La sanità irpina affossata dal Covid

di Federico Lenzi

Si parla spesso di rilancio dell’Irpinia, ma l’austerity degli scorsi anni ha messo in dubbio lo stesso “status quo” del nostro territorio. Dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, la nostra terra offre molto meno in termini di trasporti pubblici, sanità ed infrastrutture. Un esempio lampante di questa situazione è lo stato di ponti e gallerie sull’Ofantina bis: unica via di comunicazione a scorrimento veloce tra l’Alta Irpinia ed il resto del mondo. Eppure, questi sono problemi secondari rispetto al quadro pietoso della sanità locale.

L’intero sistema regionale è stato commissariato per oltre dieci anni (2009-2019) e resterà sotto osservazione fino al 2022. Nel corso di questo lungo decennio una lunga serie di tagli ha falcidiato gli ospedali delle aree interne (Sant’Angelo dei Lombardi, Bisaccia, Ariano, Solofra) senza proporre alcuna forma alternativa di assistenza. Una provincia con oltre quattrocentomila abitanti dispersi in ben 118 comuni a cavallo tra napoletano e foggiano, si è ritrovata ad avere l’ospedale Moscati di Avellino come principale centro di riferimento per ogni evenienza. Questa situazione si ripercuote in infinite liste d’attesa, costringendo i cittadini a rivolgersi al privato per esami e visite specialistiche. Gli alti costi di queste prestazioni aumentano le disparità socioeconomiche nell’accesso alle cure, ponendo grandi rischi in caso di eventi straordinari. Pensiamo soltanto al tracollo del modello Lombardia ed alla tenuta deli sistemi pubblici di Veneto/Emilia-Romagna. Come se non bastasse, un numero sempre maggiore di cittadini è costretto a recarsi fuori regione per accedere alle cure.

La carente rete di trasporto pubblico ed il pietoso stato del sistema viario finiscono per peggiorare la situazione. Esemplare è il caso della signora di Calitri finita su tutti i media nazionali per essersi recata a piedi al centro vaccinale di Bisaccia. In assenza delle associazioni di volontariato, molti anziani non sarebbero in grado di raggiungere le strutture sanitarie. Inoltre, anche avendo l’auto, l’accesso resta alquanto difficile: i poli di Ariano ed Avellino sono ad almeno 45/60 minuti di viaggio da Bagnoli Irpino. Un controllo medico di pochi minuti può costarci fino ad un’intera mattinata.

L’emergenza sanitaria irpina si è materializzata appieno nel corso della pandemia. Il virus è riuscito a diffondersi proprio nelle strutture ospedaliere di Ariano e Avellino, mentre quelle territoriali di Sant’Angelo e Solofra sono divenute off-limits per i pazienti ordinari. Chiunque abbia avuto problemi in quei mesi è stato costretto ad estenuanti pellegrinaggi tra i vari plessi delle province limitrofe. Successivamente, la situazione d’emergenza è ben presto divenuta l’ordinaria amministrazione. Pochi giorni fa (8 giugno 2021) il sito d’informazione Orticalab segnalava il perdurare del blocco delle visite specialistiche all’ospedale Moscati. Ciò accade mentre il resto d’Italia ritorna velocemente alla normalità.

Un limpido quadro della situazione viene dai dati sulla mortalità provinciale dell’Istat. Considerando i morti medi tra 2015 e 2019, si è calcolata la variazione percentuale nei mesi della pandemia.

 

La provincia di Avellino ha mantenuto l’eccesso di mortalità più alto per quasi tutto il 2020, cedendo il passo alle aree metropolitane solo nel picco della seconda ondata a novembre e tornado prima a dicembre. La situazione sembra essere migliorata soltanto nei primi due mesi del 2021. Questo eccesso di mortalità non è soltanto dovuto al covid, ma anche alla mancata erogazione delle ordinarie prestazioni. In Irpinia ci aspettavamo dati migliori per i seguenti motivi:

  • Il virus ha avuto una maggiore diffusione nelle aree densamente popolate di Napoli e Caserta;
  • Anche le province di Benevento e Salerno (Cilento) presentano un gran numero di anziani;
  • Il lockdown ha ridotto le morti legate ad incidenti stradali e sul lavoro, mentre l’uso della mascherina ha mandato ai minimi quelle relative all’influenza stagionale;

