Un tentativo di analisi del voto del 4 marzo 2018

di Gennaro Cucciniello

Sono convinto dell’importanza storica del voto del 4 marzo 2018, una vera frattura nella vita della Repubblica, sia per i risultati che si sono determinati che per gli scenari che si aprono sulle prospettive future della nazione Italia. Ho cercato di capire alcuni dei fatti che si sono succeduti negli scorsi anni e anche i modi con i quali la società italiana ha reagito, modi a volte contraddittori e paradossali. Provo a metterli in fila uno dopo l’altro, cercando di vedere la realtà sotto la maschera con cui essa spesso si traveste.

  1. In ripetute dichiarazioni pubbliche, fatte con solenne spavalderia, sia Di Maio che Salvini –vincitori delle ultime elezioni- hanno chiesto al PD –sicuro sconfitto- di supportare i loro governi, con evidente noncuranza delle indicazioni venute dagli elettori del centro-sinistra che hanno scelto altri ideali e altri programmi. Eppure sono anni, almeno dal 2011, che il Centro-Destra e l’M5S gridano al tradimento del mandato elettorale, anni passati a gettare veleno sugli inciuci e i governi non eletti. Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, che hanno provato a governare –in situazioni finanziarie difficilissime- sono stati criticati ferocemente proprio perché non erano espressione di una indicazione elettorale coerente, anzi governavano con maggioranze diverse da quelle indicate dai cittadini elettori. Oggi i grillini, nemici del costituzionale divieto di vincolo di mandato, chiedono ai parlamentari democratici di tradire il patto stipulato con i loro elettori: “mai alleanze con gli estremisti”. Queste sono incoerenze clamorose che non vengono rilevate né sottolineate da una stampa compiacente, faziosa e trasformista che, invece, ha continuamente denunciato i governi che non erano espressione della volontà popolare, logorando fortemente la credibilità dei partiti e delle istituzioni rappresentative.
  2. Da 25 anni almeno il riformismo di centro-sinistra ha dovuto rimediare alle promesse fasulle e agli errori di gestione del centro-destra, prima con Prodi e Ciampi nel 1996, poi con Prodi e Padoa Schioppa nel 2006, infine con Monti-Letta-Renzi e Gentiloni nel periodo travagliatissimo dal 2011 al 2017. Nessuno ha dato il giusto rilievo ai risultati positivi di quest’ultimo quadriennio (l’Italia uscita sostanzialmente da una gravissima crisi economica), nonostante un equilibrio parlamentare instabile, con governi non auto-sufficienti e sottoposti a ricatti da destra e da sinistra. Anzi, da più parti, e con mia sorpresa anche da giornali autorevoli (Repubblica, Corriere della Sera) sono venuti attacchi e bordate proprio contro gli sforzi di realizzare, pur fra inevitabili contraddizioni, un riformismo timido perché obbligato a rispettare i vincoli di bilancio imposti dai trattati europei e sottoscritti –vedi un po’- proprio dai governi Berlusconi-Tremonti nel 2003 e nel 2010.
  3. Ora il Paese ha votato e in primo luogo ha punito la Sinistra (tutta) e non l’ha incoraggiata a continuare l’esperienza di governo che tante delusioni ha provocato. Il PD deve ignorare l’assurda pretesa che la crisi politica venga risolta da chi ha perso le elezioni. Deve ricostruirsi all’opposizione. Deve ripartire da quelli che l’hanno votato e dalla coerenza con quello che si è detto e fatto, pur fra mille ostacoli. La ricostruzione d’una sinistra riformista e popolare sarà un processo lungo e doloroso, non di breve periodo. Ho letto analisi serie: il voto ha rivelato un Paese spaccato a metà socialmente, politicamente, economicamente, antropologicamente, tra un Nord attratto nell’orbita tedesca e un Sud che veleggia verso l’Africa (con nostalgie neo-borboniche, rilanciate lo scorso anno dalla “Giornata della memoria delle vittime dell’unificazione italiana” ad opera del M5S in tutte le regioni meridionali), ma accomunato dalla richiesta di protezione: protezione dal capitalismo globale che ruba il lavoro, dagli immigrati che invadono, dalla finanza rapinatrice, dall’Europa matrigna e dalla rivolta contro l’élite. Al Sud il reddito di cittadinanza rievoca, in peggio, l’assistenzialismo