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Nel riferimento ad una specifica area di Bagnoli Irpino, quella de Lu Mulunieddu (Il Mulino), la scena pittorica de La Fonte delinea un gineceo di ninfe delle acque e delle sorgenti, che nei suoi pressi trovano ristoro. Qui la scelta dei diversi colori per le loro vesti rappresenta un rimando cromatico agli altri elementi naturali, oltre quello dell’acqua: (da sinistra) fuoco, aria e terra.
Prive di un definito contesto e disancorate dalla realtà quanto da una narrativa a noi contemporanea, le loro languide figure appaiono sognanti, distaccate e seducenti, nello spazio idealizzato di un metafisico orizzonte che ammanta la fonte che le vede incontrarsi.
Nella delicatezza del tratto e della scelta tonale, Maria Rachele Branca diviene la loro discreta interlocutrice: un rinnovato sguardo sul femminile, intessuto alla tradizione naturalistica della pittura e ad un’ancestrale riconciliazione di frammenti della memoria e del mito, lì dove tutto rimane immutato, in attesa che qualcuno un giorno torni a reclamare antiche presenze.
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Testo critico di Rossella Della Vecchia
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