Il sogno erotico di George Orwell

di Martin Di Lucia

Una cosa è certa: il mondo in cui viviamo somiglia ogni giorno di più ad un’opera distopicaDonald Trump che diventa presidente degli Stati Uniti, riuscendo nell’impresa grazie al supporto di un gruppo di attivisti, gli ALT-RIGHT, (una via di mezzo tra Nerd e neo-nazisti); i troll russi che minacciano le nostre democrazie agendo sui social network; aziende private dal fatturato che supera quello di un’intera nazione che raccolgono quantità ingenti di dati privati sulle nostre vite. Insomma, il timore che la nostra stia diventando una società di sorveglianza di massa continua a farsi largo.

Non c’è da stupirsi, quindi, che in seguito all’elezione di Trump il capolavoro distopico per definizione, 1984 di George Orwell, sia schizzato in cima alle classifiche dei libri più venduti su Amazon, facendo riscoprire a tanti il Bispensiero che caratterizza la società del Grande Fratello, e che rende possibile credere a fatti del tutto opposti alla realtà.

Qualcosa che ricorda da vicino non solo i concetti di fake news e post-verità (parola dell’anno per Oxford Dictionaries), ma soprattutto i fatti alternativi teorizzati dalla consigliera di Trump, Kellyanne Conway.

In 1984 si racconta di ‘guerre senza fine’, in cui però il nemico continua a cambiare (una situazione non troppo dissimile dal caos geopolitico in cui siamo impantanati da due decenni); mentre il Grande fratello, che tutto osserva e tutto controlla, rievoca per definizione i già citati timori sulla sorveglianza di massa, resa ormai possibile da dispositivi tecnologici che ci seguono ovunque.

Infine, anche la neolingua usata nel mondo di 1984, creata appositamente per impedire il pensiero critico, si può forzatamente ricollegare alla semplificazione estrema del linguaggio da social, composto ormai più da emoji che da parole.

Stiamo quindi vivendo nel mondo di 1984 scaturito dalle visioni distopiche di Orwell? Da fan del distopico, dello SciFi, e da silenzioso osservatore della realtà reale e virtuale, io dico di no. Il sistema politico di 1984 è una versione esagerata del comunismo anticapitalista dell’epoca staliniana, mentre la filosofia di Trump è quanto di più distante possa esserci. Inoltre, Orwell non aveva grande intuito per il futuro, che nella sua mente era più che altro una diversa versione del presente; la sua Londra immaginaria è una trasposizione ancora più cupa di quella in cui lui viveva. L’unica vera innovazione tecnologia presente in 1984 è lo “schermo a due vie”, che guardiamo, ma che ci guarda a sua volta.

Nel dibattito seguito al boom di vendite del capolavoro di Orwell, tanti hanno fatto notare come ci fosse un’altra distopia classica in grado di raffigurare con più precisione la nostra società, senza bisogno di scomodare dittature in stile Germania dell’Est che non rappresentano certo l’Occidente di oggi: Il mondo nuovo, pubblicato nel 1932 da Aldous Huxley che precede di due decenni il capolavoro di Orwell.

Quello disegnato da Huxley è un mondo in cui non c’è bisogno della dittatura per tenere a bada le persone; è invece molto più utile dare loro tutto ciò che vogliono: “Devi insegnare alla gente ad amare la loro servitù”, disse lo stesso Huxley rispondendo a una lettera di Orwell (che del primo era stato studente). “Che bisogno c’è di opprimere i cittadini se puoi soggiogarli dando loro tutto quel che vogliono?”. Costante intrattenimentoconsumismo sfrenatodroghe che ti fanno sentire bene anche quando bene non stai, e altre forme di piacere superficiale che conducono inevitabilmente alla noncuranza e alla placidità.

