Un secolo fa, l’epidemia di Spagnola a Bagnoli irpino. La strage di donne e bambini

L'approfondimento (di Antonio Camuso)

Premessa

Nel numero precedente di Fuori dalla rete (Agosto 2020) ho ricordato il ruolo da “angelo del soccorso” del dottor Domenico Leonardo Cione durante l’epidemia di Spagnola che, nell’autunno del 1918, colpì con centinaia di ammalati e decine di vittime Bagnoli Irpino. La similitudine delle sue dinamiche di diffusione con quelle del Covid19, mi ha spinto quest’estate ad approfondire quest’argomento, conducendo un’inchiesta su come, un secolo fa, l’H1N1 colpì i paesi dell’Alta valle del Calore. In questo mio studio ho utilizzato i metodi scientifici della moderna ricerca epidemiologica, che ha tra i precursori uno sconosciuto medico inglese J Snow, che a metà Ottocento riuscì a identificare nell’acqua potabile inquinata la causa delle virulente epidemie di colera che sconvolgevano Londra. Per raggiungere quest’obiettivo “inventò” il tracciamento urbano del contagio, casa per casa, strada per strada così come fece Teseo col filo d’Arianna per uccidere il Minotauro e uscire dal Labirinto.

Ringraziamenti:

E’ un lavoro che è stato possibile grazie al sostegno di Mimmo Nigro in questo mio proposito e all’immediata disponibilità della prof Maria Varricchio, assessore alla cultura del Comune di Bagnoli Irpino , alla quale mi sono rivolto per le parti di sua competenza e che ha fatto sì, con grande sollecitudine, sapendo che il mio tempo a disposizione era limitato, e nonostante le difficoltà relative all’emergenza Covid, che potessi avere accesso ai registri comunali, sensibilizzando gli impiegati dell’ufficio di Stato di Civile. A essi un particolare grazie per avere pazientato dandomi precise risposte sull’ubicazione delle vie di Bagnoli che con fatica cercavo di decifrare da vecchie trascrizioni fatte con penna e calamaio, un secolo fa. Un lavoro di squadra quindi, e non solo merito del sottoscrittoche rivolge l’invito ai giovani a muoversi in percorsi collettivi e in progettualità condivise; solo così si possono superare ostacoli e limiti che altrimenti sembrerebbero insormontabili.

Nel precedente articolo sul dottor Domenico Cione, erano citate le orazioni funebri lette in suo onore da amministratori e colleghi che lo videro instancabilmente soccorrere centinaia di malati in quel terribile ottobre e come anche lui ne fosse vittima, ammalandosi, riportando postumi che due anni dopo gli procurarono la morte.  Da queste poche notizie ho definito il perimetro della mia inchiesta che doveva rispondere ad alcuni quesiti:

  • Quale fu l’esatta incidenza in vittime e ammalati dell’influenza di Spagnola nell’autunno 1918-inverno 1919 a Bagnoli Irpino?In che proporzione lo fu rispetto ad altri paesi irpini adiacenti?
  • A Bagnoli Irpino, come in altre parti d’Italia, la Spagnola colpì maggiormente donne e bambini e individui in età giovanile?
  • Come si diffuse nel contesto urbano di Bagnoli?

Metodologia di ricerca.

I parametri di confronto utilizzati sono gli stessi ripresi delle più recenti ricerche sulla Spagnola, in altre parole confrontare le medie dei decessi degli anni 1911-12-13 con il numero dei decessi del 1918 e 1919 e scoprirne le anomalie statistiche in questi ultimi, ricercando nei mesi comunemente identificati” seconda ondata” (settembre -dicembre 1918) e “terza ondata”, (gennaio febbraio 1919) le anomalie di decessi di morti in età giovanile (0-50 anni), di genere (rapporto deceduti maschi-femmine che dev’essere prevalente quest’ultimo) e di età infantile (gran numero di decessi tra zero e 14 anni).

Le cifre del contagio

Una ricerca statistica, nella quale volevo che freddi e asettici numeri si trasformassero in nomi e, se non proprio volti conosciuti al lettore (chiaramente per motivi di tutela della Privacy), almeno dessero un senso alla tragedia che colpì Bagnoli; che ricordassero le lacrime versate da padri, madri, fratelli, sorelle, nonni, in quei terribili giorni e che oggi non vorremmo veder ripetere, monito a tutti noi ad agire con senso di responsabilità collettiva, rispettando non solo le regole imposteci, ma innanzitutto l’umano senso del dovere collettivo. Tra le morti “sospette”, ho censito nome, età, genere, ubicazione urbanistica dei deceduti, negli archi temporali che ho preso a riferimento.

Da tutto ciò ho ricavato le risposte ai tre quesiti che mi ero posto, a cominciare dal primo sul numero di vittime a Bagnoli che si aggirò in un numero approssimativo tra 70 e 80 includendo una piccola percentuale del 20 % di adulti in età superiore ai 50 anni, la cui morte presumiano ebbero la Spagnola almeno come concausa.

