Scuola: incubo (all’ottava potenza)

di Luciano Arciuolo

Dirigo un Istituto che raggruppa le scuole del primo ciclo di tre comuni diversi. Stanotte ho avuto un incubo. Un incubo elevato all’ottava potenza. Tento di raccontarvelo per fasi.

  1. Il Governo ha deciso che le mie scuole restino aperte. Ma non tutte, purtroppo: seconde e terze medie faranno la didattica a distanza.
  2. Il presidente della mia Regione ha deciso invece di chiudere tutte le scuole, anche quelle che secondo il Governo dovevano restare aperte.
  3. Schiere inferocite di genitori hanno protestato contro questa chiusura.
    Come incubo era già abbastanza. Ma
  4. Il governatore ha riaperto per qualche giorno le scuole dell’Infanzia. Ma i piccoli alunni delle mie scuole restavano quasi tutti a casa. Poi il presidente della regione le ha richiuse.
  5. Dopo qualche settimana, sempre lui le ha riaperte, assieme alle Prime della scuola Primaria.
  6. Ma due sindaci dei comuni del mio Istituto le hanno richiuse. Il terzo sindaco ha confermato la riapertura scelta dalla regione, ma senza Scuolabus almeno per qualche giorno.
  7. Schiere inferocite di genitori di bambini che dovevano tornare a scuola hanno chiesto  che i loro figli restassero a casa. Ora protestavano contro le scuole aperte, dopo aver protestato contro le scuole chiuse.
  8. Naturalmente, ad ogni giro di giostra, la scuola doveva riorganizzare tutto, cominciando col rifare l’orario delle lezioni.

Alla fine, quando mi sono svegliato, ero contento che fosse solo un sogno. Ma mi è bastato dare uno sguardo ai messaggi sul cellulare per capire che non era un incubo, anzi: era tutto vero. Il caos era la realtà.  

Mi sono chiesto, allora: ma come abbiamo fatto a ridurci così? Come abbiamo fatto a rendere la scuola, la vecchia cara scuola, quella della mia infanzia, della nostra infanzia, a quel bailamme totale che è diventata negli ultimi mesi? Come abbiamo fatto? E di chi è la colpa? Lo confesso: per la prima volta nella mia vita mi vergogno di far parte della ex grande famiglia della scuola pubblica italiana.

E soprattutto mi chiedo quale terribile peccato avranno fatto i nostri piccoli alunni, per meritarsi questa classe politica, queste regioni, questi comuni, questi genitori, questa scuola italiana, ridotta ad uno spettro che si aggira tra le rovine di una società ormai alla frutta, non riuscendo a capire da dove, e quando, ricominciare finalmente a fare quello che faceva da quasi due secoli.

Luciano Arciuolo

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