Edifici fatiscenti in montagna: l’Altopiano del Laceno diventa caso simbolo dell’abbandono in Campania

di Maria Fioretti (Orticalab.it)

Preliminarmente alla lettura di questo articolo ci sembra doveroso informare sui recenti sviluppi del Fallimento 10/2012 AV773747, che ha riguardato proprio la fatiscente struttura dell’Hotel 4 Camini. Segnaliamo che in data 11 febbraio 2022  ci sarebbe stata finalmente, e dopo diverse aste andate deserte, l’aggiudicazione dell’intera struttura per 420.000 euro da parte di un Gruppo Immobiliare della provincia di Napoli. E’ ragionevole pensare che chi ha acquistato l’immobile intenda investire sul territorio partendo proprio dalla ristrutturazione dl questo complesso turistico in tempi brevi. Almeno ce lo auguriamo (ndr).


  

Nel dossier di primavera di Legambiente c’è una mappa con il censimento delle strutture fatiscenti presenti nelle zone montane della Penisola: sono 66 tra cui anche l’Hotel Residence 4 Camini, a due passi dal lago, nel comune di Bagnoli Irpino, dismesso nel 2000, è stato oggetto di razzie e vandalismi, oltre ad un incendio doloso. Si aprono così interrogativi e riflessioni sul futuro dell’area.

Abitare la montagna è un trend. La pandemia non solo ha rilanciato questa possibilità, ma anche il dibattito sulla vita nelle terre alte, che si tratti di ritornare, restare o di essere nuovi abitanti.

Così negli ultimi due anni lo scenario è cambiato, da meta turistica a luogo di residenza, ma anche protagonista del desolante problema del costruito abbandonato: sono questi i temi del dossier di primavera di Legambiente dal titolo Abitare la montagna nel post covid. Proprio il censimento degli edifici fatiscenti, presenti nelle aree montane della Penisola, rappresenta il cuore e la novità di questo report che analizza 66 strutture, di piccole dimensioni o complessi significativi, abbandonate ad uno stato di degrado, che necessitano di una strategia mirata: edifici legati all’industria dello sci, ma anche hotel, colonie e caserme di confine, lasciati senza una prospettiva. Tra le cause più frequenti dell’abbandono: il cambiamento della domanda turistica per assenza di neve, la necessità di ingenti reinvestimenti di ammodernamento, mancati adeguamenti tecnici, scelte imponderate rispetto ai flussi turistici, speculazioni di basso cabotaggio.

Tra smartworking, seconde case e strutture abbandonate si apre una riflessione sul futuro di questi immobili sottoutilizzati o dismessi e sulle possibili trasformazioni, tra punti di forza e svantaggi. Di sicuro c’è che il riuso funzionale di queste ampie volumetrie può costituire un’occasione straordinaria per ripensare l’organizzazione delle comunità in un’ottica di sostenibilità e di sviluppo. Per migliorare i servizi e soprattutto per rendere più efficiente questo straordinario patrimonio edilizio in un momento storico dove ogni azione è utile e importante al fine di uscire dall’era delle fonti fossili e dal consumo di risorse.

Dalla demolizione al riuso innovativo, secondo Legambiente bisognerebbe privilegiare la riqualificazione del costruito esistente che acquisisce un importante significato nel contesto post pandemico in cui si manifesta proprio uno slancio del mercato immobiliare in montagna, con il rischio, però, che possa di pari passo ricominciare a crescere anche il consumo di suolo, che invece dovrebbe essere azzerato. Secondo i dati del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), in Italia, il consumo del suolo continua a crescere e riguarda anche ambiti montani di pericolosità per frane e alluvioni, le aree protette, le sponde dei corpi idrici, le valli dove il suolo è più fertile. Il triste primato è detenuto, per le aree oltre i 600 metri di altitudine, dal Trentino-Alto Adige che nel 2019 ha consumato ben 54 ettari in più rispetto al 2018.

