascuna, Renzi e Calenda sono stati poco al di sotto, la lista con l’Udc è andata malissimo. Si ricordava di averle dette, quelle parole?
No, non le ricordavo (ride), ma è andata proprio come avevo pensato: vuol dire che allora ero più lucido!

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