Il sogno americano, storie di emigranti bagnolesi

di Giovanni Labbiento

Boston, Massachusetts, USA – Febbraio 1921
Mio nonno Giovanni Labbiento all’età di 22 anni, subito dopo il suo matrimonio con Maria Luigia Chieffo, arriva a Boston in cerca di fortuna con la nave Canopic  che salpò dal porto di Napoli il 1 Febbraio 1921 con 33 dollari in tasca (regalo di suo padre già cittadino americano). Sarto, raggiunge il suo cugino Antonio Nicastro (nipote della madre Gaetana Caccavale e appartenente alla famiglia che sarà “r’ lu panettieru” con casa e negozio a “lu vucculu r’ la Chiazza” -Via Gargano). Antonio Nicastro abitava a Bristol nel Connecticut.
Sul manifesto della nave “Canopic” che salpò dal porto di Napoli verso Boston il 1 Febbraio 1921 si afferma che aveva 33 U$ in tasca, che era sarto, alto 5′ 4″, e che non era sua intenzione di restare piú di 4 anni negli Stati Uniti (non so il perché di questa sua dichiarazione).
Fu difficile trovare lavoro da sarto a Bristol nel Connecticut. Decise di ritornare in Italia definitivamente dopo un sei mesi. Il suo vocabolario si era arricchito di qualche parola inglese che imparò da una bambina parente del Nicastro. Durante le calde serate passate con lui a Campo di Nusco, dopo il passaggio dell’ultima littorina negli anni ’50, solevamo visitare una famiglia amica, ovverosia i Prudente con soprannome “Fuluppóttu”, la cui masseria era di rimpetto al casello KM 57, a destra tra Stazione e “Jurundina”.
E mio nonno era contento di scambiare con lui esperienze di vita “americane” poiché anche il decano di quella famiglia, Raffaele Prudente, era emigrato negli Stati Uniti durante lo stesso periodo per qualche anno. E parlavano, parlavano con il loro inglese stravagante (una lingua originale di bagnolese e nuscano mischiata a varie parole acquisite americane, come lu stòru, lu còrnu, sharappa, lu sanguicciu, la fenza, la farma, etc…) delle tante esperienze di vita da emigrante!
Un aneddoto che si raccontava spesso in famiglia:
Allo scendere dalla nave vide un venditore di “pizza paina!” come diceva, ovvero l’americana “pizza pie”. Dato che aveva fame, la comprò pagando lo “scudo”/”la pèzza” richiesta (1 $). E mia nonna che si arrabbiava: “L’ccàrdu! L’ccardazzu! Vai a shpènne ‘na pèzza a p’ nu piézzu r’ pizza!”. Ed egli rispondeva tristemente: “Ma îu t’-nía fama!”
Ritornò subito in Italia poiché l’ambiente non gli gustava troppo. Ogni giorno andava in cerca di “uórcu” (bagnolesizzando il termine inglese “work=lavoro”), ma ” ‘nu uórcu” conveniente e che gli garbava non usciva mai. E pensando, “li uórchi v’ r’ truvati vui, iu m’ n’ vavu a lu paiésu miu!”
Quella foto fu fatta a Bristol, CT nel 1921.
P.S. Suo padre, Aniello Labbiento, che fece parecchi viaggi andata e ritorno verso New York, dal 1895 fino alla fine degli anni venti, ottenne la cittadinanza americana che non poté trasmettere ai figli perché, credo, nati prima di ottenerla all’inizio del 1900.
Giovanni Labbiento
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