Tra le 66 schede raccolte alcuni casi simbolo sono stati racchiusi in una cartina: in Piemonte il complesso alberghiero di Viù nella frazione di Tornetti (TO), opera mastodontica la cui realizzazione, iniziata negli anni ‘80, è rimasta incompiuta; in Sicilia l’ex hotel “La Montanina Piano Battaglia” (PA), edificio chiuso dagli anni ’90, oggi fatiscente e a rischio crollo. E ancora altri casi di hotel dismessi in Veneto con l’hotel “Passo Tre Croci” a Cortina d’Ampezzo (BL), in Abruzzo il complesso alberghiero “Campo Nevea” a L’Aquila, in Umbria l’ex “hotel del Matto Monteluco” di Spoleto (PG), in Lombardia le “Terme Bagni” di Val Masino (SO), in Valle D’Aosta l’hotel “Busca Thedy Gressoney la Trinitè” ad Aosta, in Sardegna l’hotel “Sporting Club” a Monte Spada Fonni (NU), in Calabria il “Rifugio Monte Curcio” a Camigliatello Silano (CS). E ancora il caso simbolo, in Trentino-Alto Adige, delle caserme austro-ungariche nella piana delle Viote, sul Monte Bondone (TN): pregevole esempio dell’architettura militare del primo Novecento e dal 2008 completamente abbandonate. Rispetto alle ex colonie, emblematici gli esempi in Liguria di quella di Monte Maggio Savignone(GE) e in Toscana quella di Abetina di Prunetta Piteglio (PT), la prima quasi completamente inagibile e la seconda ormai in situazione di estremo degrado.

E c’è anche la Campania, con un unico gigantesco fabbricato: si tratta dell’Hotel Residence 4 Camini, sull’Altopiano del Laceno, nel comune di Bagnoli Irpino. 1100 metri sul livello del mare, a due passi dal lago, su una verdeggiante piana e immerso nella natura, fino a due decenni è rimasto attivo, composto da due corpi di fabbrica e disposto su quattro livelli, capace non solo di offrire alloggio ai turisti, ma anche di accogliere meeting, serate, balli e feste.
La struttura originaria in pietra risale persino alla fine dell’Ottocento. Ad essa, nel tempo, si sono aggiunti successivi fabbricati. L’edificio è stato dismesso all’inizio degli anni 2000 ed è stato oggetto di razzie e vandalismi, oltre ad un incendio doloso.

Un caso non soltanto per Legambiente, in Irpinia ormai il Laceno è diventato il simbolo della decadenza, un territorio lasciato senza una prospettiva. Eppure sempre al centro di interminabili convegni sulla promozione turistica della provincia. La Regione Campania ha messo in preventivo un investimento da 13 milioni di euro per il recupero degli impianti di risalita – datato 2020 – in più ci sarebbe un ampio progetto di sviluppo dell’intera area che prescinde dalla stazione sciistica, con il potenziamento delle seggiovie e la previsione di nuove strutture ricettive. Si parla anche di riqualificazione ambientale della piana, con particolare riferimento all’area circostante il lago e alle Grotte del Caliendo.

Insomma, uno straordinario potenziale attrattivo da valorizzare e da portare alla definitiva scoperta. Partendo però da una consapevolezza, che la neve è finita e quindi va ripensato completamente il modello turistico che deve essere maggiormente responsabile e sostenibile. A confermarlo una percentuale rilevata dal Club Alpino Italiano, per cui l’82% delle presenze turistiche sull’Appennino riguardano il turismo verde, quello estivo.

Quale sarà il destino dell’Hotel Residence 4 Camini? E delle altre strutture in decadimento? Potrebbero costituire nuove soluzioni alla domanda di edilizia popolare? O di servizi? O più semplicemente possono servire per evitare nuovi consumi del suolo? Siamo in presenza di un edificato per lo più legato al boom economico del dopoguerra, la punta di un iceberg, in costante crescita tanto che per alcune situazioni rischia di diventare un fenomeno esplosivo. Un problema da affrontare in tempi brevi e attraverso strategie di ampio respiro, anche ponendo un freno alle speculazioni senza prospettive reali, nate unicamente in conseguenza dei generosi contributi alle ristrutturazioni. La parcellizzazione improvvisata degli interventi, che ne può conseguire, potrebbe rivelarsi poco utile o addirittura dannosa per il futuro del territorio. Nel recupero delle potenzialità abitative degli stabili e nel ripristino della funzionalità ecologica dei terreni è fondamentale avere una strategia complessiva da declinare in base alle reali necessità delle comunità che vi abitano. Le risposte non sono univoche e vanno dal riuso innovativo alla demolizione.

Se una nuova dimensione urbanistica della montagna può esistere, passa sicuramente per un buon uso dell’esistente, insieme alla rigenerazione del patrimonio edilizio dismesso o sottoutilizzato, elementi fondamentali per una strategia su vasta scala che consentirebbe una una nuova abitabilità del territorio.

Per le foto si ringrazia l’associazione Palazzo Tenta 39 che ha dedicato un approfondimento all’Hotel-residence 4 Camini, lo trovate QUI

Maria FIoretti (Oritcalab.it)

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