 

Guardando all’eccesso di mortalità nei singoli paesi irpini, notiamo come i piccoli paesi a ridosso dell’area urbana di Avellino siano tra i più colpiti. Eppure, in quest’ultima, il covid non ha impattato molto sulla mortalità. Nel resto dell’Irpinia notiamo un aumento della mortalità nei centri maggiori ed una netta diminuzione in quelli più isolati. In alcuni casi, l’uso della mascherina ed i lockdown hanno abbassato la mortalità ben oltre la media storica.

Ad inizio pandemia la politica locale premeva per l’apertura di nuovi reparti a Sant’Angelo dei Lombardi e per il riutilizzo di una delle strutture in disuso ad Avellino. Nonostante ciò, poco o nulla è stato fatto. Secondo le ultime dichiarazioni stampa, la regione Campania avrebbe intenzione d’investire 10 milioni sul Landolfi di Solofra (chiudendo il pronto soccorso) e 50 milioni sul Moscati di Avellino. Entrambe le strutture si trovano a ridosso del capoluogo di provincia. Restano ancora nel dimenticatoio della politica locale le migliaia di persone residenti nelle aree interne. Nel corso dell’inaugurazione del nuovo centro per l’autismo, il nuovo direttore sanitario del Criscuoli-Frieri (Dott. Frullone) è stato più che chiaro sul tema: le popolazioni di queste aree vivono un senso di abbandono ed occorre potenziare al più presto l’esistente presidio ospedaliero (cardiologia e rianimazione in primis).

Tuttavia, il problema della sanità irpina non passa soltanto dai grandi investimenti. Spesso anche le piccole a cose possono fare la differenza. In tempi di pandemia, una tra tutte è proprio la possibilità di prenotare le visite e pagare il ticket online. Quest’infrastruttura è paradossalmente in costruzione da svariati mesi. La stessa piattaforma vaccinale campana non ha avuto una ben chiara catena di comando a cui far riferimento, lasciando nel caos pazienti e medici ai primi imprevisti. Per non parlare del numero regionale per l’emergenza covid a cui nessuno più risponde da tempo immemore.

Nel mese di gennaio abbiamo partecipato con la “Giovane Sinistra” ad un tavolo di lavoro con varie associazioni politiche irpine. L’obiettivo era definire una road-map dal basso per l’uso del recovery fund in Irpinia. Sia dai singoli cittadini che dai medici presenti, la sanità è stata identificata come la fonte di maggiori disservizi per la popolazione locale. Una serie programmatica di proposte è stata realizzata da persone con esperienza nel campo. Si spaziava dal precariato alla mancanza del personale, fino ad arrivare alla riorganizzazione ospedaliera della nostra provincia. Quest’ultima andava ad abbracciare anche temi più complessi come la rete del 118 e l’importanza dei distretti sanitari locali. L’intero documento ha richiesto svariate settimane di lavoro ed è stato corroborato da una lunga serie di convegni. Presentato ai rappresentanti politici regionali ad Avellino, non ha riscosso un grande riscontro nel piano finale presentato dalla Regione Campania.[1] Come denunciato dall’associazione “Controvento Avellino”, si è continuato a favorire le aree metropolitane a discapito delle aree interne. Questa nostra irrilevanza è in parte legata al minor numero di elettori ed, in parte, alla debolezza strutturale del nostro sistema politico. L’attuale classe dirigente appare troppa divisa sulle questioni di paese, e sul progetto pilota, per poter battere i pugni sugli scranni di Palazzo Santa Lucia.

Nonostante tutto, appare evidente come la sanità debba essere la prima area d’azione per gli investimenti dei prossimi anni. E’ inutile parlare di ripopolamento se non riusciamo a garantire la salute degli attuali residenti, stesso dicasi per il rilancio turistico ed economico.

Federico Lenzi

(da Fuori dalla Rete, Giugno 2021, anno XV, n. 3)

[1] Potete leggerlo qui https://www.avellino.app/irpinianextgeneration/


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