Evoluzione, mascherine e trattative

di Gianpiero Mastandrea

Nel suo libro “Il Mondo fino a Ieri” il biologo Jared Diamond, trattando delle società tradizionali sparse per il globo, dedica un intero capitolo ad un fenomeno da lui definito con l’ossimorica espressione di “paranoia costruttiva”. L’autore racconta, infatti, di come le popolazioni della Nuova Guinea – in cui ha lavorato per oltre trent’anni – abbiano la tendenza a concentrarsi in maniera quasi maniacale sui più piccoli dettagli dell’ambiente che le circonda: e così, gli uomini che gli facevano da guida nelle fitte foreste dell’isola decidevano il da farsi calcolando anche i più piccoli particolari, dalla presenza di alberi pericolanti nei pressi di un potenziale accampamento a rami spezzati che potessero segnalare il passaggio di altri individui, magari appartenenti a tribù ostili.

Un simile comportamento è ben spiegabile sulla base dell’ambiente in cui queste popolazioni si trovano a vivere: individuare potenziali pericoli, comprenderne i rischi ed agire di conseguenza sono ragionamenti che rappresentano l’unico modo per sopravvivere in quei territori. Una simile attività mentale – seppur in misura assai più ridotta – si svolge nelle menti di tutti noi. Fin da piccoli siamo in grado di cogliere i rapporti di causa-effetto, in maniera perlopiù innata: pur senza conoscere la forza di gravità, eravamo perfettamente in grado di prevedere che un oggetto retto da una mano, se lasciato andare, cadeva al suolo.

Crescendo, a queste conoscenze di base se ne aggiungono molte altre, che ci forniscono gli strumenti necessari per comprendere la realtà che ci ci circonda. La nostra intera esistenza è influenzata profondamente dalla ricerca delle cause degli eventi che osserviamo o viviamo: ci domandiamo perché il nostro partner ci ha lasciato, perché il colloquio di lavoro è andato male, perché è crollato un ponte o un palazzo. Tutto ciò è il risultato di un processo di evoluzione del nostro cervello svoltosi nel corso di milioni di anni e che, come dimostrato dai moderni guineani, ha sicuramente avvantaggiato i nostri antenati non solo nella sopravvivenza in ambienti ostili e pericolosi, ma anche nello sviluppo della tecnologia e della cultura: una volta compreso che una scintilla poteva dare origine al fuoco, è stato possibile riprodurre il processo e sfruttarlo nella maniera più utile. Fornire una spiegazione ad un fenomeno, specie se spaventoso, poteva consentire, anche se in maniera illusoria, di dominare il timore che incuteva e a ricondurlo, in qualche modo, nella sfera di controllo dell’uomo : un fulmine può uccidermi, ma se so che si tratta di uno strale lanciato da un dio che vive in cielo, posso accattivarmi le simpatie di quella divinità venerandola ed essere, così, protetto da quel pericolo.

Il problema di questa attività cognitiva è, però, appunto proprio la sua possibile fallacia: possiamo formulare delle spiegazioni ma non è affatto detto che queste siano corrette e, quand’anche qualcun altro ci fornisse quelle giuste, se non ci convincessero appieno tenderemmo, comunque, ad escluderle. Esattamente quello che è successo svariate volte in occasione di questa terribile pandemia. Tutti noi abbiamo ragionato sulle origini di questo fenomeno, abbiamo formulato ipotesi ed espresso opinioni. E’ naturale ed evolutivamente giustificato. Scienziati e ricercatori, però, ci hanno spiegato come e quando l’epidemia è iniziata, qual è la natura di questo virus e i motivi per cui è necessario rispettare determinate misure di prevenzione del contagio: se parlo a volto scoperto a trenta centimetri dal naso e dalla bocca di un’altra persona ed uno dei due è portatore del COVID, è possibile (se non certo) che avvenga il contagio. C’è chi, però, non è stato convinto dalle spiegazioni che ci sono state fornite, seppur sostenute da una quantità pressoché infinita di studi, ricerche e prove scientifici.

E, quindi, è possibile che vi sia chi arrivi a negare l’esistenza stessa del virus e a gridare al tentativo di instaurare una “dittatura sanitaria” da parte dei poteri forti, passando per l’impianto di microchip sotto-pelle e il controllo mentale di massa esercitato attraverso la rete 5G. Per quanto assurde, ridicole e campate per aria possano apparire queste teorie, il meccanismo mentale che è alla base della loro diffusione è lo stesso che ha fatto sì che la maggior parte di noi accogliesse e accettasse le interpretazioni fornite dal mondo scientifico al medesimo evento. Ma comprendere un fenomeno è ben diverso dal giustificarlo. La nostra mente può essere predisposta a credere anche in cose sbagliate, ma esistono dei correttivi per questa fallacia: la buona informazione e la cultura, entrambi mezzi ormai alla portata di tutti e che non consentono di tollerare quelle parate di becera ignoranza e deliberato menefreghismo del prossimo che sono le manifestazioni dei cosiddetti “negazionisti”, veri e propri untori moderni, che, facendosi scudo della libertà di pensiero, mettono a rischio tutti gli altri, ledendo un diritto altrettanto fondamentale quale è quello alla salute.

E’ poi assai ironico sentir parlare di presunti complotti e non ben definite forme di dittatura in un Paese come l’Italia. Indossare una mascherina è un attentato liberticida, ma, a quanto pare, non lo è stato una trattativa intavolata dalle istituzioni con la mafia mentre faceva saltare in aria magistrati, forze dell’ordine e comuni cittadini. Non lo è stato la presenza in Parlamento fino al 2013 di un personaggio compromesso e corrotto quale era Giulio Andreotti, premiato, infine, con la nomina a Senatore a vita. Non lo è stato il controllo su buona parte dei servizi segreti esercitata per anni da Licio Gelli e dalla Loggia Massonica P2. Non lo è stato l'”Editto bulgaro” con il quale l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi tarpava le ali alla libertà d’informazione, cacciando dalle reti RAI giornalisti e comici per lui scomodi. E non lo è stato avere un simile figuro – vicino ad ambienti mafiosi, con il vizio per le prostitute e condannato per frode fiscale – come premier fino a pochi anni fa.

Alla fin della fiera, dunque, una parte del Paese grida al complotto, colpevolmente ignaro o indifferente al fatto che alla dittatura si è giunti assai vicini in ben altri tempi e che gli attentati alla libertà, quelli veri, non hanno avuto le sembianze di un pezzo di tessuto da mettere sulla bocca, ma quello, assai più tragico, delle esplosioni al tritolo.

Gianpiero Mastandrea

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