L’Appennino senza neve dove non si scia più “Ora la nostra montagna è tutta da ripensare”

Corrado Zunino - la Repubblica

Il cambiamento climatico non risparmierà di certo il Laceno, avremo sempre meno neve e di conseguenza saranno sempre più brevi i periodi in cui sarà possibile sciare. Ora qualcuno classificherà PT39 fra i catastrofisti che tentano di generare confusione e dubbi, nella speranza di poterne trarre qualche vantaggio, ma a noi questo non interessa, il nostro motto fin dall’ inizio è stato quello di voler mettere in discussione le nostre idee e confrontarci in modo libero e civile  con le altrui certezze. Per questo e per tanti altri motivi il rilancio turistico del Laceno non passa esclusivamente dalla realizzazione dei nuovi impianti ma allo stesso tempo l’auspicio è che  le nuove seggiovie siano pronte  e funzionanti al più presto. Nel frattempo vi invitiamo a leggere questo interessante reportage realizzato dal quotidiano la Repubblica nelle stazioni sciistiche dell’Appennino centrale. 

Giulio Tammaro

Fanno un pupazzo di neve. Madre, padre, il figlio sdraiato a pancia in giù. La sorella risale con la carota in mano calpestando l’ultima sfarinata di neve. È scesa appena appena, domenica scorsa a partire dalle nove di sera, poi lunedì, con il buio. L’abbassamento delle temperature ha fatto posare a terra dieci centimetri, ma non basta. Sulle sei piste di Monte Livata, la montagna di Subiaco e una delle tante di Roma, non si scia da un anno esatto. Questa stagione è andata via con gli impianti di risalita fermi, sono immobili anche adesso. La Pista delle Signore, difficoltà blu, alla destra della faggeta. La Nordica, nera. Sono vuote. Si era tornati a sciare nel 2013, con l’inaugurazione della nuova seggiovia quadriposto: il rilancio di Livata. Niente. Dallo scorso ottobre ad oggi en plein negativo: zero risalite, zero discese. Nessun incasso. Chiuso il Bistrot, chiuso “Nolo Ski & Bob”. La catena di ferro lucchettata a inizio pista, d’altronde, spegneva le speranze. «La neve di marzo non si attacca a terra», dice Maurizio Monaco, titolare del ristorante “Il Cristallo”, ultimo avamposto di vita. «Senta fuori, sedici gradi, sembra primavera inoltrata». Nella pista di fondo di Campo Dell’Osso organizzarono la Coppa Europa, ora è il silenzio.

A Monte Livata non si può sparare neve artificiale: non c’è acqua corrente, né bacini idrici intorno. Le case e i locali vengono riforniti con l’autocisterna. La Locanda di Mamma Peppina, giù in paese, pioniere del turismo invernale con gli stinchi stufati per cena, ha cambiato gestione. Apre solo sabato e domenica. «La settimana bianca da noi non esiste più». Sono quindici anni che le montagne del Lazio vengono gradualmente abbandonate dagli stessi romani, il bacino di sciatori più ampio d’Italia. Preferiscono le strutture dell’Abruzzo, ma il 2023-2024 è stata una stagione vigliacca anche nella provincia dell’Aquila.

Tornanti verso Subiaco, si torna sull’A24, circondata dal bianco delle cime del Massiccio del Gran Sasso. Uscita a Tornimparte. L’esattezza degli studi economici costruiti nell’era del cambiamento climatico si tocca con mano: «Sotto i 1.500 metri di altitudine lo sci non dà futuro, bisogna ripensare le attività e gli investimenti». La statale 696 si chiude nell’enorme valle di Campo Felice e tra le sue sdraio poggiate su campi di terra. Non c’è un turista a pagarlo oro. Bruchi e tapis roulant sono sopra il fango, una famiglia scende in slittino e risale a piedi. Oltre il maxi-schermo c’è un maestro, uno solo, che insegna a un gruppo di ragazzini della scuola sci come superare lo spazzaneve su un pezzo di neve artificiale. Sono diciotto le piste in tutto e dal 19 gennaio hanno riaperto “Lo scorpione” e “Il sagittario”. I quattro bar-ristoranti non lavorano, e hanno già pagato gli affitti. Vincenzo Fiaschetti, responsabile degli impianti della “Campo Felice srl”: «Il calo è del 60 per cento». Lo sci, seppur minimo, resta uno sport dissipante, vista l’acqua da prelevare nei due bacini vicini. Il macchinista dello skilift, che nella stagione calda lavora come muratore e camionista, racconta: «Con quattro mesi di neve ci mandavo avanti la famiglia, ma in quarant’anni non ho mai visto, a marzo, una distesa di sassi così».

Al Nord le nevicate di inizio mese hanno scongiurato il crack e allungato la stagione fino a Pasqua. Nell’Appennino carico di scirocco la situazione è questa: dorsale settentrionale, quattro impianti aperti su quindici. Meridionale, tre su quindici. E in questo Appennino centrale, sei su ventiquattro. A Ovindoli, sedici chilometri da Campo Felice, si scia congestionati in due piste su in alto, tra i 1.600 e i 2.100 metri.

Vincenzo Ranalletta, 66 anni, è maestro dal 1979. Racconta: «Molti, ormai, vanno nel Nord Italia anche solo per il weekend. Da settembre a metà gennaio, da noi, non è scesa neve. E ora quattro fiocchi. Con la stagione invernale tiravo su seimila euro, peccato». I chilometri percorribili con gli sci, a Ovindoli, sono tre. Eppure la Regione Abruzzo ha spinto per costruire tre nuovi impianti. Un investimento da 12,8 milioni di euro, il primo potrebbe essere inaugurato a breve.

Il sindaco di Subiaco, Domenico Petrini, ha coinvolto i colleghi dei tre Appennini e inviato una lettera a Meloni e Santanché, ministra del Turismo. Si illustra il disastro e chiedono interventi pubblici. «Ci sono impianti che hanno avuto un calo del cento per cento. A ricasco, hanno patito albergatori, proprietari di case, panetterie». Il viaggio si chiude a sera a Roccaraso, provincia dell’Aquila che guarda a Pescara. Qui e nel vicino comprensorio di Rivisondoli nel 2012 hanno allestito i mondiali juniores di sci, ora si possono percorrere dodici chilometri degli ottantuno disponibili. Le sei luci accese nelle stanze del gigantesco Hotel Paradiso salutano con malinconia il gatto a nove code che batte al tramonto le piste sopravvissute sulla montagna di Aramogna. Si spera nevichi domani.

Corrado Zunino – la Repubblica

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