democristiano (guardate Di Maio che imita De Gasperi e richiama la dottrina sociale della Chiesa cattolica)): Rete e algoritmo al posto delle parrocchie e delle clientele. Al Sud il riformismo è sempre stato minoritario: vigoreggiano mance e illegalità. Al Sud il Pd è governo senza partito, potere puro in mano a ras locali, cacicchi e Masanielli di vario conio. Al Nord, con tassi di sviluppo asiatici, vince il populismo leghista: l’egoismo proprietario (meno tasse sui ricchi) si somma a un egoismo proletario (sicurezza contro gli immigrati). E’ finita la Sinistra del XX° secolo: Leu ha perso più del Pd. Cosa è diventato l’ex popolo di sinistra? Ci sono ancora le antiche divisioni di classe? Cosa sono i sindacati e le associazioni di categoria? Cosa deve essere un partito in questa fase della disintermediazione e dei Social? Cosa diventa la democrazia politica investita dall’onda degli oligarchi dell’algoritmo?
  4. Le elezioni sono state dominate dalla rabbia, dalla protesta, dalla paura, dalla speranza. Hanno vinto gli schieramenti che hanno racchiuso la protesta e la speranza in un’unica offerta politica. Il Pd non ha fatto i conti con le paure e ha prodotto poca speranza. E’ giusto che ora i vincitori abbiano la presidenza delle due Camere. E’ sacrosanto che Lega e M5S trovino l’accordo per formare il governo, hanno insieme più del 50% dei seggi in Parlamento. Hanno, nei loro programmi, molti punti in comune. Hanno cavalcato la rabbia e la protesta, ora devono saperle dominare. Hanno presentato nei programmi elettorali proposte mirabolanti e illusorie, devono tradurle in fatti concreti di governo, in decisioni economiche e sociali, devono misurarsi con i vincoli di bilancio col debito pubblico superiore al 132% del Pil. Lo devo dire, gli italiani hanno creduto nel paese dei balocchi, nelle fate turchine e negli Omini di burro che dispensano a tutti gli zecchini d’oro (lo scriveva anche De Sanctis alla fine del suo viaggio elettorale nell’Irpinia del 1875: “Sul collegio pioverà oro da tutte le parti, false monete che parranno di zecca a quei grulli. E che bei sogni vorranno fare!”). Oggi, molto più di cinquanta anni fa, l’elettorato è disponibile a farsi abbindolare da semplici ma insensati programmi di protesta e dalla ricerca del “Cacao meravigliao” di arboriana memoria. Mi dispiace dirlo ma questo voto ha confermato alcune vecchie verità, notate da un acuto osservatore: “gli italiani vogliono fare un’Italia sempre nuova, restando quelli di prima. Credono a tutto fermamente, poi bestemmiano fortemente. Disprezzano i governi, poi affidano tutto al compito del governo” (Mattia Feltri, La Stampa, 6 marzo). Ora invece governare dovrà significare finalmente fare ciò che si deve, non quel che si vuole. La realtà alla fine presenterà il conto del debito pubblico e della fiducia dei mercati. Già in aprile l’Italia dovrà raccogliere fondi sul mercato per qualcosa come 400 miliardi di euro e ciò imporrà disciplina a chiunque governi.
  5. Un altro dato è da rilevare. Ci stiamo convincendo che i partiti di Sinistra in tutta Europa non siano più in grado di risolvere i problemi di un’epoca in cui la sovranità dei singoli Stati nazionali è assorbita in economia dai mercati globali e in politica dai tentativi stentatissimi di creare un’unione europea sovra-nazionale. Qualche analista sostiene –a ragione- che il riformismo popolare di sinistra potrà avere successo solo se è collegato strettamente alle sue capacità di svolgere una politica fiscale ed economica che rafforzi in tutti i sensi il ruolo dello Stato sociale, attui con ogni mezzo politiche di piena occupazione e distributive a favore del lavoro dipendente, abbia come suo fine l’uguaglianza nei diritti e nelle opportunità. Potrà esserci politica socialista solo a dimensione europea. La Sinistra dovrà riscoprire l’internazionalismo europeo e un’organizzazione su scala continentale. Da qui discende l’attenzione critica a quello che è avvenuto in Italia il 4 dicembre 2016 nel voto sul referendum istituzionale. Come non vedere che il ritorno al proporzionale, il mantenimento del potere paritetico delle due Camere avrebbe –di necessità- portato