Bagnoli e la devozione per l’Immacolata Concezione

di Giovanni Labbiento

Oggi 7 dicembre 2023, vigilia della festa dell’Immacolata a Bagnoli (e non solo a Bagnoli) si fa il digiuno a pane ed acqua risultato di un voto fatto nel 1656 quando si invocò Maria Immacolata per la sua intercessione presso l’Altissimo per essere liberati dalla peste.

Non solo si fece voto perpetuo del digiuno a pane e acqua ma la si elesse a speciale Protettrice di Bagnuolo col rispetto dell’otto dicembre come giorno festivo. Il Comune si obbligò anche a versare annualmente dieci ducati per festeggiare quel giorno a Lei dedicato (promessa che si materializza ogni anno e coperta da un pubblico strumento redatto lo stesso giorno dell’otto dicembre 1656 dal notaio Sempronio Bonelli – atto conservato nell’Archivio di Stato di Avellino).
Il morbo continuò anche dopo tale data, però era in fase di decrescenza. Nel 1657 si ebbero solamente 185 decessi; il paese fu dichiarato libero da questa pestilenza il primo gennaio 1658. Questa diminuzione e completa eliminazione fu attribuita all’intercessione dell’Immacolata presso l’Altissimo, e fece in modo che la devozione dei Bagnolesi verso l’Immacolata si registrasse nell’ADN popolare, tramandandosi di generazione in generazione.
I morti di peste in quei due anni terribili furono di circa mille novantadue (1092), circa un terzo degli abitanti. Questo numero proviene dalla lista dei morti appestati incluso nel “Liber Primus Defunctorum Terrae Balneoli” e non include quei bagnolesi che per motivi di lavoro (transumanza, camminanti, ecc.) si trovavano fuori del paese.
Il primo a morire fu il napoletano Paolo Vicciano seppellito il 1° luglio 1656 senza sacramenti (forse perché i notabili dell’epoca vollero tenere il fatto nascosto, o forse perché nessuno volle somministrargli i sacramenti). La seconda vittima il 6 luglio fu Diomede Vicciano, padre di Paolo, a cui, invece, furono somministrati i sacramenti.
La terza vittima fu Antonio figlio di Pompeo Clemente di Bagnoli “con li Sacramenti”.
Anche tre del gruppo di artefici del maestoso Coro (Jacopo Bonavita alias “Capoccia”, Scipione Infante, GiovanDomenico Vecchia) scomparvero distrutti dal morbo verso la fine di quel 1656:
  • Iacopo Bonavita di Lauro detto il Capoccia fu il primo ad essere colpito dalla furia della peste del 1656. Annotato come il 364º morto nel giorno 27 ottobre, il Canonico aggiunse parole che descrivono la sua valentia: “ Nello stesso giorno (è morto) Mastro Iacopo Bonavita di Lauro, alias Capoccia, maestro scultore, uomo valentissimo nella sua professione, conforme si vedono in diversi paesi le sue opere et in particolare in tutte le Chiese di Bagnolo, di Nola, di Tiano (l’odierna Siano in provincia di Salerno) et altri luochi.
  • Scipione fu il secondo del gruppo dei tre (Capoccia, Scipione, GiovanDomenico) a morire. Il suo nome appare nella lista come il 659º morto. Era il 19 ottobre 1656. Come per il Capoccia, il Canonico che annota la sua morte lo segnala come: “Mastro Scipione Infante, huomo eccellente nel desegno et opera della scultura , morto con Sacramenti.”
  • Del gruppo dei tre, il Vecchia morì per ultimo il 21 novembre del 1656 e nella lista è annotato come il 681º. È interessante notare che il Canonico annotò solamente l’Infante ed il Bonavita come mastri, e non il Vecchia.
L’ultima vittima annotata con il numero 1092 in data del “Addí primo de Gennaro 1658” fu Agnese figlia di Pompeo d’Aulisa.
Per concludere, la devozione del popolo bagnolese è dimostrata anche col canto con l’inclusione nell’Inno tradizionale a Maria Santissima Immacolata:
Se avvien rio morbo invade,
e del fior di nostre genti
fa diserte e case e strade
tristi e oscuri i nostri dì.
Dai nostri avi, in te fidenti
sol trovato e scampo e vita
memorabile gradita
questa festa a te si offrì!
Giovanni Labbiento
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Antonio Pinieri e Marialuigia Labbiento

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