Le intuizioni di Huxley sono di quanto più chiaro e illuminante si possa chiedere:La gente sarà felice di essere oppressa e adorerà la tecnologia che libera dalla fatica di pensare”. Orwell temeva che i libri sarebbero stati banditi, Huxley invece che non ci fosse stato più nessuno desideroso di leggerli. Orwell temeva coloro che ci avrebbero privato delle informazioni, Huxley quelli che ce ne avrebbero date troppe, fino a ridurci alla passività. Orwell temeva che la nostra sarebbe stata una civiltà di schiavi, Huxley che sarebbe stata una cultura cafonesca, ricca solo di sensazionalismo e bambinate.

Eppure, gli ultimi sviluppi della nostra società ipertecnologica, soprattutto quelli legati all’avanzare delle intelligenze artificiali e dei robot, fanno pensare che ci sia un altro gigante della distopia e della fantascienza rimasto fin qui escluso dal dibattito: Philip K. Dick, che nei suoi romanzi disegna un mondo in cui “il falso e il reale si fondono assieme”.

Nelle opere di Dick il falso e il reale si contagiano, rendendo estremamente difficile distinguere l’uno dall’altro. L’esempio più noto, anche se non necessariamente il più significativo, è ovviamente quello dei replicanti in Ma gli androidi sognano pecore elettriche? che ha ispirato il film cult Blade Runner. In Le tre stimmate di Palmer Eldritch, una droga (il Chew-Z) rende impossibile capire se ci si trovi nel mondo reale o in uno stato di fantasia allucinatoria; mentre in La svastica sul Sole è addirittura tutto il mondo occidentale ad essere falso, appositamente ricreato come tale per ingannare e tenere a bada i suoi abitanti.

Non siamo ancora giunti a questo punto; eppure la fusione tra reale e finzione e la sempre maggiore difficoltà nel distinguerle è qualcosa che anche la nostra società conosce fin troppo bene. Basti pensare a tutto il dibattito sulle fake news (notizie finte che continuano a essere considerate vere da molti anche quando viene dimostrata la loro falsità) o alla proliferazione di bot automatici che sui social network si fingono umani per ingannare, manipolare e truffare gli utenti veri (ci è cascato anche Trump).

Andando oltre, l’intelligenza artificiale e i progressi della robotica sembrano in grado di creare un mondo in cui sarà sempre più difficile distinguere chi è umano e chi è un robot, in cui androidi molto evoluti conquistano la cittadinanza e altri si occupano di accudire gli anziani. E ancora: algoritmi già oggi in grado di imitare la voce di qualunque persona, sincronizzare le parole con il labiale e creare video assolutamente verosimili in cui una persona dice cose che in realtà non ha mai detto, come quello creato da un utente di Reddit, noto come Deepfake, che permette di creare video in cui il volto di chiunque può essere sostituito. Ma se oggi bastano le fake news per scatenare il panico, cosa succederà quando questa tecnologia verrà usata a fini elettorali e in rete circoleranno video finti, in cui politici veri vengono piazzati nelle situazioni più imbarazzanti e dicono cose che non hanno mai nemmeno pensato? Il rischio è di trovarci di fronte al collasso della realtà, in cui nessuno distingue più il vero dal falso e in cui le persone non sanno più a cosa credere; probabilmente lo scenario più dickiano che si possa immaginare.

Concludendo, un mondo in cui le bugie sono fatti alternativi, in cui le fake news vengono prese per vere anche dopo che ne è stata dimostrata la falsità, in cui finti utenti di Twitter manipolati dalla Russia interagiscono con il presidente degli Stati Uniti, in cui i robot ottengono la cittadinanza, e in cui circolano video finti con personalità vere, è sicuramente un mondo di cui Philip Dick avrebbe potuto scrivere.

Le finte realtà creeranno finti esseri umani, ha scritto Dick. Se davvero viviamo nella distopia immaginata dallo scrittore, sarà il caso di prestare attenzione a queste parole.

Martin Di Lucia

(da Fuori dalla Rete, Maggio 2018, anno XII, n. 3)

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