Tali dati portano a ulteriori considerazioni, quali il costatare che Bagnoli Irpino tra i tre comuni dell’Alta Valle del Calore più popolosi, Montella, Bagnoli I, Nusco, fu quello con la maggior incidenza di vittime su numero di abitanti, ovvero tra 1,5 e l’1,9%, rispetto alla media dell’1,25% dell’intera provincia di Avellino come appare in un recento studio del professor Annibale Cogliano (apparso in supplemento al Quotidiano del Sud) e dalla mia analoga ricerca di quest’estate, sugli altri due paesi dell’Alta Valle del Calore.

 Il numero degli ammalati, con sintomi medio-gravi, si può trarre da un semplice calcolo matematico dove come moltiplicatore è inserito l’indice di letalità della Spagnola che nei diversi studi mondiali è ritenuto oscillante tra il 5% e il 15 %.  Ho preso quindi il valor medio del 10% del rapporto decessi/ ammalati sintomatici che nella dovuta proporzione ci consente di affermare che a Bagnoli essi furono dieci volte le vittime ovvero tra 700 e 800, con un picco metà settembre e fine mese di ottobre 1918 di quattrocento influenzati; una cifra degna delle epidemie medioevali cui dovettero far fronte coraggiosi “medici di campagna” come il dottor Domenico Leonardo Cione, portando conforto e solidarietà umana, visti gli scarsi mezzi della scienza medica di allora e dell’abbandono in cui versavano certe parti del Meridione.

La risposta al secondo quesito dà le dimensioni della strage di donne e bambini nella prima apparizione del virus H1N1 nel mondo.  Tra le morti “ sospette “ da influenza di Bagnoli tra settembre e gennaio 1919, il rapporto di vittime giovani maschi e giovani femmine è di 15 a 41, con un rapporto di un maschio ogni 3 femmine decedute.

Ancor più terribile è il sapere che su quel totale di 56 vittime “sospette”, ben 26 furono bambini in età tra zero e 14 anni, una percentuale che sfiora il cinquanta percento e che dà il senso della disperazione di tanti padri e madri bagnolesi. Tra questi (qui mi accollo la responsabilità di citare i connotati) la tragedia nella quale precipita la povera famiglia del contadino bagnolese Russo Antonio che vede morire uno dietro l’altro il 15 gennaio 1919 suo figlio Aniello di 6 anni e poi, a due giorni di distanza, la piccola Raffaella di 10 anni.

La risposta al terzo quesito che sinceramente mi intrigava ancor di più dopo aver confrontato le percentuali dei decessi di Bagnoli irpino con quelle di Montella e di Nusco. Come mai a Bagnoli si morì di più? Come mai Nusco in rapporto tra vittime e abitanti fu il paese meno colpito? La risposta viene dalla struttura urbanistica e la relativa vita sociale di Bagnoli, con un centro cittadino accentrato da secoli, come tanti identici paesi medioevali, intorno alla Chiesa madre e/o il suo castello/palazzo signorile.

Una differenza notevole con Montella, paese fondatosui Casali autosufficienti e ancor più quella coni Nusco dal piccolissimo centro cittadino e le contrade sparse sul suo territorio.

Di fronte  alla virulenza pandemica della Spagnola, il distanziamento sociale prodotto dal sistema contrade di Nusco fece la differenza in morti e ammalati, tant’è come riportato nello studio del prof Annibale Cogliano, Il prefetto di Avellino dopo aver visitato Nusco e altri paesi relazionava il 25 ottobre1918; ”- In Nusco epidemia influenza sembra abbia raggiunto sua acme con mortalità almeno finora relativamente limitata. Assistenza medici e farmaceutica sufficienti. Ho promosso costituzione comitato locale per contribuire autorità municipale nell’organizzazione servizi profilattici. Ho inviato sufficiente scorta disinfettanti e una certa quantità di latte condensato che ho ottenuto da locale sezione Croce Rossa Americana”-.

Ben altra la situazione a Bagnoli in quell’ottobre, specialmente per il dottor Domenico Cione che si trovò a soccorrere la gente del suo quartiere, donne e bambini che conosceva nome per nome, che aveva visto nascere, crescere e in quei maledetti giorni, morire. Grazie alla mia ricerca, a distanza di un secolo possiamo, con pochi margini di errore, affermare che la Pandemia ebbe come focolaio principale quel quartiere/ gruppo di rioni confinanti con la casa di Domenico Cione, la cui via porta il suo nome.

Le vie del contagio a Bagnoli

Attraverso l’esame delle date e delle vie dei deceduti possiamo comprendere come si sviluppò il principale focolaio d’influenza Spagnola a Bagnoli e totalizzò su un numero di morti “sospette/anomale” di 56, la funerea cifra di 27 decessi, ovvero il 50% del totale accertati all’interno di 6 strade e vicoli contigui e distanti al massimo centocinquanta metri dalla casa del dottor Cione, ovvero via Chiesa (oggi via Marconi), via Ospedale, vico ospedale secondo, via De Venuta, via Bonelli, via/vico Carpine.