alla paralisi attuale? Con l’Italicum, oggi, il problema di avere un governo nella pienezza dei poteri sarebbe stato deciso dagli elettori italiani con il ballottaggio e non sarebbe affidato a estenuanti e improbabili pateracchi parlamentari. E poi non si giochi sui dati. In Francia, nel voto presidenziale della scorsa primavera, al primo turno Macron ebbe il 23%, Le Pen il 21, Fillon il 20, Melenchon il 19 (il voto anti-sistema toccò il 50%, se si aggiungono i voti trotskisti e di altri candidati di destra). Solo il robusto sistema istituzionale voluto da De Gaulle ha contribuito a dare a Macron la maggioranza assoluta. In Italia dovremo presto tornare a riconsiderare la riforma istituzionale se vogliamo sopravvivere.
  6. Un’ultima riflessione è sul ruolo della Sinistra oggi in Occidente. A fine gennaio ho già scritto e postato, nel mio Sito, gennarocucciniello.it, un tentativo di analisi su questo tema cruciale e invito chi è interessato a leggerlo (La crisi della Sinistra in Occidente e in Italia). C’è un’opinione diffusa: il PD ha perso rovinosamente perché ha dimostrato di non saper ascoltare la gente, di non sapere cosa essa vuole e di che cosa soffre, di non conoscere il “Paese reale”. Quindi il PD ha perso rovinosamente (è sceso dal 41% al 19% in quattro anni) perché non si sarebbe accorto degli umori del Paese, perché –se li avesse conosciuti- sarebbe andato loro incontro. Questa idea si basa sul presupposto che i partiti debbano adeguarsi meccanicamente alle richieste degli elettori, anche a costo di cambiare radicalmente la propria anima e di sotterrare i propri ideali, questo poi in tempi di altissima mobilità elettorale. Non si pensa che si possono conoscere perfettamente le frustrazioni e i desideri degli elettori ma che non li si può realizzare. Faccio tre esempi: a- nel Sud non c’è lavoro, il PD lo sa, prova in vari modi e con decisioni importanti di finanziamenti, riscontra qualche successo ma –nella situazione strutturale di questi ultimi anni- il compito si rivela immane. E’ facile denunciare, ma si trascura il fatto che creare lavoro nelle regioni meridionali è un processo difficilissimo, lunghissimo (finora non c’è riuscito nessuno in 160 anni). b- non crescono da anni i redditi del ceto medio e delle classi lavoratrici e si ritiene che la colpa sia di chi governa (e non contano nulla la crisi economica mondiale, la demografia, la globalizzazione, le tecnologie, la storica arretratezza italiana in fatto di competitività). c- nel Pubblico Impiego i Cinque Stelle hanno avuto un plebiscito, più del 41%: eppure questo è un settore strategico per ammodernare la Pubblica Amministrazione e per rendere efficiente il sistema dei servizi e in questo comparto i governi di centro-sinistra hanno investito tante risorse; non è che questi tentativi di riforma hanno disilluso molti e disturbato tanti? Il caso della riforma della scuola è stato esemplare. Finisco qui, ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Per molti i successi o gli insuccessi del governare sono questione solo di buona o cattiva volontà, non di pratica impossibilità. Da qui discende che conta di più la simpatia per chi denuncia e protesta che la competenza e il saper governare. Del resto lo si sa ampiamente: chi non è legato dall’obbligo di governare e quindi non ha presenti i vincoli della realtà scavalca sempre le proposte razionali e realizzabili. Perciò è cruciale, per gli interessi stessi dell’Italia, che Lega e M5S trovino l’intesa per governare assieme: l’una rappresenta il Nord produttivo, gli altri il Sud desideroso soprattutto di assistenza e di tutela statale. Trovino felicemente il modo e la sintesi per unire queste fondamentali esigenze che la Sinistra non ha potuto interpretare e realizzare nei fatti e per dimostrare la reale fattibilità delle loro proposte programmatiche.

Gennaro  Cucciniello


L’articolo è stato successivamente pubblicato anche sul sito web dell’autore, con ulteriori approfondimenti e nuovi spunti di riflessione sulle dinamiche politiche post elezioni (Elezioni del 4 marzo 2018. Un tentativo di analisi).

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