La taverna del Venerdì Grasso

di Grazia Russo

Avevo 15 o 16 anni, quando accompagnavo mio padre Aniello nella sua ricerca sul campo. Papà intervistava e dialogava con le persone anziane dei vari paesi irpini, veri informatori e unici testimoni, ed io con un piccolo registratore, nascosto nella borsa, facevo partire la registrazione.

A casa poi riascoltavamo il tutto e infine passavamo alla trascrizione, cercando di non tralasciare nulla, nemmeno i piccoli intercalari dell’intervistato o intervistati.

La Taverna del Venerdì Grasso comprende:

Storie di creature demoniache

Storie di anime del Purgatorio

Storie di anime dannate

Questa raccolta è stata da me trascritta in diversi anni, spero che la lettura susciti in ognuno di voi un po’ di ilarità e spensieratezza.


La taverna del Venerdì Grasso

e altri venti racconti del terrore

 ***

Grazia Russo

Tanti e tanti anni addietro nella zona di Malvizza sorgeva la taverna del Venerdì Grasso. Lì si fermavano i viandanti che poi ripartivano chi per Benevento, chi per Foggia, chi per Potenza, chi per Avellino. Di là passavano anche le greggi di pecore e le mandrie di mucche che, in periodo di transumanza, scendevano dai monti dell’Irpinia per svernare in Puglia. Da qualunque parte provenisse il viandante, sia che viaggiasse a dorso d’asino sia su un carretto sia a cavallo delle proprie gambe, giunto sul posto, gli coglieva notte. Sicché era costretto a fermarsi in questa locanda, che aveva in bella vista un’insegna con la scritta: “Taverna del Venerdì Grasso”.

Ma, dove c’è grande affluenza di gente, là corre il demonio. Il padrone della taverna era Lucifero in persona. Travestito da taverniere, arruolava anime per l’inferno, accuglìa àneme p’ li prufunna. Serviva carne ai viaggiatori solo di venerdì, che a quei tempi era rigorosamente giorno di astinenza; e la carne era carne umana. Guai al viaggiatore che vi pernottava la notte tra giovedì e venerdì! La Brutta Bestia penetrava nelle camere dei suoi clienti, li esaminava uno per uno, sceglieva quello più in carne e lo sgozzava. L’afferrava per i capelli e lo trascinava giù in cantina, dove lo macellava. Quindi preparava i piatti per il giorno dopo. Cucinava la carne in varie modi: arrosto, spezzatino, alla pizzaiola… e i clienti trovavano le pietanze saporite assai.

Un anno, era di venerdì Santo, capitò alla taverna un eremita, un sant’uomo che viveva in una grotta sulle nostre montagne. Tutti lo conoscevano, ma nessuno ne sapeva il nome. Quando l’eremita si vide portare in tavola un arrosto bello fumante, si turbò.

– Carne di venerdì! – esclamò – Stentavo a crederci quando me l’hanno detto. Di venerdì Cristo morì in croce! – e notando l’imbarazzo dell’oste, incalzò segnandosi: – Se sei cristiano, fatti la croce pure tu! – L’oste sbuffò, grugnì, urlò con voce cavernosa, che pareva venire dalle profondità dell’inferno – Tu non sei un cristiano! – sbottò allora il sant’uomo e respinse il piatto. Intanto scrutava attentamente l’oste, che, montato su tutte le furie, mostrava gli occhi cerchiati di rosso.

L’eremita non ebbe più dubbi, intuì che aveva di fronte il Nemico di Dio e, levatosi in piedi, tracciando in aria un segno di croce, gridò: – Maledetto, torna nelle viscere della terra, e non osare mai più venire a vedere la luce del sole. – Fece appena in tempo a uscire dalla locanda per vederla mentre, sprofondando, veniva inghiottita dalla terra. Una volta scomparsa, la taverna fu del tutto sommersa dal fango.

In quel posto oggi c’è un pantano, e sulla sua superficie si vedono salire a migliaia le bollicine. Dice la gente, facendosi il segno della croce, che dalle profondità dell’inferno arriva fin quassù il respiro ansimante e minaccioso di Lucifero, smanioso di risalire sulla terra per procurarsi nuove anime da portare nella Casa del fuoco eterno.

Grazia Russo

(da Fuori dalla Rete, Marzo 2021, anno XV, n. 1)


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