Il 19 settembre a morire è Pasquale di 35 anni, abitante in via Chiesa, lo stesso giorno muore Lorenzo di 19 anni in via de Venuta, il 22 è Giulia di 8 anni abitante in via Carpine, poi il 25 è Lucia di 9 anni in via Ospedale, figlia di un pastore, così come lo stesso giorno Michelina di poco più di un anno, anch’essa figlia di un pastore bagnolese abitante nella stessa strada e forse parenti tra loro. A ottobre in via Bonelli muore una “giovane” Rosa di 84 anni la cui morte ritengo legata per causa, con quella nella stessa data di Giuditta di anni 17, figlia di contadino, abitante sempre in via Bonelli e due giorni dopo il 4 ottobre di Antonio di 13 mesi, figlio anche lui di contadino abitante di via Bonelli.

La strage ormai accelera la corsa e lo stesso giorno, il 4 ottobre a poche decine di metri di distanza in Via Ospedale muore Salvatore, di 13 mesi anche lui, e poi il 5, il giorno dopo , Concetta, di 23 anni, abitante in via Chiesa di professione legnaiuola. In quell’intrico di piccole vie per qualche giorno sembra esservi tregua ma poi, la settimana successiva, il 14 ottobre, muore Antonietta di 24 anni in via Carpine e il 17 muore Carmela di 24 anni figlia di contadini, in via Ospedale, e ancora il 20 ottobre Maria Concetta in via Chiesa , di anni 4, figlia di pastore e per concludere l’ottobre nero è Grazia di anni 15 in via Bonelli, cui si va aggiungere l’unica sfortunata giovane vita mietuta a novembre, quella di Rosolina di anni 14 abitante in via Ospedale , figlia di pastore. La pandemia a novembre perde momentaneamente per virulenza , quasi sicuramente poichè di fatto l’intero quartiere in 45 giorni è stato totalmente contagiato, raggiungendo la quasi totalità d’immunità di gregge o perlomeno, ha costretto chi non è stato colpito a rinchiudersi in casa. Un altro motivo è legato al termine delel consuetudinarie lavorazioni nei campi e nei boschi che mobilitavano nei lavori collettivi, quali racoclta di legna, castagne, noci, ecc., più famiglie, aumentando i rischi del contagio. Con l’arrivo della stagione invernale queste esigenze cessano e il distanziamento sociale avviene secondo ritmi di vita arcaici.

A dicembre vi è nel quartiere/gruppo di rioni una fiammata, giorno 20 dicembre che porta via la vita di Maria, di 25 anni, abitante in via Carpine , figlia di contadino e il 21, il giorno successivo quella di Lorenzo, l’unico “possidente”, ma di 78 anni, che trovo deceduto nel periodo da me rilevato, abitante anche lui in via Carpine, come anche quella di Lucia, lo stesso giorno sempre in via Carpine di 53 anni, contadina.

 Forse perché le feste natalizie e il freddo, impongono lo stare chiusi in casa , dal 21 dicembre 1918 al 9 gennaio 1919 la tempesta sembra passata a Bagnoli, ma poi essa si riaccende con la morte giorno 11 di Marianna di 25 anni , in via Carpine e ancora di Aniello di 6 anni in vico Ospedale Secondo e poi di Raffaella sua sorella di anni 10, e ancora di Mariannina di anni 18 in Vico Secondo d’Asti. L’epidemia si spegne a Bagnoli , lì dove essa era nata ed era stata più virulenta, in via Chiesa, con la morte di Antonia 44 anni, contadina, e Angela Rosa 46 anni, vicine di casa entrambe.

A onor di cronaca il secondo focolaio per ordine d’importanza di decessi è quello nella parte bassa del paese, ovvero tra via Ronca, via Cestaro e vie contigue, dove anch’esso risulterà in azione sino al 23 gennaio 1919 con il decesso di Maria, di anni due in via Cestaro.

La riflessione finale

Rimangono alcune considerazioni da fare, ovvero come dall’analisi della professione dei deceduti o dei loro capifamiglia si ha uno spaccato della società bagnolese e come l’epidemia non fu tanto democratica come si legge sui libri di storia che la narrano: il 95 % delle vittime a Bagnoli era di povere origini(contadini o pastori), il 4 % artigiani e commercianti e solo 1% di ceto medio alto (orefice e possidente). Solo questo piccolo 5 % potè affrontare pandemia e crisi economica conseguente senza particolari patemi, mentre per chi vide morire mogli capaci di trasformare, con veri e propri miracoli culinari, poveri e scarsi alimenti portati a casa dai mariti, in cibo sufficiente da sfamare i figli, o anche perdere questi ultimi sulle cui braccia si fondava il futuro di famiglie di pastori e contadini, quella sì che fu vera tragedia!

 Antonio Camuso  (Archivio Storico Bendetto Petrone)

(da Fuori dalla Rete, Novembre 2020, anno XIV, n. 5)


TABELLA 1:


TABELLA 2:

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