Webdemocrazia all’italiana

di Federico Lenzi

Sembra che la politica stia divenendo il business del secolo. “Cambridge Analytica” è stata la punta dell’iceberg di un fenomeno che passava inosservato da tempo. Il quattro marzo 2018 il partito populista “Movimento Cinque Stelle” si è affermato come la prima forza politica del bel paese. Nonostante ciò, il “M5S” rifiuta di essere classificato come partito politico ed è strettamente collegato alla web-company “Casaleggio Associati”. Le origini di questa storia risalgono al periodo delle “dotcom” (le prime compagnie informatiche nate negli anni 90 e implose con la crisi dei primi anni 2000).

Nel 1997 Gianroberto Casaleggio era il manager di “Webegg”: un’azienda di consulenza informatica, riconducibile al gruppo “Olivetti”. Una divisione speciale della “Webegg” conduceva pioneristici esperimenti sociali su una rete internet riservata. Le ignare cavie degli esperimenti erano gli impiegati stessi. Nel libro “L’esperimento: inchiesta sul movimento Cinque Stelle” di Jacobo Iacoboni, un membro di questa divisione racconta come venissero create false discussioni sul forum aziendale con l’obiettivo di creare consenso sociale.  Nel nuovo millennio, Gianroberto Casaleggio incontrò il comico Beppe Grillo e da lì queste tecniche passarono sulla piattaforma “Meetup”. L’obiettivo era catalizzare la rabbia dell’elettorato. Nello stesso periodo la “Webegg” era divenuta la ben nota “Casaleggio Associati”.

Nonostante ciò, dobbiamo aspettare il 2009 per vedere il debutto del “M5S” nel panorama politico italiano. La rabbia suscitata dalle politiche di austerità e la forza aggregante dei social networks sancirono il successo del movimento pentastellato.  “Facebook” ha giocato un ruolo chiave nel successo della creatura di Gianroberto Casaleggio. Il sistema di propaganda del “M5S” si basa su alcuni account ufficiali e su centinaia di account satelliti. A questi account sono riconducibili pagine, gruppi, profili e siti web. La potenza da fuoco del movimento si basa su meme, video, articoli e brevi post prodotti in quantità industriali. Come se non bastasse, alcuni trucchetti psicologici incitano gli ignari utenti a condividere. L’obiettivo è farli sentire parte della “mission-aziendale”. Questo meccanismo crea un micro-universo a cinque stelle: riempiono le home dei nostri social con i loro contenuti, per inculcarci le loro verità come assolute. In aggiunta, i loro post puntano a farci sentire come parte di un branco, un branco con cui possiamo scaricare le nostre frustrazioni su nemici comuni. Si gioca a suscitare gli istinti primordiali e l’aggressività delle masse. Al contempo il “M5S” ha creato una versione differente della realtà sostenendo cospirazioni e luoghi comuni: si va dalla campagna “no-vax” alle scie chimiche.

Questa democrazia social nega ogni forma di meritocrazia (“uno vale uno”) e come ogni innovazione digitale rende il suo prodotto alla portata di tutti. Il “M5S” fa della politica un prodotto alla portata di tutti (e Roma è l’esempio di cosa questo comporti). La stessa struttura del “M5S” richiama una società privata: i loro politici versano parte delle indennità al movimento, un direttorio impone la linea politica e i dissidenti sono espulsi. Per essere candidati dal movimento si segue la stessa procedura di un tirocinio aziendale: curriculum e contenuto personale (un video). Successivamente, la web-democrazia decide con un click. Nonostante ciò, chi controlla la piattaforma privata “Rosseu” può facilmente osservare e falsare i ballottaggi. Solitamente vengono selezionati personaggi con poche o inventate qualifiche, affinché le masse li sentano come vicini. In seguito la “Casaleggio Associati” procede con il web-marketing nel creare uno story-telling attorno ai candidati. Ricordiamo come ai malumori seguiti alla Raggi, sia uscito fuori un “rumor” riguardante i capitali investiti in promozione e al costo economico nell’ affondare la stessa. Nel 2014, lo stesso Beppe Grillo dichiarò di non controllare le sue pagine social dopo un post sessista rivolto alla rivale Boldrini. Da ultimo, il “Movimento Cinque Stelle” (come ogni società privata) mira ad assumere il monopolio del mercato: l’eliminazione dei contributi ai partiti politici e all’editoria mirano a rimuovere ogni forma di dissenso al loro sistema.  Questo esperimento sociale funziona brillantemente: sono stati in grado di cambiare ripetutamente linea politica senza perdere credibilità. Queste tecniche di adescamento sui social hanno funzionato sugli stessi targets della campagna di “Cambridge Analytica”. Un’analisi statistica sulle elezioni del quattro marzo ha trovato una correlazione tra disoccupazione e bassi livelli d’istruzione nell’elettorato del “M5S”:

In altre parole, queste tecniche psicologiche hanno funzionato sui soggetti maggiormente a disagio.

All’indomani delle elezioni la “Casaleggio Associati” (azienda privata) pensava di aprire un’eventuale sede a Roma per meglio seguire le dinamiche del “M5S”.  Al momento, restano ancora dubbi i rapporti e i finanziamenti tra quest’azienda privata e la realtà politica pentastellata. Sappiamo solo con certezza come la “Casaleggio associati” sia costantemente alla ricerca di esperti in big data. Ricordiamo come nel “M5S” la gestione dello stato è per tutti, ma la “Casaleggio associati” richiede laureati altamente qualificati (molto difficili da reperire) per il suo business. Dopo il trionfo dello scorso 4 marzo, il prossimo step sarà divincolarsi nel caotico sistema costituzionale italiano. Potrà una web-company di successo gestire un paese problematico come l’Italia? L’elettorato del bel paese ha fatto un affare o è stato truffato da una buona campagna di marketing?

Federico Lenzi

(da Fuori dalla Rete, Dicembre 2018, anno XII, n. 6)


 

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